La battaglia senza fine del popolo saharawi

I saharawi sono un popolo proveniente dalla regione del Sahara Occidentale, che da anni combatte una lotta, prima armata poi pacifica, contro la dominazione marocchina, imposta senza il consenso delle Nazioni Unite proprio mentre si stava procedendo alla decolonizzazione del territorio dal dominio spagnolo. La questione è ancora oggi aperta, ma la sua soluzione sembra rimanere lontana.

Il popolo saharawi è nomade, costituito da tribù, e si è modellato grazie agli influssi berberi, arabi e spagnoli. In particolare, la loro origine è riconducibile all’immigrazione degli arabi Maquil provenienti dallo Yemen e dal loro incontro con le tribù di nomadi berberi Sanhaya e Zenata. I saharawi sono musulmani sunniti, sono amanti della libertà, sono rispettosi della figura della donna e parlano la lingua hassaniya, molto simile all’arabo classico.

La storia della dominazione del popolo saharawi ha inizio con la Conferenza di Berlino del 1884, durante la quale sei potenze europee (Francia, Spagna, Inghilterra, Portogallo, Belgio e Germania) si spartirono l’Africa in nome della corsa alla colonizzazione. In quell’occasione fu la Spagna ad aggiudicarsi il controllo del Sahara Occidentale, che prese il nome di Territorio d’Oltremare del Sahara Spagnolo. La convivenza tra spagnoli e Saharawi non fu mai particolarmente problematica, anche se, negli anni ’60, il processo di decolonizzazione iniziato ormai nel resto del mondo ed in particolare in Africa, aveva portato il Sahara Occidentale a reclamare l’indipendenza e a formare il Movimento di Liberazione del Sahara nato nel 1967.

Nel contempo le Nazioni Unite avevano già previsto la necessità di applicare il principio di autodeterminazione dei popoli in tali territori e con la risoluzione 2072 XX del 16 dicembre 1965, l’Assemblea Generale chiese con insistenza alla Spagna di procedere alla gestione rapida del passaggio dei territori da colonia a stato indipendente, invitandola ad accordarsi con le altre potenze coinvolte, Mauritania e Marocco, per l’organizzazione di un referendum.

Ma il Marocco aveva messo gli occhi sulle numerose risorse del Sahara Occidentale, in particolare i fosfati, e re Hassan II fece sapere alla comunità internazionale la sua intenzione di opporsi alla possibilità di indire un referendum che avrebbe permesso la creazione di uno stato saharawi indipendente. Le motivazioni con le quali il re portava avanti la sua causa si basavano sulla sovranità marocchina sui territori prima della colonizzazione spagnola. La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja, però, nel 1975, non avrebbe giudicato tali rivendicazioni sufficienti, così come quelle della Mauritania, anch’essa interessata ad ottenere i territori delle regioni di Saguìa El-Hamra e di Rìo de Oro.

Le Nazioni Unite continuarono a fare pressione sugli stati interessati attraverso la redazione di numerose altre risoluzioni tra cui la 2983 del 14 dicembre 1972 nella quale venne sottolineata la necessità di far valere i diritti di autodeterminazione e libertà dei popoli e si espresse solidarietà per la lotta del popolo saharawi, chiedendo agli stati di fornire tutti gli aiuti possibili, morali e materiali.

Nel 1973, l’idea che un referendum sarebbe stato possibile, divenne sempre più concreta: grazie alle pressioni del Fronte Polisario, la Spagna era stata forzata ad arrendersi e il processo di decolonizzazione stava per prendere piede.

Il Fronte Polisario (Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro) nacque il 10 maggio 1973 dall’evoluzione del Movimento di Liberazione del Sahara. La fortuna del Fronte è stata il sostegno ottenuto dall’Algeria, da sempre nemica del Marocco, che ha provveduto al finanziamento sia economico che militare del gruppo indipendentista; non solo, anche altre fazioni sia dei Paesi Occidentali che dei Paesi del Golfo hanno contribuito al suo foraggiamento.

Il Fronte Polisario nasceva con l’obiettivo di combattere la presenza spagnola, ma si ritrovò a breve a dover cambiare nemico. Il re del Marocco, Hassan II, nel 1975 organizzò la Marcia Verde, una dimostrazione pacifica durante la quale 350 000 marocchini disarmati accompagnati da 25 000 soldati si mossero verso sud fino a fermarsi a Tarfaya, ultima città prima del ‘confine’ con i territori saharawi. Il Fronte Polisario, guidato da Mohamed Abdelaziz, non poté difendere i propri territori quando la Spagna, indirizzata da spinte francesi e americane che volevano evitare la guerra e mantenere salda la stabilità dello stato marocchino, strinse un accordo segreto che dava al Marocco e alla Mauritania il via libera per occupare le zone da cui si sarebbe ritirata.

Così avvenne: l’occupazione spagnola venne sostituita dalla presenza dei militari marocchini nella zona di Saguia el Hamra, nella parte nord del territorio saharawi, e nella zona meridionale del Tiris el Gharbia da quella dell’esercito mauritano. Fu a seguito di tali avvenimenti che la guerriglia del Fronte Polisario iniziò ad intensificarsi fino a portare alla creazione della Repubblica Araba Saharawi Democratica nel 1976 e alla rinuncia della Mauritania alla sovranità sui territori ottenuti con la firma di un accordo di pace con il Fronte Polisario.

La disputa tra il popolo saharawi e il Marocco continuò ad inasprirsi, fino a quando, grazie anche all’aiuto economico di Francia e Stati Uniti, quest’ultimo provvide alla costruzione di un muro, ancora presente, che divide la parte sottomessa al dominio marocchino da quella che i guerriglieri del Fronte Polisario sono riusciti a liberare. Intorno al muro si trovano ancora mine antiuomo e mine anticarro, che ne rendono impossibile il superamento. Il muro, oltre a dividere le zone di dominio, divise anche la popolazione saharawi, metà della quale fu costretta a rifugiarsi in campi profughi in Algeria, organizzati intorno alla città di Tinduf, la prima dopo il confine algerino; migliaia dei profughi si trovano ancora in quei campi a simboleggiare una lotta pacifica contro lo status quo, poiché se decidessero di andare a vivere nelle zone occupate sarebbe come arrendersi al fatto compiuto.

Ma la costruzione del muro, anche detto “berm”, non fu efficace fin da subito e fu infatti seguita da sedici anni di guerra che portarono il Marocco sull’orlo della bancarotta.
Nel 1991 la speranza del ‘popolo del deserto’ è tornata ad essere alimentata da azioni internazionali; in particolare l’ONU ha ribadito la necessità di un referendum di autodeterminazione e la questione è stata di nuovo discussa dalla IV Commissione, che si occupa di politiche di decolonizzazione, fino alla proposta della missione MINURSO (United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara). Il referendum però non fu indetto; ancora una volta l’impossibilità di trovare un accordo con il Marocco impedì la risoluzione della questione. La missione, inoltre, soffre di un grave deficit, non prevedendo un mandato per il monitoraggio del rispetto dei diritti umani, anche se sono stati riscontrati svariati episodi di violenze, torture, rapimenti e uccisioni di saharawi da parte della polizia marocchina.

Poi, nel 2007, il Marocco promosse un piano per l’autonomia del Sahara Occidentale, che prevedeva però che la zona venisse riconosciuta come parte del territorio marocchino, istanza già negata dalla Corte Internazionale dell’Aja, dalle Nazioni Unite e dall’Unione Africana. Se il piano fosse stato accettato avrebbe rappresentato un pericoloso precedente di ampliamento dei territori di uno stato membro delle Nazioni Unite, ottenuto tramite l’uso della forza. Questo potrebbe risultare legittimo solo se la decisione di divenire territorio autonomo sotto il controllo marocchino, anziché territorio indipendente, venisse presa dalla popolazione saharawi stessa tramite referendum.

La necessità di indire un referendum, ritenuta indispensabile dagli organismi internazionali già dai tempi della dominazione spagnola, si è sempre dimostrata pressoché irrealizzabile a causa dell’influenza di forze esterne alle due protagoniste, Marocco e Repubblica Araba Saharawi Democratica. In particolare gli Stati Uniti e la Francia, hanno sempre utilizzato la possibilità di porre il veto di cui dispongono al Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite per bloccare l’effettiva realizzazione di un definitivo processo di liberazione dei territori occupati.

La decisione degli Stati Uniti di schierarsi a favore del Marocco, è dovuta all’amicizia tra i due Stati iniziata durante il periodo della Guerra Fredda, quando Rabat cominciò a tendere verso la sfera occidentale, e che prosegue ancora oggi grazie all’aiuto fornito dal Marocco nella lotta contro il terrorismo islamico; la decisione della Francia, invece, è da ricollegare alla presenza di un nemico condiviso con lo stato marocchino, l’Algeria. La Francia nutre ancora il ricordo della travagliata lotta algerina per l’indipendenza, mentre tra Marocco e Algeria esiste una tensione perenne che sfocia in numerose e frequenti diatribe.

La situazione nella zona, oggi, è precaria. Dopo venticinque anni di lotta pacifica, il popolo saharawi è divenuto ansioso di risolvere le questione. Data l’inefficacia della via pacifica, non è detto che non si sviluppi una ribellione armata. Il Fronte Polisario ha ormai perso, oltretutto, il suo leader Mohamed Abdelaziz, morto il 31 maggio 2016, il quale  sosteneva la via diplomatica per la risoluzione della questione dell’indipendenza ed era l’unico ad avere abbastanza carisma da far condurre al suo popolo una rivolta pacifica.

Intanto le Nazioni Unite hanno prorogato di nuovo, fino al 2017, la missione MINURSO. Il Marocco non sembra avere intenzione di rinunciare alla sovranità sulla zona e i saharawi non sembrano avere intenzione di arrendersi. Per ora la Repubblica Araba Saharawi Democratica è stata riconosciuta da più di ottanta stati, fa parte dell’Unione Africana ed è osservatore alle Nazioni Unite.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

http://movieplayer.it/news/javier-bardem-e-i-figli-delle-nuvole_12906/

http://www.un.org/en/peacekeeping/missions/minurso/facts.shtml

http://www.limesonline.com/il-vallo-del-sahara-1-la-storia-del-frente-polisario/795

http://www.limesonline.com/il-vallo-del-sahara-2-il-referendum-della-discordia/796

http://www.mei.edu/content/article/autonomy-can-resolve-40-year-western-sahara-conflict

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