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Elezioni austriache: un occhio ai numeri

Articolo di Alberto Stefanelli

Ballottaggio al fotofinish in un’Austria spaccata a metà dal testa a testa tra l’indipendente Alexander Van Der Bellen, sostenuto dai Verdi, e Norbert Hofer, candidato nazionalista e di estrema destra del Freedom Party (FPÖ). Con un margine risicatissimo che si è combattuto sui decimali, le elezioni austriache hanno tenuto col fiato sospeso mezza Europa per concludersi con poco più di 31mila voti di vantaggio per il candidato Van der Bellen che ha battuto Hofer con il 50,3 per cento dei voti validi.

Un risultato determinato dai 746mila austriaci che hanno deciso di ricorrere al voto postale vinto da Van der Bellen con il 61,7%. Solamente domenica sera le posizioni erano invertite con Hofer dato in (risicato) vantaggio e Van der Bellen sotto di due punti percentuali rispetto al risultato di oggi (48,1%). Ma come siamo arrivati a questa situazione e come mai il candidato dei Verdi è riuscito a vincere la poltrona presidenziale austriaca?

Per capire cos’è successo dobbiamo tornare al primo turno dove per la prima volta dopo mezzo secolo popolari e socialisti sono stati esclusi dal ballottaggio e Hofer era in testa con il 35,5% dei voti contro il 21,1% di Van der Bellen. Uno shock non solo per il sistema partitico austriaco che non aveva mai visto l’ FPÖ avvicinarsi al 50% del voto popolare, ma anche per l’Europa dato che queste elezioni sono state un terreno di prova per i partiti nazionalisti e di estrema destra che stanno cavalcando senza sosta il fronte anti-immigrati.
Ecco perché – nonostante il Presidente in Austria abbia per lo più un ruolo di rappresentanza formale –  il voto austriaco ha avuto una rilevanza a livello trans nazionale e può essere letto come indicatore sullo stato di salute delle destre europee e sulla loro capacità di tesaurizzare in termini elettorali il sentimento anti-immigrazione.

Se guardiamo alla distribuzione geografica del voto emerge chiaramente come Norbert Hofer abbia ottenuto ottimi risultati nelle zone più rurali (ed esposte al fenomeno migratorio) ovvero nel Burgenlad (61,4%), al confine con l’Ungheria, nella Bassa Austria (52,6) e in Tirolo ( 50,7%), mentre le città e le aree urbane premiano Van der Bellen che a Vienna raggiunge il 63,3%.
Assistiamo quindi a un voto orientato dal (1) cleavage centro-periferia che vede le cinque principali città austriache da più di 100.000 abitanti (Vienna, Graz, Linz, Salisburgo e Innsbruck) votare compatte per Van der Bellen e da un (2) nuovo cleavage europeismo-nazionalismo che vede le zone più esposte al fenomeno migratorio votare per Hofer. Infatti, in 43 dei 44 comuni al confine con l’Ungheria e nei quattro comuni al confine con il Brennero il candidato dell’FPÖ vince con percentuali che spesso superano il 60%.

L’ottimo rendimento dell’FPÖ e dei Verdi non è risultato così inaspettato dato che già alle elezioni parlamentari del 2013 i due partiti avevano sottratto una quota consistente all’SPÖ (i socialdemocratici) e alla ÖVP (i cristiano-popolari) raggiungendo rispettivamente il 20,5% e il 12,4%. Inoltre bisogna considerare che l’FPÖ non è un partito nuovo nello scenario politico austriaco: nelle elezioni legislative del 1999 raggiunge il 27% e in quelle del 2008 il 18%. Un risultato notevole che conferma come l’ampio consenso per l’estrema destra nazionalistica austriaca (BZÖ, l’FPÖ, Team Stronach) che dal 1999 non è mai scesa sotto al 10% e che dal 2008 è sopra al 27% dei consensi.

Infine soffermiamoci sul comportamento elettorale del  ballottaggio di domenica. La dispersione del voto per i due candidati al ballottaggio è ridottissima e ciò significa che chi aveva scelto di votare per Hofer o Van der Bellen al primo turno sceglie di farlo nuovamente. Inoltre l’affluenza al ballottaggio aumenta dall’68,5% al 72,7% premiando sopratutto il candidato dei Verdi: il 10% degli elettori di VDB infatti proviene da quelli elettori che al primo turno avevano scelto di non votare. Questo è anche frutto della “polarizzazione” del voto del ballottaggio con quasi la metà degli elettori di VDB che hanno “votato contro” Hofer.

Il candidato dei verdi raccoglie buona parte degli elettori socialdemocratici (69%) e del candidato Griss (64%) riuscendo ad ampliare notevolmente il suo bacino elettorale che è composto dal 60% da elettori che non l’avevano al primo turno.
Anche Hofer riesce ad attrarre una buona percentuale dei elettori dei partiti tradizionali. Nonostante il voto degli elettori di Khol pesi solo il 9% sul totale, il 43% degli elettori del Parito Popolare Austriaco (ÖVP) sceglie di votare per Hofer al secondo turno mentre solo il 41% degli elettori di Griss e il 22% degli elettori socialdemocratici decide di votare il candidato dell’FPÖ. I nuovi elettori di Hofer sono però la metà di quelle di VDB e pesano ‘solo’ il 33% sul bacino elettorale del candidato dell’FPÖ.

Nella composizione demografica e sociale degli elettori troviamo significative differenze tra i due candidati. Hofer riscuote successo tra gli uomini (60%), tra gli operai (86%) e tra gli elettori con un basso livello di istruzione mentre gli elettori di Van der Bellen sono in prevalenza donne (60%), dipendenti pubblici (55%), impiegati (60%) e laureati (81%).

L’analisi del voto ci mostra come l’elettorato austriaco sia spaccato con consistenti porzioni di elettori appartenenti a determinati settori sociali e concentrati in specifiche compagini territoriali. Il contrasto tra due candidati con posizioni radicalmente diverse, la maggiore affluenza al secondo turno e un comportamento elettorale segmentato in base all’appartenenza sociale e territoriale fanno di queste elezioni le più polarizzate dell’ultimo ventennio con quasi la metà degli elettori di VDB hanno motivato la loro scelta di voto “contro” Hofer. Nonostante la sconfitta dell’FPÖ, la frattura nella società austriaca è di difficile ricomposizione. Hofer sta già pensando di sostenere il leader di estrema destra Heinz-Christian Strache alle elezioni politiche del 2018 dichiarando – poche ore dopo la sconfitta – che “Gli sforzi fatti in queste elezioni non sono perduti ma sono un investimento nel futuro”.

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