Site icon Lo Spiegone

La siccità e il land grabbing alla base della crisi etiope

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Da diversi anni l’Etiopia versa in uno stato di crisi; il Paese sta subendo un grave periodo di siccità, il più grave degli ultimi 30 anni.

La zona dove più colpita è la regione dell’Afar, che si trova nella parte orientale del Paese. Il periodo di siccità prosegue ormai incessantemente da giugno 2015, ha colpito anche molte aree della Somalia e del Somaliland, e sta rapidamente interessando anche gli altipiani più popolati. Tale situazione sembra essere conseguenza di  un fenomeno climatico definito “El Niño”, cioè “il bambino”, poiché solitamente queste particolari condizioni atmosferiche si manifestano a ridosso del periodo di Natale più o meno ogni cinque anni. “El Niño” provoca un riscaldamento anomalo delle acque dell’Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale causando inondazioni, cicloni e siccità a seconda delle zone e ha già fatto innalzare la temperatura della regione di almeno mezzo grado.

La siccità sta mettendo a dura prova gli abitanti della regione dell’Afar, poiché questi vivono quasi esclusivamente di un’economia di sussistenza. Le mandrie sono state decimate, l’accesso all’acqua potabile è diventato difficile e i pascoli si sono completamente inariditi. Gli abitanti cercano rifugio nella vicina regione dell’Amhara dove le condizioni ambientali sono di certo migliori, ma da queste migrazioni ben presto scaturiranno conflittualità per la gestione delle scarse risorse naturali.

Le condizioni climatiche avverse e le loro conseguenze hanno comportato un alto tasso di malnutrizione e carestia. Il governo sta portando avanti un programma di sostegno per evitare che i suoi cittadini muoiano di fame ma l’iniziativa non sembra essere sufficiente al fine di preservare la salute di tutti gli abitanti. Nella regione sono pertanto intervenute in aiuto alla popolazione organizzazioni non governative (ONG) come Save the Children, ma anche Agenzie delle Nazioni Unite come FAO e World Food Programme.

In Etiopia El Niño non rappresenta solamente una crisi alimentare, ma una crisi dei mezzi di sussistenza. Noi dobbiamo intervenire a sostegno di tali mezzi per evitare che le famiglie diventino dipendenti di lungo corso dagli aiuti alimentari” afferma Dominique Burgeon, Leader del programma strategico della FAO per la Resilienza e Direttore della Divisione Emergenze e Riabilitazione della FAO.

Il piano della FAO mira ad assistere 1,8 milioni di contadini e allevatori: aiuterà 131.500 famiglie a seminare, attraverso la distribuzione di semi e tramite progetti di irrigazione, e 293.000 famiglie riceveranno mangime e vaccini per il loro bestiame.

Save the Children, presente in Etiopia dal 1965, sta fornendo un grande supporto alle famiglie, distibuendo acqua, cibo e medicine. Da questa ONG sono state previste 350.000 nuove nascite con gravissimi rischi per madri e neonati. Molti bambini sono inoltre costretti a lasciare la scuola obbligati a spostarsi con le loro per necessità primarie quali acqua e cibo.

Partorire in condizioni disperate dove non c’è più cibo e dove la morte in massa del bestiame priva le madri di una fonte indispensabile di nutrizione per poter allattare, può essere pericolosissimo per i neonati e per le madri stesse. Se i fondi per la crisi non arriveranno al più presto c’è il rischio reale di perdere i progressi chiave nello sviluppo raggiunti in Etiopia negli ultimi 20 anni, come la riduzione di 2/3 della mortalità infantile e il dimezzamento della popolazione che vive sotto la soglia di povertà,” ha affermato John Graham, Direttore di Save the Children in Etiopia.

 

Il Land-Grabbing

La situazione di scarsità, oltre che dipendere per la maggior parte dal periodo di siccità, deriva anche da un fenomeno molto frequente in Africa, ovvero il land-grabbing. Questo consiste nell’espropriazione di terre agli abitanti e nell’affitto ad altri stati o multinazionali; si basa sul fatto che il diritto di proprietà in molte zone è direttamente in mano allo Stato o i diritti di proprietà di cittadini e comunità sono informali, non certificati.

Uno studio della Banca Mondiale spiega questa tendenza affermando che: “un riconoscimento affievolito dei diritti sulle terre aumenta l’attrattiva di un paese come oggetto di acquisizione di terre“.

Chi usufruisce del land-grabbing va a disboscare migliaia di ettari di terreni, sottraendoli agli abitanti delle zone, che vengono non solo espropriati, ma gli viene spesso imposto di lasciare la zona.

Il Ministero dell’Agricoltura Etiope afferma che tale prassi sia portatrice di un vantaggio reciproco per investitori e Stato, poiché si costruirebbero nuove infrastrutture e si creerebbero nuovi posti di lavoro. Non si è minimamente guardato al risvolto negativo che ciò comporta nei confronti degli abitanti a livello di sfruttamento dei campi per pascolo e coltivazioni.

Molti affermano che i benefici per la popolazione siano ben pochi, non solo poiché questi terreni non possono essere coltivati, ma soprattutto per il fatto che il land-grabbing ha un forte impatto anche a livello ambientale. Una volta concluso l’affitto dei terreni (che va dai 25 fino ai 90 anni) alla popolazione non resta che un terreno disboscato, inaridito e inadatto alla coltivazione.

 

Le proteste

Dal momento che gli abitanti delle terre prese in affitto sono costretti ad andarsene, non avendo alcun risarcimento da parte degli investitori (principalmente di Cina, India, e Paesi del Golfo Persico) e nessuna tutela da parte dello Stato, ci sono state molte proteste in città e villaggi. Molte persone sono state arrestate e altre sono morte protestando contro questo programma. La situazione si è fatta ancora più critica quando si è deciso di estendere il piano anche alla capitale Adis Abeba, città della regione dell’Oromia. Qui circa due milioni di agricoltori di etnia Oromo rischiano di perdere le loro terre fertili, coltivate da generazioni, non solo per il land-grabbing ma anche per far spazio al piano di espansione urbanistica che coinvolgerà le aree circostanti svariate città nella regione.

Il fenomeno dell’affitto di terreni pubblici a investitori stranieri può rappresentare sia un rischio che un vantaggio, tutto dipende dalla gestione operata dallo Stato, che non solo dovrebbe garantire tutele alla popolazione, ma dovrebbe anche concludere gli accordi con gli investitori in maniera trasparente, proprio per evitare che emergano casi di corruzione e speculazione.

 

 

Fonti e Approfondimenti

http://www.fao.org/news/story/it/item/380054/icode/

https://www.savethechildren.it/press/siccit%C3%A0-etiopia-%C3%A8-crisi-umanitaria

http://www.aljazeera.com/programmes/peopleandpower/2014/01/ethiopia-land-sale-20141289498158575.html

http://www.ibtimes.co.uk/ethiopia-oromo-protests-will-continue-unless-government-ceases-killings-torture-1545199

http://www.ibtimes.com/ethiopia-drought-crisis-pastoralists-threatened-el-nino-land-grabbing-population-2273025

http://www.ibtimes.co.uk/ethiopia-10-million-risk-starvation-east-africa-faces-worst-drought-30-years-1532599

http://edition.cnn.com/2016/10/09/africa/ethiopia-oromo-state-emergency/

http://www.climatesignals.org/headlines/events/southern-africa-drought-2015-2016

http://www.dw.com/en/no-rain-and-too-little-drought-aid-in-ethiopia/a-18895934

Exit mobile version