Mosca e Tbilisi: un lungo addio

Manifestazioni Georgia
@Kober - Wikimedia Commons - Public Domain

Gli ultimi due secoli di storia hanno fatto sì che il Caucaso venga considerato come l’estrema propaggine d’Europa. Il dominio zarista ha avviato dalla metà del XIX secolo il processo di occidentalizzazione di una regione che fino a quel momento veniva considerata parte del Medio Oriente. Nonostante siano passati ormai 25 anni dalla dissoluzione dell’URSS per una serie di fattori storici, politici e culturali Mosca continua a esercitare tutt’ora una forte influenza nel Caucaso meridionale, che rappresenta una regione chiave sotto molti punti di vista, verso la quale la Russia nutre ancora grandi interessi geostrategici. Attraverso la diplomazia, accordi mirati a rafforzare la cooperazione reciproca ed esercitando, quando necessario, il proprio potere coercitivo, la Russia ha quindi cercato di rimanere il punto di riferimento della regione.

Tra il 1918 e il 1921 la Georgia ha avuto una breve esperienza di esistenza indipendente, dopo la quale è rientrata nella sfera d’influenza Sovietica. Dopo la caduta dell’URSS le repubbliche della Georgia, Ossezia del Sud e dell’Abcazia si sono proclamate indipendenti e, da allora, numerosi conflitti armati si sono verificati tra la Georgia e le due repubbliche separatiste. Il leader georgiano Eduard Shevardnadze nel 1994 ha concordato il cessate fuoco con i separatisti abcazi e, da quel momento, le missioni di peacekeeping russe sono state costantemente presenti sul territorio abcazo. Nel novembre del 2006 si svolse un referendum per l’indipendenza degli osseti, fermata dalla minoranza dei georgiani presenti su quel territorio e questo, dunque, non venne riconosciuto dal governo georgiano. Quando, il 3 aprile del 2008, si è svolto il vertice della NATO a Bucarest, dove si è parlato di Kosovo e Afghanistan, adesione di Albania e Croazia, allargamento ad est, scudo anti-missile e rapporti con la Russia, si è discusso del rinvio dell’adesione della Georgia dell’Ucraina all’Organizzazione.

La seconda guerra dell’Ossezia del Sud ha avuto inizio il 7 agosto del 2008 quando l’esercito georgiano ha fatto ingresso nel territorio osseto, mentre l’attenzione internazionale era concentrata sui giochi olimpici a Pechino. In campo la Georgia era controbilanciata dalla Russia affiancata dall’Ossezia del Sud e l’Abcazia. Sin dalla caduta dell’Unione Sovietica Mosca aveva imposto la sua presenza militare sul territorio osseto. L’offensiva si è svolta sia in Ossezia sia lungo la costa del Mar Nero entrando dall’Abcasia, sino a poche decine di chilometri da Tbilisi sul fronte osseto e al porto di Poti sul Mar Nero. La Russia, che aveva appena abbandonato le due basi in territorio georgiano di Batumi e Akhalkalaki, rispettando in pieno gli accordi di Istanbul del 1999, è tornata nuovamente a posizionare i suoi reparti oltre i confini della Federazione, aumentando la propria presenza militare nelle repubbliche dell’ex impero sovietico.

Una settimana dopo il suo inizio, il 15 agosto, il conflitto è stato frenato dal cessate fuoco mediato dall’Unione Europea guidata da Nicolas Sarkozy, l’allora presidente di turno dell’Ue. L’accordo prevedeva il ritiro delle truppe nelle posizioni precedenti, la fine delle ostilità e la neutralità di Georgia nei confronti delle repubbliche secessioniste. Mosca ha persistito nell’occupazione militare anche dopo le prime iniziative di ritiro, ai confini delle regioni di Ossezia del Sud e dell’Abcazia. Nelle aree di occupazione erano compresi il porto di Poti (proiezione russa sul Mar Nero) oltre alla presenza dei posti di blocco russi lungo le vie di comunicazione. Il ritiro delle forze russe è stato completato nell’ottobre dello stesso anno in corrispondenza dell’arrivo dei 200 osservatori militari dell’Unione europea. La Russia ha riconosciuto l’indipendenza di Ossezia del Sud ed Abcasia il 26 agosto 2008, sottoscrivendo successivamente accordi militari con le due repubbliche.

Guardando con più attenzione i conflitti etno-territoriali in Abcazia e Ossezia del Sud si intravede come, oltre alla dimensione locale, il conflitto debba essere analizzato anche sotto il punto di vista delle tensioni di tipo internazionale che hanno portato a una ripresa delle ostilità in Georgia dopo un quindicennio di congelamento. Il suddetto conflitto si è sviluppato dal peggioramento dei rapporti russo-georgiani post Rivoluzione delle Rose del 2003 che ha portato alla cacciata di Edward Shevardnadze dalla presidenza del paese, dopo la quale a Tbilisi è salito al potere un gruppo dirigente filo-occidentale. L’ondata delle coeve rivoluzioni colorate e la decisione della NATO di promuovere l’adesione georgiana all’Organizzazione ha spinto la Russia nell’esasperato malcontento già manifestato in seguito al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.

La Georgia è stata la ‘valvola di sfogo’ delle tensioni tra Russia e Occidente accumulatesi negli anni di maggiore iniziativa unilaterale americana. Tuttavia, secondo quanto accertato dal Rapporto della commissione indipendente d’inchiesta dell’Unione Europea, la responsabilità del presidente georgiano Saakashvili nell’aver sparato il primo colpo bombardando Tskhinvali, la capitale dell’Ossezia del Sud nella notte tra il 7 e l’8 agosto 2008, ha facilitato per la Russia l’identificazione di un bersaglio per una risposta all’unilateralismo occidentale.

Quest’anno, Zurab Abashidze, inviato speciale per gli “affari russi” del primo ministro georgiano, ha affermato che le relazioni diplomatiche tra la Georgia e la Russia sono lontane dall’essere ripristinate. Finora il governo di Tbilisi non è disposto a mitigare il clima di conflittualità con Mosca. La vittoria alle elezioni parlamentari del 2012  del partito Sogno Georgiano, guidato dal miliardario Bidzina Ivanishvili, affine a Putin, fece credere a molti che la Georgia avrebbe intrapreso un cambio di rotta in politica estera, congelando il discorso dell’integrazione euro-atlantica. Il dialogo è stato reso impossibile dalle posizioni inconciliabili dei due paesi, soprattutto riguardo alle questioni di Abcazia e Ossezia del Sud. Anzi, negli ultimi anni, il Sogno Georgiano ha continuato a portare avanti il processo d’integrazione euro-atlantica tanto voluto da Saakashvili, arrivando a firmare nel novembre 2013 l’Accordo di Associazione con l’UE.

Il progressivo avvicinamento di Tbilisi a Bruxelles ha allontanato ogni possibilità di riconciliazione con la Russia almeno nel breve periodo. Gli  accordi stretti con Abcazia e Ossezia del Sud fanno capire che Mosca non sia assolutamente intenzionata a ritrattare il riconoscimento delle due repubbliche o a diminuire la propria presenza militare nelle due regioni. I due territori sono in via di integrazione da parte della Federazione che, favorendo gli scambi economici, aumentando i finanziamenti e creando forze armate comuni, li sottopone alla propria sfera di influenza. Recentemente, il presidente de facto dell’Ossezia del Sud , Leonid Tibilov , ha  dichiarato che il suo paese sarebbe pronto a indire un referendum per l’annessione alla Russia. Continuando di questo passo le relazioni tra Tbilisi e Mosca verranno quindi difficilmente ripristinate.

 

Fonti e approfondimenti

GEORGIA: Niente relazioni con Mosca, la Russia rimane ancora un nemico

La Russia e le relazioni con le repubbliche del Caucaso meridionale

http://www.kommersant.ru/theme/221

http://www.georgianjournal.ge/politics/31200-7-years-after-the-russia-georgia-war-2008-in-retrospective.html

http://www.ecfr.eu/article/commentary_in_the_shadow_of_ukraine_seven_years_on_from_russian_3086

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