Vietnam: il ring delle superpotenze

Dopo oltre quarant’anni dalla fine della guerra del Vietnam la costa del sud-est asiatico ritorna a essere un punto centrale della politica regionale e, soprattutto, internazionale. 

La Repubblica socialista del Vietnam è parte centrale del progetto che Barack Obama ha lanciato all’inizio del suo secondo mandato alla presidenza USA, ovvero il “pivot to Asia. Questo progetto fortemente voluto dal presidente statunitense consiste nella volontà di spostare gli assi geopolitici del mondo verso il continente asiatico rendendolo così non più la periferia del mondo ma il centro e lasciando in secondo piano altre zone del mondo, come la Russia, considerate non più centrali per gli obiettivi americani.

Il grande concorrente degli Stati Uniti in questi ultimi anni è sicuramente la Cina di Xi Jinping con la sua crescita economica senza fine e un potere centralizzato che permette una libertà di decisione al Politburo che mette paura alla democrazia americana. L’attacco frontale alla Repubblica del Popolo della Cina non è una mossa saggia e per questo motivo gli Stati confinanti con il colosso cinese stanno diventando sempre di più territori da tenere sotto osservazione per capire come gli Stati Uniti si stiano muovendo alla conquista dell’estremo Oriente. 

In questo senso il Vietnam è il tassello fondamentale di tutta questa enorme manovra iniziata da Obama ma che proseguirà anche con il suo successore. Lo sviluppo delle relazioni tra USA e Vietnam non è sicuramente stato uno dei più lineari e più comprensibili della storia. Dalla sanguinosa guerra del Vietnam alle relazioni economiche odierne infatti i due Stati hanno avuto enormi problemi di relazioni che si sono andati a ristrutturare solo negli ultimi anni dello scorso secolo. La paura da parte dello Stato comunista di essere schiacciato dalla superpotenza cinese lo ha portato sempre di più ad abbandonare il collegamento ideologico con il suo vicino per perseguire una forma di sviluppo economico sempre più forte.

Attraverso tra grandi passi degli ultimi venti anni il Vietnam è riuscito a creare uno scudo per difendersi dagli attacchi economici cinesi che lo vorrebbero assoggettato al potere di Pechino.

Nel 1995 il Vietnam entra a far parte dell’ASEAN (Associazione delle nazioni dell’Sud-est asiatico). Questa associazione ha molte funzioni che possono essere assimilate alle funzioni dell’Unione Europea dal punto di vista economico, quindi riduzione o annullamento dei dazi commerciali che portano a vaste zone di libero scambio tra Stati firmatari. l’ASEAN ha vissuto un forte allargamento negli anni novanta e duemila che dovevano garantire agli Stati contraenti uno sviluppo senza precedenti, purtroppo però questo progetto è stato bloccato dalle crisi economiche che si sono susseguite prima in quella zona e poi in tutto il mercato globale. In ogni caso l’ASEAN è utilizzata per ampliare le possibilità di commercio tra gli Stati contraenti proprio per salvaguardarsi dalla colonizzazione economica cinese. La Cina, infatti, anche se da quest’anno ha aperto dei negoziati per raggiungere un accordo di massima per il commercio ASEAN-Cina, non è né membro né lo diventerà proprio perché l’associazione è stata pensata come salvaguardia dalla Cina e non come possibilità in più per la Cina di espandersi.

Il secondo passo che il Vietnam ha compiuto è stato quello di entrare all’interno del progetto del TPP (Trans-Pacific Partnership) nel novembre del 2008. Questo accordo può essere assimilato in maniera molto facile al controverso progetto del TTIP tra Europa e USA. Anche questa Partnership è in chiave anti-cinese e per questo vede la partecipazione di molti Stati limitrofi al colosso cinese e non la Cina. Anche questo partenariato ha le stesse problematiche del TTIP, ovvero segretezza e mancata capacità di comprendere la portata delle operazioni economiche che il TPP porterà in quella zona.

Il terzo passo è stato fatto dagli USA verso il Vietnam per assicurarsi una definitiva apertura dello Stato asiatico verso i suoi ex nemici che piombarono nel territorio vietnamita per venti anni, distruggendo migliaia di famiglie e causando danni irreparabili all’ambiente. Barack Obama, nella sua visita in Vietnam nel maggio 2016 ha annunciato che “Gli Stati Uniti d’America revocano completamente il divieto in vigore negli ultimi 50 anni di vendita di equipaggiamento militari al Vietnam”. Con queste parole la guerra del Vietnam è stata chiusa definitivamente. Ma la motivazione non è quella dell’apertura diplomatica, quanto quella della definitiva indipendenza di Hanoi da Pechino.

L’indipendenza concessa dagli USA al Vietnam però deve essere messa sotto esame per capire quanto l’uscita da una schiavitù economica per mano di un’altra economia schiavista porti all’assoggettamento dello Stato verso il proprio liberatore. Il tasso di crescita del PIL vietnamita nell’ultimo ventennio è cresciuto grazie agli strumenti dati in gran parte dagli USA ma, dall’altra parte, gli stessi strumenti possono essere revocati o bloccati dagli Stati Uniti nel momento in cui il Vietnam dovesse prendere delle decisioni anti-americane o, semplicemente, prendere decisioni in contrasto con gli interessi statunitensi.

La fine dell’embargo quindi va messo all’interno di un panorama più ampio e va inteso come piccolo tassello all’intero del nuovo progetto statunitense del “pivot to Asia” che fino a oggi ha trovato la necessità di grandi investimenti senza però riuscire a colpire seriamente l’obiettivo preposto: la destabilizzazione della Cina.

 

Approfondimenti:

http://www.indexmundi.com/g/g.aspx?c=vm&v=66&l=it

http://thediplomat.com/2016/05/obama-fully-lifts-vietnam-arms-embargo-on-visit/

http://thediplomat.com/2016/06/vietnams-evolving-role-in-us-asia-strategy/

Strangio, S., Vietnam: 40 years later, The Diplomat, n. 6, 2015, pp. 2-10

Ohno, K., The East Asian Growth Regime and Political Development, pp. 37-61

Leave a comment

Your email address will not be published.


*