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Le elezioni locali britanniche in vista del voto nazionale

Lo scorso 4 maggio si sono tenute le elezioni locali del del Regno Unito, rinnovando gli organi di governo territoriale di buona parte del paese. Il successo del Partito Conservatore è stato netto e ha pesato soprattutto sui Laburisti e sull’UKIP, duramente sconfitti. Queste elezioni sono importanti in vista del voto del prossimo 8 giugno. La campagna elettorale è iniziata ufficialmente.

Le elezioni si sono tenute in 90 contee in tutto il territorio scozzese e parte di quello gallese e inglese, nel quale tra l’altro hanno debuttato le nuove Autorità Combinate: istituzioni di raccordo in 6 aree particolarmente urbanizzate e interconnesse, pensati per migliorare l’integrazione dei trasporti e dell’attività economica. Queste saranno governate da un “Metro-Mayor”, una sorta di sindaco di un’area che comprende diverse contee e distretti, sul modello del Mayor of London, l’autorità che raggruppa i 33 distretti che compongono la capitale.

Oltre alle Autorità Combinate gli altri organi andati alle urne sono stai i County Councils e i  Mayor, organi amministrativi molto simili ai nostri Consigli Provinciali, compresi tra i governi regionali e quelli distrettuali (simili ai nostri comuni). Questi sono gli organi centrali di aree che hanno nomi e istituzioni diverse, lascito della secolare tradizione delle forti autonomie locali inglesi, ma che si occupano più o meno degli stessi ambiti di poltiche del territorio e dei servizi locali

Ogni contea, indipendentemente dalla sua tipologia, è divisa in aree elettorali chiamate Divisions o Wards, nelle quali vengono eletti 1, 2 o 3 consiglieri eletti con sistema maggioritario. Ogni consigliere dura in carica 4 anni e i consigli possono rinnovarli tutti insieme, metà ogni 2 anni o un terzo ogni anno (con un anno di pausa) a seconda del proprio statuto.

Queste elezioni in particolare hanno interessato le contee che adottano il primo metodo, rinnovando quindi i collegi eletti nel 2013. i risultati delle elezioni riflettono i cambiamenti avvenuti nella politica nazionale in questi ultimi quattro complessi anni e in particolare dopo il referendum sul Brexit.

Per guardare ai risultati di queste elezioni bisogna valutare due variabili: il numero di consigli di cui si è ottenuto il controllo e il numero di seggi ottenuti in generale negli organi. Con “controllo” nella politica inglese, di tradizione strettamente maggioritaria, intendiamo la maggioranza assoluta dei seggi in mano ad un singolo partito, a quel punto in grado di governare praticamente da solo.

Il Partito Conervatore risulta il vero vincitore di queste elezioni locali, sia in termini di seggi che in termine di consigli vinti. Rispetto alla tornata elettorale del 2013, infatti, il partito guidato da Theresa May ha ottenuto 1899 seggi, ben 563 in più delle scorse locals, il che gli ha permesso di guadgnare il controllo in 11 nuovi distretti, arrivando a quota 28. Molti dei voti guadagnati dal partito provengono dai sostenitori dell’UKIP, ormai in rapido declino.

Dai risultati quello conservatore risuta l’unico partito cresciuto di popolarità a livello locale negli corsi 4 anni, mentre Laburisti e Liberaldemocratici hanno perso molto terreno. Entrambi i partiti della sinistra hanno in generale perso consensi al livello locale, in particolare quello laburista, nonostante nel loro complesso nei sondaggi d’opinione nazionali siano quasi alla pari con il partito di Theresa May intorno al 44%.

Delle due sconfitte quella dei laburisti è sicuramente quella più scottante: il partito di Jeremy Corbyn ha perso infatti quasi 400 seggi e 7 Consigli, tra cui alcune storiche “roccaforti”. Questo risultato è l’ennesima riprova del periodo nero per il partito, iniziato con la sconfitta alle nazionali del 2015 contro Cameron e il conseguente scontro interno per eleggere il successore di Miliband. Il leader attuale dei Labour, Jeremy Corbyn ha commentato il risultato definendolo insoddisfacente ma meno grave delle aspettative e ha definito il prossimo 8 giugno come un momento storico per il suo partito.

Lo Scottish National Party ha leggermente perso consensi, cedendo 7 seggi e il controllo di un consiglio. Il dato importante da valutare è però relativo al flusso dei voti: in Scozia i Conservatori sono cresciuti di consenso ma non lo hanno fatto a spese dell’SNP ma a quelle dei Laburisti, che hanno perso moltissimi voti e questi sono stati captati dalla sinistra liberaldemocratica e, appunto, dal partito di governo. Nonostante il lieve calo, quindi, il partito di Nicola Sturgeon ha mantenuto la sua posizione, ottenendo una conferma della popolarità della sua critica al Brexit.

L’UKIP è il vero sconfitto di questa tornata elettorale: l’UKIP mantenuto un solo seggio, perdendo i 145 che aveva ottenuto quattro anni fa con il suo dirompente ingresso nella politica britannica. Non c’è però da stupirsi, visto che il partito ottenne il suo buon risultato del 2013 proprio premendo per il referendum sul Brexit, tanto da spingere Cameron a progammarlo. Il partito ha quindi svolto l’unica funzione che si era dato, e oggi a meno di non riformarsi radicalmente è semplicemente destinato a scomparire.

Queste elezioni sono da intrpretare ovviamente come una sorta di anteprima di ciò che potrebbe accadere in quelle nazionali dell’8 giugno ma, secondo l’opinione unanime degli analisti, sono importati di per sè per almeno due motivi.

Innanzitutto la già citata introduzione dei 6 “Metro-Mayors”, i governatori delle nuove aree metropolitane, una nuova istituzione che rappresenta una discreta svolta nella politica locale britannica. Inserire una figura del genere in un sistema molto legato alla tradizione locale dimostra la presa di coscienza riguardo il bisogno di venire incontro alle nuove esigenze delle aree metropolitane: zone fittamente interconnesse in cui transitano numeri enormi di pendolari e di merci, che necessitano di essere gestite secondo i loro confini pratici, non solo quelli amministrativi.

Con queste elezioni cambiano poi le leadership di alcune “roccaforti” storiche della politica. I laburisti hanno perso la maggioranza dei consigli delle aree (ormai ex) industriali del nord del Derbyshire, Lancashire e Warwickshire, oltre le città di Glasgow e Dundee che amministravano dal 1980.

Resta il fatto che queste elezioni locali dimostrano sì la grande popolarità del Partito Conservatore, ancora di più se pensiamo che solitamente il partito di governo non riesce a ottenere buoni risultati nelle contee, ma non ne fanno automaticamente il vincitore delle nazionali. Nelle elezioni britanniche si votano direttamente i candidati, cosa che spesso porta i cittadini a votare per partiti diversi a livello locale e nazionale, in base a come ritengono che i candidati possano fare il loro interesse negli organi legislativi. Si è inoltre votato solo in una parte (per quanto estesa) del territorio, lasciando tra l’altro escluse l’Irlanda del Nord e tutta Londra, e sia le regole elettorali che i livelli di astensionismo saranno diversi.

Questi risultati influiranno fortemente sulla campagna elettorale ma in che modo lo faranno e come questa si consluderà lo sapremo solo tra un mese. La corsa verso l’8 giugno è ufficialmente iniziata, e per ora il partito di Theresa May sembra essere in vantaggio.

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.yourvotematters.co.uk/how-am-i-represented/local-council

http://www.parliament.uk/about/how/elections-and-voting/voting-systems/

https://www.gov.uk/understand-how-your-council-works/types-of-council

https://www.gov.uk/guidance/local-government-structure-and-elections

https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/may/05/the-guardian-view-on-the-2017-local-elections-a-clear-and-present-warning

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