Futuro incerto in Transnistria

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il Presidente della Transnistria, Yevgeny Shevchuk, ha annunciato di aver preparato un decreto presidenziale per l’annessione della piccola repubblica secessionista alla Russia. Lo scopo è quello di dare piena attuazione al referendum approvato 10 anni fa.

Il 17 settembre dell’ormai lontano 2006, i cittadini dell’autoproclamata Repubblica di Transnistria (Repubblica Moldava di Pridniestrov) sono stati chiamati alle urne per una consultazione referendaria, non riconosciuta dalla comunità internazionale, a scegliere tra due opzioni: continuare il progetto indipendentista, proseguendo nella politica di riconoscimento internazionale della regione e l’unificazione con la Federazione Russa; oppure ritornare a far parte della Repubblica di Moldova, dalla quale circa 26 anni fa (2 settembre 1990) la Transnistria si è separata in seguito ad un conflitto durato quasi due anni.

Circa il 97,1% degli aventi diritto al voto si è dichiarato a favore dell’indipendenza e dell’integrazione nella Federazione Russa. Ma come è nato il conflitto?

La Transnistria sorge su una sottile linea di terra tra il confine moldavo-ucraino, in un punto di notevole importanza strategica, dove gli interessi dell’Unione Europea si scontrano con quelli della Russia. Nel 1990, prima dell’imminente crollo dell’URSS, la Moldavia ha tenuto le prime elezioni libere, dove il Fronte Popolare della Moldavia è risultato vincitore. Questo partito nazionalista promosse la lingua moldava come ufficiale e declassò la lingua russa, provocando gravi tensioni nei territori orientali della Moldavia a maggioranza russofona, promuovendo anche la cultura comune moldava-rumena come “cultura nazionale”.

La possibilità che la Romania e la Moldavia si unissero in un solo stato, ha provocato la secessione della Transnistria, che non venne riconosciuta da nessuno stato, ma anzi come parte integrante della Moldavia. Nel marzo 1992 da un conflitto di tipo politico si passò ad un vero e proprio conflitto armato tra l’esercito regolare moldavo e la guardia nazionale della Transnistria. Il ruolo fondamentale lo giocarono gli attori esterni: la 14esima armata dell’Unione Sovietica di istanza in Transnistria e volontari russi ed ucraini, appoggiarono apertamente la repubblica secessionista, fornendo uomini ed armi alla causa.

Sconfitta, la Moldavia fu costretta ad accordarsi per un cessate il fuoco nel luglio 1992, e su iniziativa dell’allora Presidente Russo Boris Eltsin, entrò a far parte della Commissione Congiunta di Controllo, una forza per il mantenimento della pace, con il compito di vigilare sul cessate il fuoco, formata da battaglioni facenti parte della Russia, Moldavia e Transnistria.

Nonostante la Transnistria possa essere considerata come l’ultimo “statocomunista in Europa, data la presenza di statue dei leader comunisti e della falce e martello sulla bandiera, è noto a tutti come in questa regione sia concessa libertà a criminali di ogni tipo. Trafficanti di armi, droga ed ogni tipo di traffici illegali, utilizzano il paese come un canale attraverso il quale muoversi inosservati fino al vicino porto ucraino di Odessa.

La recente decisione dell’Ucraina di bloccare le merci in transito per via ferroviaria verso la Transnistria ha aggravato l’approvvigionamento di risorse della regione mettendo in grave difficoltà il governo di Tiraspol. Kiev ha imposto forti restrizioni anche sull’ingresso nel Paese degli uomini tra i 16 e i 65 anni, aggravando la crisi che attanaglia l’enclave.

Dal 1992 ad oggi la Transnistria evita il default grazie ad i costanti aiuti e finanziamenti provenienti dalla Russia, che contribuiscono per il 10% del PIL. Economicamente invece la piccola repubblica secessionista si rivolge ad occidente: il 55% delle importazioni provengono dalla Moldavia e dall’Unione Europea, gli stessi attori che contribuiscono per 81,6% delle esportazioni della Transnistria, grazie anche al recente accordo di associazione tra Moldavia ed UE, che ha stimolato gli investitori europei a capitalizzare nello stato europeo più povero.

Dopo l’annessione della penisola di Crimea, Putin guarda alla Transnistria come il prossimo obiettivo della sua politica espansionista. La piccola repubblica secessionista ha ormai un futuro incerto, in quanto il governo moldavo ha deciso di firmare un accordo di associazione con l’Unione Europea, che potrebbe portare in futuro ad una riunificazione Rumeno-Moldava, e renderebbe ancora più critico il rapporto con le minoranze etniche. Il parlamento della Transnistria ha quindi chiesto di poter essere annesso alla Federazione Russa: Putin sta compiendo piccoli passi verso questo traguardo, consolidando sempre di più il controllo sulla regione.

Durante le elezioni della Duma del 2016, il governo russo ha deciso di aprire dei seggi elettorali anche in Transnistria, per permettere ai suoi soldati e ai cittadini con la doppia cittadinanza, di poter partecipare alle votazioni. Così facendo Putin tenta di legittimare le proprie azioni in assenza di un effettivo controllo moldavo. Ad oggi il conflitto sembrava ormai “congelato”, ma i recenti conflitti tra Unione Europea e Russia potrebbero dissotterrare l’ascia di guerra e scontrarsi sul territorio moldavo, ormai sempre più vicino a confluire nell’Unione.

 

 

Fonti e approfondimenti

http://www.eurasiareview.com/05102016-transnistria-primer-analysis/

http://www.analisidifesa.it/2016/09/moldova-nuovo-terreno-di-scontro-tra-mosca-e-washington/

http://www.wsj.com/articles/putins-next-target-1473807668

http://www.abc.net.au/news/2015-09-08/pridnestrovian-moldavian-republic-celebrates-independence/6756092

http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ossezia-del-Sud/Repubbliche-separatiste-mutuo-sostegno-54498

http://www.limesonline.com/rubrica/le-mani-russe-su-moldova-e-transnistria

http://novostipmr.com/en/news/16-09-17/2006-three-referendums-two-approaches

 

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