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Attentato San Pietroburgo: varie piste delle indagini

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L’attentato di San  Pietroburgo è stato un duro colpo per la Russia e ancora non sono chiare dinamiche e colpevoli. Come è stato sottolineato dal presidente della Commissione Difesa del Senato, Viktor Ozerov, il giorno in cui è stato effettuato l’attacco non era casuale la presenza di Putin a San Pietroburgo con a seguito numerosi giornalisti. L’attentato sul piano politico, ha concesso al presidente di appellarsi al patriottismo del popolo russo per far fronte alla minaccia terroristica contro la sicurezza nazionale.

Dopo l’attentato che ha avuto luogo il 3 Aprile a San Pietroburgo, in seguito all’esplosione avvenuta nel terzo vagone della metro, sono morte 14 persone e ammonta a 50 il numero dei feriti, alcuni dei quali sono tutt’ora in gravi condizioni. Il Comitato Investigativo Russo (MRS) ha da subito aperto le indagini seguendo la lista del terrorismo. Inizialmente sei persone sono state arrestate a San Pietroburgo e altre due a Mosca a seguito di un’inchiesta condotta dal servizio di sicurezza FSB e alle forze del ministero degli interni. Qualche ora dopo l’attacco è stato reso noto che l’attentatore era di nazionalità kirghisa.

Il giorno successivo a Mosca si è tenuto l’incontro tra il Ministro degli Affari esteri russo Lavrov e quello kirghiso Erlan Abyldaev. Entrambi hanno sottolineato che il terrorismo non ha né nazionalità né religione, ma questo però non ha precluso la Kirghisia dal prendere le distanze dal colpevole. Le autorità kirghise hanno affermato che l’attentatore proveniva dal gruppo etnico uzbeko. E’ stato quindi pubblicato un rapporto sul sito del Ministero degli Esteri Kirghiso, in cui si specificava che il soggetto in questione non ha avuto la cittadinanza kirghisa, ma era in possesso di quella russa e risiedeva a San Pietroburgo da più di sei anni. Abyldaev ha anche evidenziato, che «allo stato attuale delle indagini non è possibile stabilire i legami dell’attentatore con il radicalismo islamico».

L’attentatore proveniva dalla regione di Oš, situata a sud del Paese. Nato nel 1995, il ventiduenne Akbarzhon Jalilov, secondo l’agenzia Interfax (che cita una fonte vicina alle indagini), non intendeva farsi esplodere ma è stato ridotto a bomba ambulante dai suoi complici, diventando “kamikaze a sua insaputa”. Intanto gli inquirenti hanno identificato alcuni cittadini provenienti delle repubbliche dell’Asia centrale che avevano avuto contatti con il presunto autore dell’attentato.

Sono state rilevate le sue impronte anche sulla bomba ritrovata inesplosa nella stazione metro “Ploshad Vosstaniya” poco distante. A quanto pare l’ordigno era attivabile con l’impulso di un telefono cellulare, circostanza che porta gli inquirenti a “non escludere” che pure la bomba esplosa sul vagone della metro possa essere stata innescata “a distanza” dai complici dell’attentatore, che probabilmente “controllavano i suoi movimenti”. A quanto sembra, ma non è certo, i terroristi che hanno colpito a San Pietroburgo disponevano di esplosivo più sofisticato, forse di tipo industriale, di quelli usati ad esempio in Belgio o in Francia ( elemento che porterebbe ad escludere la pista dei lupi solitari).

Possibili piste


Separatisti del Caucaso

Per comprendere l’attentato si possono seguire due possibili ipotesi. La prima sono i gruppi terroristici legati ai separatisti ceceni, che dopo la guerra in Ossetia del Sud hanno effettuato numerosi attentati nella Federazione. La Russia è da tempo nel mirino dei ribelli separatisti. Ad esempio quello dell’ottobre 2002, nel quale vennero uccisi 120 ostaggi nel teatro Dubrovka di Mosca. Nel settembre 2004, vennero uccise 330 persone, di cui 186 bambini, nell’assalto alla scuola Numero 1 di Beslan nell’Ossezia del Nord. Nel marzo 2010, 41 persone rimasero vittime di un duplice attentato portato a termine da due giovanissime kamikaze nella metropolitana di Mosca. 

Foreign Fighters dello Stato Islamico

La seconda pista è quella dei foreign fighters, legata alla vendetta in risposta all’intervento militare russo a sostegno del regime di Assad in Siria.  Secondo le stime dei servizi segreti di Mosca sono circa 5 mila i russi che hanno aderito negli ultimi 8 anni alle fila dello Stato islamico in Iraq e Siria. Lo stesso ha di recente portato a termine una serie di azioni terroristiche contro la Russia come ad esempio l’attentato al volo MetroJet 9268 in sevizio da Sharm el-Sheikh a San Pietroburgo, precipitato sopra il deserto del Sinai in Egitto, dove morirono tutti i 224 passeggeri a bordo. Inoltre, molti caucasici sono andati a combattere in Siria e in Iraq. Il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MIU) ha ufficialmente giurato fedeltà all’IS entrando a far parte della wilaya Khorasan nel 2015.

Kirghistan oggi

Per comprendere la natura di questa affermazione ci conviene fare un’analisi della politica interna dello stato centroasiatico: senza alcuno sbocco sul mare, ex Repubblica satellite dell’Unione Sovietica, la Repubblica di Khirghistan è uno Stato fortemente diviso al livello etnico tra i kirghisi e gli uzbechi. Il Kirghizistan è una nazione a maggioranza musulmana di circa sei milioni di persone, che faceva parte dell’Unione Sovietica ed è rimasta uno stretto alleato della Russia. Essa si ritiene essere l’unica democrazia parlamentare dell’Asia centrale. Diviso etnicamente tra kirghisi e uzbeki e geograficamente tra nord e sud, lo Stato è profondamente corrotto e non riesce a fornire i servizi di base ai suoi cittadini. Le elezioni presidenziali che avranno luogo quest’anno, metteranno alla prova la coesione dello Stato . Il 30 agosto un attentato suicida con autobomba accanto all’ambasciata cinese a Bishkek ha sottolineato la vulnerabilità di sicurezza del Kirghizistan.

Vi è una forte necessità di prevenire e contrastare la minaccia di una crescente radicalizzazione, di rafforzare la credibilità delle sue istituzioni e adottare un atteggiamento più tollerante verso l’ islam non violento. In assenza di pluralismo politico, di uno Stato responsabile e pochissime opportunità economiche, un numero crescente di cittadini stanno ricorrendo alla religione come rimedio. L’Islam è diventato un fattore centrale nella vita pubblica dalla fine dell’era sovietica: dopo il 2010, quando più di 400 per lo più uzbeki sono stati uccisi nella violenza etnica, v’è una crescente evidenza che sia kirghisi e uzbeki stanno trovando il ricorso a forme più radicali dell’Islam.

 

Fonti e approfondimenti

http://www.kommersant.ru/doc/3261627?utm_source=kommersant&utm_medium=mir&utm_campaign=four

http://www.kommersant.ru/doc/3261620?utm_source=kommersant&utm_medium=mir&utm_campaign=four

http://sledcom.ru//news/item/1113441/

http://eastwest.eu/it/opinioni/open-doors/attacco-san-pietroburgo-nessuna-rivendicazione-ipotesi-isis

http://www.interfax.com/

https://www.crisisgroup.org/europe-central-asia/central-asia/kyrgyzstan/kyrgyzstan-state-fragility-and-radicalisation

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