Yemen, stato fallito in piena crisi umanitaria

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@Julien Harneis from Sana'a, Yemen -CC BY-SA 2.0

La guerra in Yemen è scoppiata circa due anni fa e tutt’oggi non ci sono segni che facciano pensare ad una prossima risoluzione, o almeno ad una svolta. Le sorti di questo pezzo di terra nel sud della penisola araba sono riportate relativamente poco dai media e sono state oscurate dai fatti dei più vicini Siria ed Iraq.
Anche qui, però, si tratta di un conflitto sanguinoso, dal bilancio drammatico.

La situazione viene vista come una proxy war tra Arabia Saudita e Iran per il controllo della regione, ma gli attori in campo sono diversi e portano con sé diverse rivendicazioni.

Le alleanze

L’Iran, tra svariate smentite, appoggia i ribelli Houthi, che hanno dato inizio alla rivoluzione nel 2015. Il gruppo armato era però attivo già da anni e si era scontrato con le truppe del governo yemenita quando questo era ancora presieduto da Saleh, con lo scopo di ottenere un coinvolgimento a livello politico.
Saleh è stato Presidente dello Yemen dal 1990 al 2012 e prima ancora lo era stato della Repubblica Araba dello Yemen (lo Yemen del Nord) dal 1978. Oggi i suoi sostenitori sono alleati degli Houthi: si tratta di una alleanza, quindi, puramente di convenienza.

Dall’altro lato, l’Arabia Saudita, insieme ad una coalizione di Stati arabi, supporta il Presidente Hadi, che era stato in precedenza vice di Saleh e poi unico candidato presentatosi alle elezioni del 2012 (per ulteriori info vedi: La silenziosa guerra in Yemen e Cambia vento nello Yemen?). Anche se deposto con il colpo di stato del 2015, il suo governo risulta quello riconosciuto dalla comunità internazionale.
Gli Stati Uniti sostengono la coalizione saudita fornendo armi e strumenti di logistica e intelligence. Dietro questa decisione ci sono diverse motivazioni. In primis, la monarchia saudita è uno storico partner degli Stati Uniti: dopo l’accordo sul nucleare firmato nel 2015, l’Iran è stato in grado di espandere la propria influenza in vari stati, destando non poche preoccupazioni a Riyad. Inoltre, l’Arabia Saudita è schierata in una lotta anti-terrorismo che non può che incontrare il favore e il sostegno degli USA.

Alleati di Hadi sono anche i vari gruppi indipendentisti dello Yemen del Sud, che convergono nel Movimento Nazionalista del Sud, anche conosciuto come Hirak; questi vedono l’avanzata degli Houthi verso sud come una vera e propria invasione del nord. Le relazioni del Movimento con Hadi sono state altalenanti e anche qui si tratta di una alleanza di convenienza.

Crisi umanitaria

Chi viene colpito dalla guerra non sono solamente i soldati in prima linea, ma anche la popolazione civile, che da ambo i lati sta pagando un prezzo enorme. Ad oggi i dati riportano più di 10.000 vittime, più di 40.000 feriti e più di 3 milioni di sfollati su di un totale di circa 27,5 milioni di persone. Data la posizione geografica, risulta difficile per la popolazione cercare rifugio altrove.

L’Arabia Saudita è stata accusata più volte di commettere crimini di guerra: i raid aerei finiscono per colpire i civili e le infrastrutture, tra cui scuole e ospedali. A questo proposito, gli Stati Uniti stessi si trovano coinvolti in un certo modo nelle accuse a causa del supporto fornito a Riyad. Diversi attori hanno cercato di promuovere indagini internazionali per verificare l’esistenza delle violazioni, incontrando però l’opposizione di alcuni stati di Medio Oriente e Africa (nonché in principio anche dell’America).

Le persone che vivono nelle aree sotto il controllo dei ribelli si trovano sotto un doppio assedio economico, dovuto in parte al sistema di tassazione imposto dagli Houthi, anche se la popolazione ha perso la maggior parte delle proprie entrate a causa della guerra; in più, la coalizione saudita ha imposto un blocco marittimo che impedisce l’accesso dei beni in quegli stessi territori. Lo Yemen importa il 90% del cibo e il porto di Hodeida è distrutto dai bombardamenti: ciò rende impossibile anche l’arrivo dei container con aiuti umanitari.

Nel frattempo, le agenzie dell’ONU hanno dichiarato che la carestia è alle porte e che 20 milioni di persone tra Africa e Yemen sono a rischio. Solo in Yemen 2 milioni di persone si trovano in una situazione di emergenza e altri 5-8 milioni non hanno da mangiare a sufficienza.

Inoltre, nelle ultime settimane, le autorità hanno dichiarato lo stato di emergenza per una epidemia di colera che ha già causato decine di morti e migliaia di persone contagiate sia a Sana’a – una volta capitale dello Yemen unito, oggi in mano agli Houthi – che ad Aden, nello Yemen del sud. Il sistema sanitario yemenita è ormai fatiscente, mancano infrastrutture adeguate e medicinali per far fronte alla crisi.

Quali soluzioni?

A Nord gli Houthi chiedono indipendenza politica e a Sud circa il 70% della popolazione vede con favore la «causa del Sud» portata avanti da Hirak.
Una potenziale risoluzione del problema potrebbe essere la divisione dello Stato ripristinando il vecchio confine che divideva Yemen del Nord e Yemen del Sud; oppure c’è chi propone anche una suddivisione della Repubblica in 6 regioni più o meno autonome.

Il problema è che dal contesto internazionale una divisione dello Yemen verrebbe difficilmente accettata, soprattutto dall’Arabia Saudita. Rappresenterebbe infatti una sorta di vittoria per l’Iran, che potrebbe quindi allargare la propria sfera di influenza quasi accerchiando la monarchia saudita e controllare parte di un territorio geograficamente strategico, sotto al quale transitano ogni giorno milioni di barili di petrolio e altri beni.

Inoltre, si verrebbero a creare due stati incapaci di provvedere in modo adeguato alla propria popolazione, lasciando ancora più terreno a gruppi estremisti. In Yemen, infatti, sono presenti e operative organizzazioni jihadiste legate sia ad al Qaeda che all’ISIS.
Gli Stati Uniti e la coalizione araba effettuano attacchi nei territori dove sono presenti i gruppi terroristici, rappresentando questi una forte minaccia sia a livello regionale che internazionale.

Gli Houthi stessi, poi, effettuano rappresaglie nei territori tra Yemen e Arabia Saudita, sfidando la monarchia anche all’interno dei propri confini. Proprio poco prima dell’arrivo di Trump a Riyad, è stato intercettato e distrutto un missile balistico lanciato dai ribelli in direzione della capitale.

In ogni caso, per porre fine alla guerra e instaurare una situazione di pace duratura, è necessario coinvolgere nella risoluzione tutte le parti coinvolte. È un conflitto implicito tra Iran e Arabia Saudita, però questa chiave di lettura non può essere del tutto completa. Si tratta di una guerra nata da forti tensioni interne che portano con sé un peso politico rilevante, nella quale la popolazione civile è totalmente coinvolta. Le alleanze che si sono venute a creare possono avere lo stesso obiettivo nel breve periodo, ma gli intenti che portano avanti sono comunque in contrasto fra di loro.

La piega che possono prendere gli eventi è incerta, anche perché nessuna delle parti mostra segni di cedimento. Nel frattempo, lo stato yemenita è fallito e il Paese è distrutto.

Fonti e approfondimenti:

http://www.mei.edu/content/article/resolving-conflict-yemen-us-interests-risks-and-policy

http://www.mei.edu/content/article/peace-yemen-requires-bridging-north-south-divide

https://www.foreignaffairs.com/articles/yemen/2017-03-21/seeking-accountability-yemen

http://www.ohchr.org/en/NewsEvents/Pages/NewsSearch.aspx?CID=YE

http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21719827-war-not-drought-reason-people-are-starving-famine-menaces-20m-people

http://www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=56550#.WSwvlmjyg2x

http://www.aljazeera.com/news/2017/05/yemen-rebel-missile-shot-200km-saudi-capital-170520020737152.html

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