La storia della tensione nel Golfo Persico

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@Mass Communication Specialist Seaman Kaylianna Genier) - Dominio pubblico

Negli ultimi 20 anni Il Golfo Persico è stato senza dubbio un luogo di scontro tra le linee di interesse delle potenze mondiali e regionali. Queste acque hanno assistito a due guerre e a un numero molto elevato di confronti e tensioni diplomatiche. I protagonisti si sono andati alternando nel tempo, mantenendo sempre come costante gli Stati Uniti nel ruolo di attore principale, sfidati da alcuni storici nemici come l’Iraq di Saddam Hussein, fino alla sua distruzione nel 2003, e l’Iran dopo la rivoluzione sciita del 1978. In questo primo articolo cercheremo di capire perché il Golfo è così centrale nell’attuale sistema internazionale e quali sono state le caratteristiche storiche delle relazioni tra i paesi interessati fino alla sconfitta dell’Iraq del 2003.

Il Golfo Persico e le sue caratteristiche

Se si guarda al bacino dal punto di vista geografico questo grande interesse non è spiegabile. Il Golfo Persico in effetti è un bacino d’acqua lungo circa 615 miglia marittime, largo 34 miglia, con una profondità media di circa 50 metri e con un unico sbocco all’Oceano Indiano: lo stretto di Hormuz, che con 34 miglia marittime è il più piccolo stretto marittimo al mondo. La dimensione geografica relegherebbe il Golfo Persico alla definizione di bacino minore, neanche così adatto a navigare data la sua scarsa profondità, ma a questa descrizione mancano dei dati che spiegano perché tutte le potenze del globo sono interessate in questo specchio d’acqua.

Dal punto di vista commerciale le acque del Golfo sono fondamentali da qui passa il 35% del commercio mondiale di petrolio grezzo e il 20% del commercio via mare mondiale. In media passano attraverso lo stretto 15 petroliere ogni giorno, che secondo una valutazione generale vorrebbe dire che vi è un passaggio di circa 17 milioni di barili di petrolio al giorno. Affacciano sul Golfo molti dei paesi più ricchi al mondo, come le Monarchie del Golfo,  e vi sono numerosi porti container all’interno del Golfo che sono stabili nella lista dei porti più importanti del mondo per traffico di merce.

Se l’analisi economica ci permette di comprendere l’importanza del Golfo, ci aiuta anche a comprendere l’importante presenza militare che è possibile trovare in queste acque. Attualmente sono stanziate, nei porti o alla fonda, più di 100 navi da guerra degli Stati Uniti, dei suoi alleati e dell’Iran. Si stima inoltre che in queste acque si muova circa il 15% del mercato di apparecchi militari al mondo, senza contare l’enorme quantità di armi illegalmente trasportate da e verso il Golfo Persico.

Queste due dimensioni, militare ed economica, ci dicono quanto è centrale il Golfo ma, soprattutto se pensiamo nell’ottica statunitense, è anche necessario notare chi affaccia sul Golfo. A Ovest abbiamo l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo, storici alleati degli USA e principali produttori di greggio e gas naturale al mondo. Ad Est abbiamo invece l’Iran sciita, il grande nemico degli Stati Uniti e a Nord invece abbiamo l’Iraq, che si trova in una situazione di grande instabilità e che si avvicina sempre più al suo ingombrante alleato sciita.

La Storia delle relazioni del Golfo prima dell’11 settembre

La situazione all’interno del Golfo non è sempre stata caratterizzata da grandi tensioni, anzi per un lungo periodo è stato un territorio molto amico dell’Occidente. Alla fine del secondo conflitto mondiale, gli Stati Uniti avevano grande fiducia nei due grandi partner che si affacciavano su queste acque: l’Arabia Saudita di Casa Saud e l’Iran dello Scià di Persia, arrivando addirittura a definirle due colonne per la politica estera americana.

I problemi in quel momento riguardavano l’Iraq e le influenze sovietiche che minacciavano la supremazia degli USA, ma tranne il controllo che veniva esercitato e il supporto totale ai due governi gli Stati Uniti non dovettero mai agire contro un governo dichiaratamente ostile. La situazione cambiò quando l’Iraq subì diversi colpi di Stato negli anni ’60, finché al potere non arrivò il regime baathista, che avrebbe visto in pochi anni l’arrivo al potere di Saddam Hussein. Da questo momento in poi l’Iraq diventerà lentamente il grande terrore degli Stati Uniti, in particolare grazie alle politiche di nazionalizzazione delle compagnie petrolifere.

Il petrolio era infatti il principale elemento di attenzione Occidentale nel Golfo, le economie europee e nord americane erano lanciate in una corsa alla crescita, ma necessitavano di un’enorme quantità di petrolio. La totale dipendenza dal petrolio del Golfo venne dimostrata chiaramente nel 1973 quando, in occasione della guerra del Kippur i rubinetti di petrolio sunniti si chiusero inaspettatamente, ponendo l’embargo prima sull’Olanda, poi sull’Europa e poi sugli Stati Uniti stessi.

La crisi fu risolta solo da lunghi interventi diplomatici ma il Golfo fece sentire prepotentemente la sua importanza all’Occidente. Questa fu solo la prima delle crisi per cui il golfo divenne famoso negli anni ’70. Nel ’78, infatti, la più importante colonna della politica estera americana in Medio Oriente, l’Iran, crollò sotto i colpo di piccone della Rivoluzione Islamica, grazie a cui la guida suprema degli Sciiti iraniani, l’Imam Khomeini, prese il potere, trasformando il più amico dei regimi mediorientali dell’Occidente, nel suo più duro avversario.

L’Islam ridivenne un fattore nelle acque del Golfo, con la comparsa di uno Stato sunnita, le due sponde del golfo, quella saudita e quella iraniana, si tinsero anche delle parole del Corano, che ognuno interpretava secondo la propria tradizione e usava per condannare l’avversario.

Con la comparsa dell’Iran islamista e l’aumento della minaccia dall’Iraq di Saddam Hussein, anche dopo la sponsorizzazione americana tra la guerra tra queste due nazioni, il Golfo Persico era diventato un campo minato per le forze americane, che dovevano difendere il petrolio che permetteva la crescita della nazione più potente al mondo. Lo scontro tra Iran e Stati Uniti negli anni ’80 divenne particolarmente acceso, soprattutto grazie a micro scontri, fisici e diplomatici, che portavano a continui rischi di escalation e di errori. Il caso più emblematico fu quello dell’abbattimento dell’aereo di linea iraniano 655 da parte di un missile americano partito da una nave da guerra USA che era stata colpita da alcune piccole navi delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane.

Questa tensione non si fermò assolutamente con la caduta del mondo bipolare, anche perché non vi era praticamente nessun legame tra Iraq, Iran e URSS, e nel 1990 si arrivò alla prima escalation con lo scoppio della prima guerra del golfo e l’invasione irachena del Kuwait. L’intero apparato internazionale, e in particolare gli Stati Uniti, colpì con grande forza le truppe di Saddam Hussein, obbligandolo in meno di un anno a ritirarsi e a chiedere una resa incondizionata. Questo evento fu centrale per le relazioni del Golfo, perché da questo momento in poi gli Stati Uniti non solo mantennero la propria posizione egemone nel quadrante mediorientale, ma si stabilirono fisicamente nel golfo con una propria flotta, per scongiurare eventuali altri scontri.

Nel 1995 infatti la 5° flotta, che aveva combattuto nella seconda guerra mondiale e che poi era stata smembrata nel 1947, fu riportata alla vita. Dopo essere stata dotata di due porta-aeree e di numerosi vascelli da battaglia e da intervento anfibio fu stanziata sulle coste dell’Arabia Saudita e nei porti degli alleati. Il suo raggio di intervento non fu limitato solo al golfo, ma anche allo Stretto di Bab el Mandeb, tra Gibuti e Somalia, al golfo di Aden e al Mar Rosso.

Il Golfo dopo l’11 settembre

In questo clima di tensione con la minaccia di un Iran pronto a iniziare il processo di costruzione della bomba atomica e la continua percezione dell’Iraq, da parte statunitense, come un temibile nemico, si verificarono gli attentati del 11 settembre 2001.

Gli Stati Uniti in ginocchio ribaltarono totalmente il proprio precedente approccio, che si era basato su una pratica di contrapposizione, check approach, agli eventuali tentativi iraniani e iracheni di scontro, senza mai far degenerare escalation.  Il Golfo Persico diventava adesso l’obiettivo principale delle politica estera americana. La nuova dottrina aveva idee e sviluppi totalmente differenti, e si incominciò a parlare di difesa preventiva, di strike first e alle parole si fecero presto seguire i fatti. La quinta flotta venne adoperata in prima persona nell’invasione dell’Afghanistan, ma poi successivamente fu proprio dai ponti delle due porta aeree nel 2003 che partirono i primi attacchi aerei verso l’Iraq, sotto la poi smentita minaccia di armi di distruzione di massa in mano a Saddam Hussein.

La distruzione dell’Iraq è stato l’evento chiave nella nuova storia del Golfo. Gli USA avevano pensato di poter dimostrare di essere la forza egemone, ma riuscirono a dimostrare semplicemente di poter distruggere l’apparato militare di un paese arretrato e già in difficoltà, fallendo totalmente nella sfida dello state building successivo, aprendo alla necessità di un cambio nell’atteggiamento.

La scomparsa di un Iraq sunnita e la figura violenta e negativa che gli Stati Uniti fornirono al mondo intero, e in particolare alla popolazione mediorientale, furono la carta vincente per l’Iran per rilanciarsi in un ruolo di leadership nel Golfo e nel mondo islamico, anche accusando i paesi sunniti ad aver aiutato il grande demone statunitense. Il paese del nuovo leader supremo Khamenei stava riguadagnando supporto ricostruendo la propria economia e la propria influenza. Questo si poteva percepire anche dalle azioni che sotto il governo del presidente Ahjamdinejad portarono lo scontro nelle acque dello stretto di Hormuz ad un altissimo livello di tensione.

L’attivisimo iraniano comportò anche un altro dato rivoluzionario: la nuova azione delle monarchie del Golfo e dei Sauditi. Dopo aver a lungo giocato di rimbalzo o di fino, da dietro le spalle degli USA o utilizzando la minaccia petrolifera, scesero in prima persona sul campo, aumentando le spese militari e aprendo un reale scontro con le forze iraniane.

Questi eventi sono le basi della dottrina della presidenza Obama di riavvicinamento all’Iran e della nuova grande guerra civile islamica, tra Iran e Arabia Saudita, sulle spinte delle primavere arabe. Questi temi saranno l’argomento del prossimo articolo che cercherà di analizzare le attuali e più vicine vicende del Golfo Persico

Fonti e Approfondimenti:

https://www.foreignaffairs.com/articles/middle-east/2017-01-20/iran-s-play-middle-eastern-leadership

https://www.foreignaffairs.com/articles/iran/2017-01-01/irans-growing-naval-ambitions

https://www.foreignaffairs.com/articles/persian-gulf/2016-12-12/getting-out-gulf

http://www.mei.edu/content/defusing-tensions-sea-us-iran-maritime-relations-persian-gulf

 

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