Deterrenza Continua Via Mare: la dottrina nucleare britannica

HMS Vigilant
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I primi tentativi del Regno Unito di dotarsi di un arsenale nucleare sono riconducibili al 1940, quando Otto Frisch e Fritz Peierls, due scienziati di origine ebrea, iniziarono a lavorare  per  lo sviluppo della bomba atomica.  Inizialmente concepito come programma indipendente, il governo britannico, allora in guerra con la Germania  Nazista, decise di inviare diversi scienziati negli Stati Uniti per contribuire al progetto  Manhattan, il  programma statunitense che portò nel 1945 alla costruzione del primo ordigno nucleare della storia.

In seguito alla  fine del conflitto  e alla  vittoria  Alleata, il  Regno Unito decise di dotarsi della nuova arma. Le ragioni che portarono il governo di Londra ad optare per una tale scelta erano strettamente legate alla situazione generale del Paese in quel preciso momento storico. Negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, il Regno Unito aveva visto il proprio potere economico e militare ridursi drasticamente. Londra aveva bisogno di un mezzo per riaffermare il proprio prestigio internazionale, ed  ottenere un deterrente atomico indipendente era senza dubbio il modo più efficiente e meno costoso per mantenere il proprio status di potenza globale.  Vi era  inoltre il timore che un possibile  disimpegno nucleare  degli Stati Uniti dall’Europa potesse lasciare il via libera all’Unione Sovietica nella  corsa all’egemonia sul continente.

L’ossessione del governo britannico postbellico nel cercare di sviluppare armi nucleari è descritta alla perfezione da una citazione di Ernest Bevin, primo Ministro degli Esteri britannico dal 1945 al 1951, il quale nel corso di una seduta del Gabinetto inglese del 25 ottobre del 1946 riferendosi alla bomba atomica affermò: “We’ve got to have this thing over here whatever it costs […]We’ve got to have the bloody Union Jack on top of it.”

Queste considerazioni portarono al primo test nucleare britannico nell’ottobre del 1952 e all’entrata in servizio del primo ordigno nel 1953 all’interno della Royal Air Force.

Al giorno d’oggi, la potenza nucleare britannica è costituita da un arsenale ridotto e poco  versatile, in quanto dispiegabile unicamente via mare. Il Regno unito dispone di quattro sottomarini nucleari (SSBN- Ballistic Missiles Subamrines) di tipo Vanguard, ognuno dei quali può portare 16  missili Trident II D-5. Mentre i sottomarini Vanguard sono progettati e prodotti nel Regno Unito, i missili Trident sono invece acquistati dagli Stati Uniti; una scelta determinata in  gran parte da fattori economici.

Sebbene una forza nucleare costituita da soli quattro sottomarini possa sembrare  irrisoria, essa si adatta alla perfezione alle necessità di difesa del Regno Unito. Infatti, quattro Vanguard sono sufficienti a garantire la così detta Deterrenza Continua Via Mare (dall’inglese Continuous at-Sea Deterrence – CASD), la quale costituisce la colonna vertebrale della  strategia nucleare britannica. In base ai calcoli di Londra, questa tetrade di sottomarini è perfetta per mantenere un ciclo continuo di pattugliamento, costituito a sua volta da quattro sottofasi: ronda, riserva, addestramento e riparazione. In questo modo, Westminster avrebbe sempre a disposizione forze nucleari pronte al dispiegamento.

Per quanto riguarda invece la ragion d’essere dell’arsenale britannico e quindi la dottrina nucleare vera e propria, si possono  delineare quattro punti fondamentali:

  • L’arsenale britannico non è stato progettato per l’utilizzo nel corso di un conflitto. Esso è concepito principalmente come strumento di deterrenza e prevenzione, ossia il suo compito è quello di scongiurare un attacco nemico sia convenzionale che non.
  • Il Regno Unito mantiene un ammontare minimo di potere distruttivo, in quanto il suo scopo è quello di assicurarsi un livello di deterrenza minima. In base a tale concetto, le forze nucleari inglesi, anche se ridotte, devono mantenere la capacità di infliggere perdite intollerabili al nemico, di modo tale da rendere la possibilità di un attacco troppo costosa.
  • Il deterrente nucleare britannico supporta gli scopi di sicurezza collettiva della NATO. Esso supporta le forze nucleari alleate, ma allo  stesso tempo  si configura come arsenale indipendente, non necessitando quindi dell’autorizzazione degli USA o della NATO per essere utilizzato.
  • In fine, il Regno Unito mantiene volutamente un certo livello di ambiguità strategica, rendendo di fatto impossibile per un potenziale nemico effettuare calcoli o considerazioni, un atteggiamento tenuto, come abbiamo visto, anche da Israele.

Esaminando questi quattro punti, è evidente come Londra  consideri le proprie forze nucleari come uno strumento da utilizzare solo in casi estremi per difendere se stessa o anche i propri alleati della NATO.

Durante la  Guerra Fredda, l’arsenale atomico inglese era molto più ampio e versatile rispetto a quello contemporaneo. Alla fine degli anni ’80 il Regno Unito disponeva anche di armi nucleari tattiche dispiegabili per via aerea. Stiamo parlando di ben 250 bombe WE-177 armabili  su aerei Tornado. Tuttavia, in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica e alla Strategic Defence Review effettuata nel 1998 dal governo Laburista,  questo tipo di armamenti venne distrutto in quanto la fine della minaccia comunista non rendeva più necessari i costi sostenuti dal popolo britannico per il mantenimento di questa parte di arsenale.

Dal punto di vista degli armamenti nucleari Westminster si trova ora a dover affrontare diverse sfide. Nel 2024, i sottomarini Vanguard cesseranno di essere in servizio in quanto obsoleti. Il Governo si troverà presto alle prese con il rinnovamento delle proprie forze. Già nel 2006, nel corso dell’amministrazione Blair, era stato presentato un White Paper in Parlamento con il  quale si prevedeva lo sostituzione entro il 2028 degli odierni Vanguard con dei sottomarini dello stesso tipo ma più potenti. Secondo alcune stime, questo processo di ammodernamento dovrebbe costare ben 20 miliardi di sterline. Nonostante l’impellenza di una tale misura, ogni decisione al riguardo è stata rimandata al 2019 per questioni  politiche.

Un altro problema è costituito da una possibile indipendenza scozzese dal Regno Unito. La flotta nucleare britannica è infatti stazionata nella base navale scozzese di Faslane, mentre le testate nucleari si trovano nel vicino deposito di CoulportIl Partito Nazionalista Scozzese, esprimendosi su tale tematica, ha già dichiarato che in caso di secessione, la Scozia dovrà essere repentinamente denuclearizzata e che le forze nucleari inglesi di stanza in Scozia dovranno essere trasferite al più presto in Inghilterra. Il  referendum  del  18 settembre 2014 si è concluso con la sconfitta del fronte dell’indipendenza, ma in seguito  alla Brexit, la possibilità di una Scozia indipendente sembra essere di nuovo una prospettiva da non sottovalutare.

L’arsenale nucleare britannico si configura quindi come una forza molto ridotta ma efficace. Al momento i quattro sottomarini Vanguard consentono a Londra di mantenere una deterrenza minima con un costo minimo. Il punto debole di tale dottrina è senza dubbio la mancanza di sistemi di dispiegamento alternativi. Basare la propria capacità nucleare esclusivamente su forze navali e su una varietà ridotta di testate rende le forze atomiche britanniche poco versatili. Ne consegue l’incapacità del Regno Unito di calibrare la risposta nucleare a seconda dell’entità dell’attacco o di poter  utilizzare i propri armamenti a livello tattico. Tuttavia, nonostante queste lacune, il deterrente britannico  assicura comunque a Londra l’obiettivo della deterrenza minima. Certamente si prospettano in un immediato futuro i problemi dell’ammodernamento e della possibile indipendenza scozzese, ma per il momento i britannici  sono in grado di porre una minaccia nucleare reale.

 

 

Fonti e Approfondimenti:

 

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