Uganda: dalla caduta di Obote ai problemi di oggi

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

L’Uganda ha sofferto a lungo di tensioni interne ed è stata ripetutamente soggetta a rovesciamenti di governo culminati nella presa di potere e l’autoproclamazione di Yoweri Museveni nel 1986. Indicato negli anni Novanta dal presidente USA Bill Clinton come l’esponente di una nuova leadership più pragmatica e affidabile, proveniente dal cosiddetto ‘Rinascimento africano’, Museveni ha accresciuto negli anni il suo potere e la sua influenza.

 

Dal 1986 ad oggi

La storia dello stato ugandese è strettamente connessa alla politica e alla vita di Museveni che governa indisturbato da oltre trent’anni. L’attuale leader ugandese aveva combattuto nell’esercito di liberazione nazionale contro i vari dittatori dell’epoca. Nel 1985 un nuovo golpe guidato da Tito Okello portò alla sospensione immediata della costituzione.

Nel frattempo, gli oppositori del governo di Okello si organizzarono nell’Esercito di Resistenza Nazionale (NRA), guadagnando prima la parte sud-occidentale del paese per poi giungere progressivamente ad assumere il controllo dell’intera nazione. La capitale Kampala fu conquistata il 25 gennaio 1986. Nello stesso anno il comandante dell’NRA Yoweri Museveni, a capo del Movimento di resistenza nazionale (NRM), fu proclamato presidente della repubblica, mentre le truppe fedeli a Okello proseguirono la guerra civile ancora per tutto il 1987. Nel 1988 si tennero le elezioni indirette per il Consiglio di Resistenza Nazionale (NRC), nuovo organo di governo creato da Museveni; il lento e difficile processo di normalizzazione portò nel marzo 1994 all’elezione di un’assemblea costituente, nonostante il permanere delle contrapposizioni etniche. La nuova costituzione, varata nel 1995, rinviò di cinque anni l’introduzione del multipartitismo.

Museveni, vinte le elezioni presidenziali del 1996 – e riconfermato in quelle successive del 2001, del 2006, del 2011 e del 2016 – con una forte maggioranza, favorì lo sviluppo del paese con un indirizzo liberista che contrastava con il carattere tendenzialmente autoritario del regime politico.

Le elezioni presidenziali del 1996 furono le prime elezioni democratiche della storia dell’Uganda: durante il suo primo mandato, dal 1996 al 2001, Museveni riuscì a guadagnarsi il rispetto nazionale e internazionale per aver migliorato le condizioni economiche dei cittadini e per aver stabilizzato un paese che poteva essere definito “caotico”. Realizzò un’efficace campagna di lotta all’AIDS e si impegnò per migliorare la condizione delle donne, nominando proprio una donna come sua vicepresidente. A partire dal secondo mandato, però, la sua presidenza ebbe una svolta repressiva e autoritaria. Nel 2005 Museveni fece approvare una legge che aboliva il numero massimo di mandati previsti per la carica di Presidente della Repubblica, consentendogli di ricandidarsi potenzialmente a vita.

Ad oggi, la forma istituzionale e la qualità della democrazia ugandese risentono profondamente della travagliata storia del paese. Fino al 2006 Museveni ha vietato la formazione di partiti politici di opposizione, sostenendo che la competizione tra partiti avrebbe favorito il dilagare delle tensioni etniche. In generale, l’Uganda post-indipendenza è stato caratterizzato da una sequenza di conflitti, sia all’interno del governo, sia tra il Nord e il Sud del paese, che rivendicavano diritti e interessi contrapposti.

Nel 2006, a causa soprattutto della pressione dei donatori internazionali, è stata approvata una nuova legge elettorale, che ha reso possibile formare partiti di opposizione. La presa di coscienza dei partiti di opposizione ha portato nel corso del 2015 alla creazione  dell’Alleanza Democratica (TDA), un raggruppamento eterogeneo di formazioni politiche unite dalla comune opposizione all’NRM. Tra i principali esponenti della TDA vi sono Kizza Besigye, oppositore di lungo corso di Museveni, e Amama Mbabazi, ex segretario generale dell’NRM, che ha abbandonato il partito dopo il fallimento del tentativo di farsi eleggere leader dello stesso.

Nel 2016 Yoweri Museveni, ha vinto  per l’ennesima volta le elezioni presidenziali . La commissione elettorale ugandese ha detto che Museveni ha ottenuto il 60,75 per cento dei voti, mentre il candidato arrivato secondo, Kizza Besigye, si è fermato al 35 per cento. Diversi esponenti dell’opposizione, tra cui lo stesso Besigye, hanno accusato Museveni di brogli elettorali e hanno chiesto alla comunità internazionale di non riconoscere come regolare la vittoria di Museveni.

Sebbene dal punto di vista costituzionale siano garantite le libertà politiche, di associazione e di espressione, di fatto il Paese sembra avviato verso un sostanziale autoritarismo. Quantomeno, sembra che l’NRM abbia ormai una posizione dominante nella competizione elettorale ugandese e questo rende quasi impossibile organizzare un’opposizione credibile e competitiva.

 

Le fonti di instabilità

Due sono le principali fonti di instabilità nella regione. Da una parte, l’Uganda confina con alcuni degli stati che, ormai da decenni, attraversano – o hanno attraversato – situazioni di violentissimo conflitto civile come il Sudan, la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda.

In particolare, l’Uganda è stato direttamente coinvolto nelle vicende ruandesi degli anni Novanta: il capo dell’intelligence militare dell’esercito ugandese, Paul Kagame, di etnia tutsi, rifugiatosi in Uganda nel 1960, è stato il leader militare e politico del Rwandan Patriotic Front che nel 1994 è partito dall’Uganda per fermare il genocidio in corso e ha poi assunto il ruolo di presidente, che riveste ancora oggi.

Nel 1998, l’Uganda ha invaso la Repubblica Democratica del Congo attraverso un’operazione militare lanciata di concerto con il Ruanda. Sebbene l’obiettivo iniziale fosse arginare le incursioni delle milizie hutu rifugiatesi in Congo dopo il genocidio, lo scontro assunse ben presto contorni più ampi e inglobò la possibilità di indebolire e controllare il grande vicino regionale. La Seconda guerra del Congo ha ben presto rovinato le relazioni tra Uganda e Ruanda, che si sono reciprocamente accusate di dare rifugio a dissidenti e destabilizzatori fino al 2006, anno in cui è ripreso un rapporto privilegiato tra Kampala e Kigali.

A livello regionale, le relazioni con il Sudan sono sempre state complicate dal reciproco appoggio che Uganda e Sudan hanno dato ai movimenti ribelli. Negli ultimi anni, la proclamazione d’indipendenza del Sud Sudan ha cambiato gli equilibri geopolitici della zona, modificando i rapporti tra il nuovo stato, l’Uganda e il Sudan. Uno delle principali fonti di instabilità tra Sudan e Uganda è il Lord’s Resistance Army (LRA) guidato da Joseph Kony  (di cui parleremo in seguito).

Risultano, invece, molto più stabili e consolidate le relazioni con la Tanzania e il Kenya: nel gennaio del 2005 è entrato in vigore, all’interno dell’East African Community (EAC), l’accordo che stabilisce la creazione di un’unione doganale che coinvolge i tre paesi. L’accordo, esteso a Ruanda e Burundi, ha portato nel 2010 alla creazione del mercato comune dell’EAC.

Una seconda fonte di instabilità è rappresentata dalla minaccia terroristica che ha recentemente interessato l’Uganda, come conseguenza del suo coinvolgimento nella missione AMISON (African Union Mission in Somalia) contro il gruppo islamista al-Shabaab. L’attacco terroristico a Kampala del Luglio 2010, durante la finale dei Mondiali di calcio, ha causato 64 morti e 71 feriti. L’esplosione è stata rivendicata proprio dal gruppo somalo. Nell’ottobre 2013, fonti dell’intelligence statunitense hanno messo in guardia Kampala dal rischio di un ulteriore attacco terroristico; l’allarme, rinnovato nel corso del 2014 e del 2015, non sembrerebbe ancora rientrato.

 

Il Nord

Merita un discorso a parte la situazione a Nord del Paese. Per 20 anni l’Uganda settentrionale è stata al centro di una delle più terribili guerre civili dell’Africa, causato dal gruppo ribelle dell’Esercito di Resistenza del Signore (LRA – Lord’s Resistance Army).  La guerriglia si intreccia con le vicende del Sudan. Infatti LRA fino al 2002 ha goduto del sostegno del governo di Khartoum in funzione antiugandese. Pertanto, intervenire sul conflitto dell’Uganda significa incidere anche su quello del Sudan. Fino al 2002 il Sudan è stato la base e lo sponsor dei ribelli.  A ogni modo è strano che uno degli eserciti più forti del Continente, che ha invaso l’ex Zaire per impossessarsi delle sue materie prime, non riesca ad avere la meglio sui guerriglieri. Secondo alcuni il governo non avrebbe alcuna intenzione di sconfiggere i miliziani che colpiscono etnie a esso tradizionalmente ostili. È da registrare, a ogni modo, in questi ultimi tempi l’intenzione dell’esercito ugandese di intervenire nel Sud Sudan in cui si troverebbero i campi della guerriglia.

Le operazioni militari, tuttavia, non hanno portato sicurezza nella zona che continua a essere messa a ferro e fuoco dai ribelli. Il governo ha dunque scelto l’opzione militare per sconfiggere i guerriglieri, ma su questo c’è da dubitare, visti gli insuccessi finora conseguiti. Il 6 ottobre 2005 la Corte Penale Internazionale ha accusato i leader dello LRA di crimini contro l’umanità, per aver perpetrato stupri, violenze, omicidi, abusi su minori, utilizzo di bambini soldato, mutilazioni. Si ritiene che Joseph Kony abbia rapito 20.000 bambini, per tenerli come schiavi sessuali o soldati dei capi ribelli.

Il 12 novembre 2006 il capo dello LRA ha incontrato un emissario dell’ONU e ha dichiarato di non avere rapito bambini. Nonostante ciò, a fine 2008, al riscoppiare del conflitto del Kivu, l’Esercito di Resistenza del Signore si è alleato con i ribelli di Laurent Nkunda, e, valicando il confine, ha iniziato a perpetrare le stesse violenze e razzie contro la popolazione civile intorno a Goma. La guerra civile in Uganda dal 1987 ha portato alla morte di 20.000 persone.

Il susseguirsi di guerre, di politiche autoritarie e di problemi sociali ormai decennali, quali l’Aids e la redistribuzione delle terre, ha segnato profondamente la storia di questo Paese, che rimane comunque un potenziale leader della regione. Servirà tempo e pazienza affinchè l’Uganda possa debellare le tensioni interne ed esterne.

 

Fonti e Approfondimenti

https://www.loc.gov/resource/frdcstdy.ugandacountrystu00byrn_0/?q=uganda&st=gallery

https://www.africaportal.org/publications/ijr-uganda-country-profile/

https://freedomhouse.org/report/freedom-world/2016/uganda

http://ottawa.mofa.go.ug/data-smenu-11-Political-History-of-Uganda.html

http://www.africanews.com/2017/09/02/uganda-s-museveni-says-ruling-for-a-short-time-bad-for-africa/

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