Portogallo: decriminalizzare le droghe conviene

Combattere l’abuso di droghe decriminalizzandole: la scommessa portoghese iniziata negli anni ’90 ha funzionato. Questa strategia venne elaborata nel periodo di maggiore allarme sociale nei confronti delle tossicodipendenze nella storia del paese, quando l’eroina imperversava e 100.000 portoghesi ne erano dipendenti (l’1% della popolazione).

L’atteggiamento delle autorità rispetto al problema era stato sempre fortemente repressivo, fin dall’arrivo dei primi stupefacenti nel 1974 appena terminata la dittatura, con dure pene e incarcerazione anche per il semplice uso, oltre che per la vendita. L’approccio cambiò radicalmente nel 1998, quando una commissione governativa giunse alla conclusione che il modo migliore per arginare il fenomeno era smettere di trattare i tossicodipendendi come criminali.

Una legge del 2001 decriminalizza totalmente il possesso di tutte le droghe: usare o detenere per uso personale qualsiasi droga, dalla cannabis all’eroina, non costituisce reato, ma è solo un illecito amministrativo (paragonabile ad una multa per divieto di sosta), e sono fissate alte soglie sotto le quali la sostanza è considerata per uso personale. Questo approccio è molto diverso dalla depenalizzazione, diffusa in molti paesi compreso il nostro, che si limita ad escludere il carcere ma prevede comunque l’uso di punizioni tipiche del codice penale.

Niente foto segnaletiche, impronte digitali nè processi, l’unico ente davanti il quale compare chi viene segnalato per droga è una commissione composta da medici, avvocati e assistenti sociali. Queste commissioni possono comminare una multa al fermato o avviarlo ad un percorso riabilitativo, un’evenienza riservata a soggetti recidivi o particolarmente pericolosi per sè stessi che fortunatamente sono una minoranza molto esigua dei casi.

Il sociologo Nuno Capaz, coordinatore del sistema delle commissioni, sottolinea infatti come l’85% di chi compare in commissione usa droghe leggere derivanti dalla canabis e lo fa solo ad uso ricreativo, senza avere una vera e propria dipendenza, tornando a casa con solo quache raccomandazione e dopo pochi minuti. La forza dell’approccio portoghese sta proprio in questo: trattare la droga come un fenomeno sociale e sanitario, piuttosto che come un reato, e fino ad ora ha ampiamente funzionato.

Gli effetti positivi della legge sono stati evidenti: dal 2001 ad oggi il trend del consumo di tutte le droghe è stato sempre e solo negativo, portando il paese sotto la media europea rispetto a questo dato. Il Portogallo negli anni è diventato uno dei paesi con meno morti per overdose nel continente, con 3 morti per milione di persone contro la media del continente di 17,3 per milione.

I benefici hanno riguardato anche il sistema giudiziario portoghese: non più congestionato dai processi per detenzione di stupefacenti i tribunali hanno potuto lavorare a pieno regime sugli altri processi, compresi quelli per spaccio internazionale. Si sono inoltre svuotate le carceri dai fermati per detenzione, portando la percentuale di detenuti per fatti legati alla droga dal 44% al 24% del totale della popolazione carceraria.

Dal 2001 sono inoltre calati drasticamente i casi di AIDS legati alle droga, liberando risorse sanitarie per il supporto a coloro che vogliono superare la tossicodipendenza. Anche le stesse forze dell’ordine sono ora in grado di concentrarsi maggiormente sul narcotraffico e altri reati, il Portogallo è infatti una delle maggiori vie d’accesso all’Europa per la cocaina sudamericana.

Quello portoghese è l’approccio diametralmente opposto alla “war on drugs” nixoniana iniziata nel 1971, che prevede il contrasto frontale e spietato a tutti gli aspetti del fenomeno. Mentre importanti analisti sottolineano il fallimento della guerra alla droga, la strategia portoghese, numeri alla mano, sembra aver portato grandi benefici grazie ad una semplice politica di tolleranza. La guerra alla droga ha infatti indebolito le comunità e aiutato la criminalità organizzata, nonostante i suoi sostenitori la ritenessero portatrice dell’effetto contrario:

Le politichedi tolleranza zero sono ritenute responsabili di un aumento del prezzo delle sostanze, con il conseguente arricchirsi a dismisura della criminalità organizzata che diventa così un vero e proprio potere parallelo e in competizione con la forza pubblica. Mentre i cartelli e le mafie crescevano e proliferavano la giustizia ha colpito duramente persone che non danneggiavano altri individui, per quanto nell’illegalità, riempiendo le carceri di semplici consumatori condannati a vivere segnalati come criminali una volta rilasciati.

João Goulão, coordinatore e sviluppatore della gestione delle politiche sulla droga in Portogallo, ha illustrato di fronte all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite i vantaggi tratti dal suo paese dalle politiche d tolleranza, invitando gli altri paesi a prenderne esempio per migliorare il proprio approccio al problema.

Goulão ha spiegato come la semplice tolleranza non avrebbe sortito alcun effetto se non accompagnata da un ampio programma di assistenza medica e supporto psicologico, programma che ha rischiato di perdere efficacia con le misure di austerità imposte al paese durante la crisi del suo debito pubblico, costata tagli di budget a tutti i programmi pubblici del paese.

 Approfondimenti

Dopo la guerra alla droga. Un piano per la regolamentazione legale delle droghe

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