Il ritorno al protezionismo e la BdP

Le recenti elezioni statunitensi hanno promesso di sconvolgere l’assetto geopolitico ed economico che si è andato delineando nel corso del tempo. In particolare si parla della possibilità di un ritorno a politiche di tipo protezionistico, e il neo-eletto Trump ha dichiarato la sua volontà di far uscire gli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership (TPP), il trattato di libero scambio firmato insieme a paesi come Australia, Canada, Messico, Singapore e Nuova Zelanda, per ritornare a puntare sulla produzione interna. Seguono la stessa direzione le dichiarazioni riguardo la volontà di sviluppare il settore petrolifero statunitense, per ridurre la dipendenza dal petrolio estero.

Su questo piano si inserisce anche il progetto di imporre dazi di circa il 45% sulle merci di provenienza cinese. Insomma il Paese economicamente più forte al mondo sembra lanciarsi verso un ritorno al protezionismo, ossia quel genere di politiche volte allo sviluppo della produzione interna per ridurre le importazioni, che aveva caratterizzato il mondo pre-globalizzato.
In questo contesto, avere chiaro come funzioni e cosa sia la Bilancia dei Pagamenti (BdP) è il minimo per capire quali possano essere i futuri sviluppi del globo con la presenza di Trump.

La bilancia dei pagamenti misura le operazioni economiche (commerciali e finanziarie) che avvengono in un determinato arco di tempo tra soggetti residenti e non residenti nel paese di riferimento. I dati vengono presentati secondo la sesta edizione (BPM6) del Balance of Payment and Investment Position Manual, redatto dal Fondo Monetario Internazionale.

Riguardo ai principi contabili, la BdP segue il principio della partita doppia, ossia ogni flusso di scambi viene redatto in modo tale che esso dia luogo a due registrazioni, una a credito ed una a debito, in modo tale che la somma totale dei crediti e dei debiti sia pari a zero.

La bilancia dei pagamenti si divide sostanzialmente in tre conti che riassumono il mercato reale e il mercato finanziario rispetto all’estero. Il mercato reale è rappresentato dal conto corrente (anche noto come saldo delle partite correnti): al suo interno si registrano tutti i movimenti di merci e servizi, i pagamenti di redditi (da capitale e lavoro) ai non residenti ed infine i trasferimenti unilaterali correnti.
Il mercato finanziario invece è rappresentato dal conto capitale, nel quale sono registrati i trasferimento in conto capitale (l’ammontare di denaro speso in investimenti esteri) e le operazioni relative alle immobilizzazioni immateriali (ad esempio i brevetti), e dal conto finanziario, in cui in sostanza sono registrati i movimenti di capitale (ad esempio l’acquisto di titoli esteri).
Se queste somme non sono in pareggio, la differenza viene registrata nel conto Errori ed Omissioni.

Ciò che ci interessa analizzare per comprendere i possibili sviluppi sul mercato mondiale sono specialmente le partite correnti e il conto finanziario. Il primo fornisce in un certo senso il grado di dipendenza del paese dalle merci, dai fattori produttivi e dai trasferimenti esteri, mentre il secondo ci consente di stabilire come si finanzia in caso di squilibrio del primo.

Le partite correnti si dividono a loro volta in quattro saldi:

  • Saldo merci
  • Saldo servizi
  • Saldo dei redditi
  • Saldo dei trasferimenti correnti

Tra tutti, il saldo di maggior interesse è il primo, quello relativo alle merci, ossia la differenza tra le esportazioni e le importazioni. Come abbiamo detto, a livello mondiale si sta assistendo ad una contrazione del commercio, come confermano gli ultimi dati della World Trade Organization (WTO) che vedono una crescita degli scambi pari all’1,7% (circa un punto percentuale in meno rispetto al 2,8% previsto ad aprile) e la minaccia di un progressivo ritorno a politiche di tipo protezionistico. In questo contesto è possibile assistere ad un calo delle esportazioni; in pratica il bilancio delle partite correnti, per quei paesi export led (guidati dalle esportazioni) come l’Europa, potrebbe tendere ad azzerarsi o comunque a decrescere.
Ovviamente il saldo delle partite primarie è anche collegato al tasso di cambio. Riferendoci ai paesi europei prima dell’UE, in periodi sfavorevoli, era possibile svalutare la valuta in modo tale da incrementare le esportazioni: la moneta svalutata perdeva valore rispetto alla moneta estera, aumentando il potere d’acquisto estero sulla merce interna che risultava relativamente più economica. Questa soluzione è venuta meno con l’ingresso nell’UE e in particolare con la perdita della sovranità nazionale sulla moneta. C’è da dire, però, che non è sempre così automatica la relazione svalutazione-incremento delle esportazioni.

Il conto finanziario, invece, si compone di:

  • Investimenti diretti esteri
  • Investimenti di portafoglio
  • Altri investimenti
  • Riserve ufficiali

Gli investimenti diretti esteri a loro volta si dividono in due sottocategorie, ossia l’acquisto di pacchetti azionari o di quote societarie estere per acquisirne il controllo e quegli investimenti volti ad insediare una nuova attività all’estero.

Gli investimenti di portafoglio sono quelli volti ad acquistare azioni o obbligazioni estere, senza lo scopo di acquisire il controllo della maggioranza azionaria.
Le riserve ufficiali sono le valute detenute dalla Banca Centrale di riferimento, ad esempio, sul sito della BCE si legge: “Il portafoglio delle riserve ufficiali della BCE è costituito da dollari statunitensi, yen giapponesi, oro e diritti speciali di prelievo. La composizione delle riserve muta nel tempo, rispecchiando le variazioni del valore di mercato delle attività investite, nonché le operazioni in valuta e oro condotte dalla BCE”.

In sostanza, avere crediti sul saldo finanziario significa essere indebitati con l’estero, in quanto sono finanziamenti esteri che dovranno essere risarciti.

In conclusione, con la recente elezione di Trump e con la possibile affermazione delle teorie protezionistiche, è difficile prevedere quali possano essere i prossimi sviluppi sul mercato mondiale. I dati sembrano confermare una tendenziale chiusura al mercato estero per favorire le politiche di sviluppo interno.
Che la globalizzazione sia arrivata al suo capolinea? Che l’occidentalizzazione dei paesi in via di sviluppo non abbia fornito gli esiti sperati? Sono interrogativi a cui è difficile dare una risposta, di sicuro la brusca frenata del commercio su scala globale lascia spazio a poche interpretazioni, ma nulla può essere decretato come definitivo.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.ecb.europa.eu/ecb/tasks/reserves/html/index.it.html

http://goofynomics.blogspot.it/2014/10/le-lezione-di-oggi-la-bilancia-dei.html

https://lospiegone.com/2016/10/27/tpp-leredita-di-obama-in-asia/

Fai clic per accedere a bpm6.pdf

http://24o.it/links/?uri=https://www.wto.org/english/news_e/pres16_e/pr779_e.htm&from=Commercio+mondiale+ai+minimi+dal+2009%3A+cresce+meno+del+Pil+globale

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