Conoscere i Balcani: in essi c’è la nostra storia

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Conoscere la storia dei Balcani significa scoprire un pezzo di Europa che troppo spesso si tende a considerare lontano ed estraneo, nonostante la regione sia sempre stata tra le pagine dei nostri libri di storia. L’obiettivo di questo ciclo di articoli non è tanto fornire ai lettori un piatto e dettagliato resoconto storico, quanto avvicinarli ad una parte del proprio passato, presente e futuro, con la speranza che si desideri continuare ad approfondire.

Innanzitutto: il termine “Balcani” è rifiutato dai popoli che li abitano. Esso deriva dalla lingua turca e in origine indicava genericamente una catena montuosa. Nell’odierno immaginario comune, il concetto di Balcani ha assunto però una doppia valenza. Esso infatti si riferisce non solo ad una regione storica situata ai margini sudorientali del continente europeo, ma anche alla proverbiale “polveriera”, simbolo di instabilità e di crisi regionale. Infatti, nel discorso politico capita di sentire parlare di “situazione balcanica”, intendendo una condizione di cronica arretratezza, corruzione, clientelismo e paternalismo, e “balcanizzazione”, riferendosi a una frammentazione spesso derivata da scelte arbitrarie.

Solo nell’Ottocento un geografo berlinese introdusse nel dibattito scientifico il termine “penisola balcanica”, che si evolverà successivamente in “Europa sudorientale”. Nella sua definizione più ampia, esso definisce un’area che comprende la Grecia, parte della Turchia (la Tracia orientale), la Bulgaria, la Romania, la Moldova, le sei ex repubbliche jugoslave (Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Macedonia del Nord), il Kosovo e l’Albania.

 

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Mappa dei Paesi dell’Europa sudorientale (Fonte: Lo Spiegone).

Popoli e storia

Comprendere le dinamiche politiche di un’area così vasta e composita non è sempre scontato. Pertanto è utile, per orientarsi più agevolmente, fare riferimento a quattro elementi che hanno costantemente caratterizzato la regione:

  • le condizioni del paesaggio naturale;
  • l’alternanza tra fattori esterni e interni;
  • lo sfondo multiculturale;
  • il continuo confronto e scontro tra dominazioni straniere e spinta all’autodeterminazione.

Va innanzitutto considerato che la conformazione geografica della regione, caratterizzata dal contrasto tra la regione montuosa dell’interno e i territori lungo i fiumi principali e la costa, non ha agevolato lo sviluppo autonomo di vie di comunicazione interne e di vie commerciali. Inoltre, la particolare posizione della penisola, sul punto di congiunzione tra Europa e Asia, ha fatto sì che gli abitanti della regione siano stati esposti per secoli alle aggressioni violente di invasori e conquistatori stranieri. Infatti, nell’arco della storia diverse popolazioni, civiltà e culture hanno attraversato la penisola: greci e romani (primo millennio avanti Cristo), popolazioni barbare di origine germanica (III-IV secolo d.C.), slavi (dal VI secolo d.C), veneziani (XI secolo d.C), colonizzatori tedeschi (XII secolo d.C.) e turchi (dalla metà del Trecento). Pertanto, gli antenati dei popoli balcanici moderni sono da considerare tutti immigrati nella regione in epoche remote.

L’intricata cartina delle nazionalità che compongono l’Europa sudorientale è quindi il risultato di fluttuazioni continue di popolazioni. Una successione di migrazioni, spostamenti forzati o spontanei ha prodotto nel tempo una variopinta mescolanza etnica. Nel corso di due millenni, le diverse dominazioni che si sono succedute hanno eretto nei Balcani ben più di una struttura di potere. Esse hanno trasmesso alle élite locali norme culturali determinanti, hanno messo in moto processi di trasformazione politica, culturale e sociale di impatto epocale, nel corso dei quali si sono plasmate le varianti locali di un unico spazio culturale balcanico. In nessun’altra regione del continente europeo, come in quella sudorientale, gruppi di popolazioni tanto diverse hanno vissuto così a lungo l’uno accanto all’altro, nonostante le profonde differenze di origine, lingua, appartenenza etnica, convinzioni religiose, usi e costumi.

Non va mai dimenticato, però, che fin dall’antichità per le potenze straniere la penisola balcanica non era altro che uno sfondo di un più ampio scenario sul quale svolgere la trama dei propri interessi politici, economici e culturali. In particolare, i Balcani sono il terreno in cui si consuma lo scontro tra le potenze europee e l’impero ottomano e in cui successivamente si giocherà la partita della spartizione dei territori turchi tra le potenze europee, ognuna delle quali vantava determinati interessi e priorità.

Nella cultura della memoria degli attuali stati balcanici, l’argomento storico ha un ruolo di primo piano, poiché viene considerato come uno strumento di legittimazione del presente attraverso il passato. Per questo motivo, eventi memorabili della storia popolare, come la Battaglia della Piana dei Merli (28 giugno 1389), in cui i turchi sconfissero i tentativi di resistenza da parte di serbi e bosniaci, sono stati utilizzati per porre le fondamenta dell’identità nazionale.

Nonostante la moderna storiografia nazionale tenda ad assumere una visione unilaterale, incentrata sulle vicende interne, trascurando le configurazioni di potere esterne alla penisola, una dominazione come quella ottomana non si può ridurre solamente alle atrocità commesse durante le cruente battaglie. Infatti, l’epoca turca portò anche aspetti positivi, come ad esempio l’effetto pacificatore dell’imposizione di un unico dominio e la relativa tolleranza religiosa nei confronti delle popolazioni non musulmane. La dominazione turca rappresentò quasi cinquecento anni di convivenza tra etnie, lingue e religioni diverse, consentendo che si sviluppassero affinità e relazioni tra vicini nell’ambito locale.

Le dominazioni straniere si sono sempre scontrate con la spinta all’autodeterminazione, dalle guerre balcaniche alla resistenza contro l’oppressore nazista, culminando nella formazione degli stati nazionali. È proprio in questo contesto che nasce il termine “balcanizzazione”, poiché alla fine della prima guerra mondiale le potenze europee divisero il territorio in modo arbitrario, tracciando confini che non sempre rispettavano la complessa composizione etnica della regione. Con la caduta degli imperi multietnici asburgico e ottomano, che avevano garantito un ordinamento spaziale fino a quel momento, il Sudest europeo si trovò ad affrontare una condizione di instabilità politica ed economica che ha caratterizzato le vicende storiche del Novecento e che ha lasciato spazio ai nazionalismi che faranno scoppiare conflitti come quello bosniaco, in cui popoli abituati a convivere in pace si scontrarono nella guerra più violenta che il continente europeo abbia mai conosciuto dal dopoguerra.

 

Ritorno all’Europa

In un’epoca in cui nei Balcani gli etno-nazionalismi continuano a crescere in maniera eccessiva, ritrovare un collegamento con l’Europa rappresenta un’importante sfida per i Paesi balcanici. Un presupposto essenziale per la prospettiva di un futuro non più segnato da guerre e divisioni è la disponibilità a riconciliarsi con i vicini e a cercare una nuova forma di collaborazione che superi il problema dei confini.

L’Europa, dal canto suo, deve onorare una sorta di debito storico nei confronti di un nuovo ordinamento ancora mancante nella zona di crisi del Sudest europeo. Dal 1999, anno del Patto di stabilità per il Sudest europeo, sono stati fatti numerosi progressi nel percorso di integrazione e alcuni Paesi sono entrati a far parte dell’Unione Europea (Ungheria e Slovenia nel 2004, Bulgaria e Romania nel 2007, Croazia nel 2013).

Alla luce di quanto detto finora, possono i Balcani essere considerati parte integranti del panorama culturale europeo? Come abbiamo accennato all’inizio, nell’opinione pubblica essi ancora rappresentano una problematica crisi regionale e alcuni politici europei mettono in guardia da un’eccessiva espansione per timore di uno “scontro di culture”. Eppure l’Europa non può più sottrarsi alle responsabilità di una storia comune ed è diventato impossibile negare che essa ha sostenuto un ruolo di “potenza protettrice” sin dalle guerre turche fino alla risoluzione della Questione d’Oriente e alla creazione degli stati nazionali. Inoltre, è da ricordare gli stati europei in passato si sono presentati in veste di acquirenti, sfruttando l’area economica sudorientale a proprio favore. Non resta che sperare che l’Unione Europea e i Balcani vincano la sfida dell’integrazione in un’identità europea che tenga conto delle proprie diversità culturali, senza rinnegare il passato.

 

 

 

Fonti e approfondimenti

Franzinetti, Guido. Balcani: 1878-2001. Roma: Carocci (2001).

Hösch, Edgar. Storia dei Paesi balcanici. Torino: Giulio Einaudi editore (2005).

Hösch, Edgar. Storia dei Balcani. Bologna: Il Mulino (2006).

Glenny, Misha. The Balkans (1804-2012). London: Granta Publications, 2012.

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