Il Portogallo in India: Goa

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Un pezzo di Europa nella penisola Indiana. Una città portoghese sull’Oceano Indiano. Sono tutte formule che possono descrivere la città di Goa, situata sulla costa occidentale dell’India. La zona, che negli anni 80 era meta preferita della cultura Hippies, è tornata alla cronaca per la sua difficoltà di integrazione culturare con l’Unione Indiana. A Goa non vige la stessa legge di Nuova Dehli. Scopriamo perchè.

Ciò che in Portogallo è chiamato “Estado português da Índia” è un insieme di territori, alcuni con accesso al mare, altri nell’ entroterra dell’Unione indiana, con una superficie di circa 4.000 chilometri quadrati e una popolazione di soli 600.000 abitanti. Il territorio è diviso in 3 distretti, di cui il più importante e famoso è Goa, che conferisce comunemente il nome alla zona. Non sarà possibile comprendere la formazione di Goa senza tornare alle sue origini e tenendo conto della situazione politica nella penisola dell’Hindustan nei primi anni del Cinquecento. I navigatori portoghesi hanno scoperto la rotta per l’India attraverso il Capo di Buona Speranza nel 1498. In questo modo il commercio d’Oriente con l’Europa, che era statao portato avanti tramite Suez e il Mediterraneo, è stato deviato, e una nuova rotta è stata aperta attraverso l’Atlantico, con il risultato che Lisbona divenne il più importante centro dei traffici commerciali Europa-Asia.

La conquista di nuove terre, la sottomissione di nuovi popoli, non sono stati tra i motivi della colonizzazione portoghese in India. In effetti, a Goa i portoghesi sono stati gli alleati degli Indù contro i maomettani, il cui dominio e atti di oppressione sulle popolazioni locali erano frequenti. Nei negoziati con i governanti locali, il Portogallo ottenne il permesso di costruire una fortezza come era necessario per la sua difesa, e con libertà di predicare il cristianesimo ai propri missionari. Non  furono mai imposte restistrizioni sulla vita e le istituzioni locali: non vennero intattaccate ma sicuramente vennero influenzate, per la presenza del cristiano e della cultura occidentale. Quando nel 1700 il dominio marittimo portoghese entrò in crisi, l’impero d’Oriente Portoghese cessò di esistere, ma Goa rimase molto radicata alla nazione lusitana, grazie alla “politica dei matrimoni”  progettata per radicalizzare le persone alla terra attraverso la creazione di interessi permanenti e la creazione della vita familiare legittima. Questo  ha dato vita nel tempo a una popolazione in cui il sangue portoghese si era mescolato con quello locale. Allo stesso tempo, l’atmosfera cristiana, la cultura occidentale, il trapianto di altri costumi e istituzioni, la diffusione della lingua, il rapporto politico con un paese europeo, hanno aiutato la formazione e radicamento profondo di un popolo che era ormai completamente diverso dai gruppi etnici di Hindustan.

Il modo di pensare, sentire e agire è europeo. Goa è il trapianto dell’Ovest su terre orientali, l’espressione del Portogallo in India. I Goani non si definiscono indiani, ma portoghesi di Goa; perché frequentano scuole di stampo europeo; perché possono liberamente accedere ad ogni tipo di professione, senza limiti di casta; perchè a Goa la divisione in caste non viene riconosciuta pienamente. Questa è la realtà sociologica, giuridica e politica con cui l’Unione si trova di fronte indiano nei territori di Goa. Il governo dell’Unione indiana ha avvicinato il Portogallo nel 1950, chiedendo di avviare i negoziati in vista del trasferimento di Goa alla sovranità dell’Unione indiana. Il governo portoghese ha rifiutato di negoziare la cessione dei territori di Goa, Damao e Diu poichè  parte integrante della nazione portoghese. Tale era la il livello del processo di integrazione che si era sviluppato  in 450 anni.

Il 12 dicembre 1961, con l’operazione Vijay dell’esercito indiano, Goa fu occupata ed annessa all’Unione Indiana. Assieme a Daman e Diu divenne un cosiddetto “territorio dell’Unione” indiana. Il 30 maggio 1987 Goa divenne il venticinquesimo Stato indiano, mentre Daman e Diu rimasero territori dell’Unione. Come possiamo evincere, il popolo di Goa non ha mai votato per l’annessione all’Unione. I Goani sono rimasti in disparte, sentendosi distanti dalla cultura indiana. Ma distanti non significa avversi: la società indiana, un crogiolo di etnie e lingue, è abituata a gestire questo genere di diversità etnica. In questi anni, l’Unione indiana è riuscita a creare tra le menti intelletuali di Goa un’atmosfera di sostegno, di simpatia, o addirittura di comprensione, sia quando ha sostenuto il diritto di Goa o quando ha negato al Portogallo il diritto di possedere Goa.

Ma il probema che viene fuori è proprio a fondamento di tutto il nostro ragionamento: Goa può essere definita semplicemente colonia portoghese o qualcosa di più?

La fine del colonialismo, iniziato nei primi anni 60 del Novecento, aveva come idea di fondo l’autodeterminazione dei popoli, cioè il diritto per quei popoli sottomessi di essere liberi di creare uno Stato nuovo, che rappresentasse la propria etnia, cultura, società. Uno Stato che rappresentasse la Nazione. Questo processo non è avvenuto con Goa: l’India ha annesso il territorio poichè facente parte geograficamente della penisola indiana. Allo stesso tempo il Portogallo si espresse contro questa azione, definendola lesiva nei confronti dello Stato portoghese, poichè ogni Territorios Ultramarinos veniva considerato dai portoghesi una regione del Portogallo.

I rapporti tra Portogallo e India rischiano di essere minati da questa situazione, che dopo 30 non si è ancora risolta del tutto. L’unica vera soluzione al problema, nella misura in cui esso può essere risolto tra due Stati responsabili, sarebbe riaprire i negoziati su tutti quei punti in cui la vicinanza e il rapporto creano rischi o possono dare luogo ad attrito. Sulla base di questo, il Portogallo vorrebbe avere più sicurezza sul trattamento dei Goani in India, come dar loro la possibilità di possedere una doppia nazionalità. D’altro canto, è nell’interesse dell’India risolvere la situazione, per attivare quel processo di integrazione che ancora manca. I presupposti non mancano. Il “vivi e lascia vivere” potrebbe essere una soluzione temporanea, ma non definitiva. Questo è comunque un lungo processo che l’Unione Indiana dovrà necessariamente intraprendere al fine di consolidare la propria posizione e di rispettare la sua politica pacifista all’interno dello Stato.

 

 

Fonti e Approfondimenti

https://www.foreignaffairs.com/articles/india/1956-04-01/goa-and-indian-union

https://www.foreignaffairs.com/articles/portugal/1937-01-01/future-portugals-colonies

https://www.foreignaffairs.com/reviews/capsule-review/2002-05-01/castes-mind-colonialism-and-making-modern-india

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