Partito Comunista Cinese: il Congresso sotterraneo

Si apre il 18 ottobre 2017 il 19° Congresso del Partito Comunista Cinese. Questo Congresso viene tenuto ogni cinque anni e per questo rappresenta un evento di cruciale importanza all’interno della politica cinese. Il partito più grande del mondo è quindi chiamato a scegliere:

  • Il Segretario Generale, attualmente Xi Jinping
  • I membri del Politburo permanente, attualmente sette
  • I membri del Politubro, attualmente 25
  • I membri del Comitato Centrale, attualmente 200 (con 150 membri “di riserva” pronti a subentrare ai 200 in carica)

Ovviamente tutti gli occhi sono puntati sul Segretario Generale perché leader incontrastato del Partito e, per consuetudine, anche leader supremo dello Stato. E’ necessario ricordare che il Partito e lo Stato siano due cose divise, nonostante sia molto difficile (e a volte impossibile) separare i due campi. 

Accenni di leadership assoluta

Xi Jinping è Segretario Generale del Partito Comunista Cinese e anche Presidente della Repubblica Popolare Cinese. Così come è anche Presidente della Commissione Militare Centrale, l’organo (statale e partitico) più importante che gestisce tutto quello che riguarda l’esercito cinese (letteralmente Esercito di Liberazione del Popolo). Xi Jinping è anche il leader di 6 dei 9 Leading Groups attualmente attivi in Cina. Questi gruppi sono uno dei tanti cuori pulsanti decisionali della politica del colosso asiatico. Esserne a capo significa avere potere quasi incontrastato su quella materia, dove l’unico veto che può essere messo al leader del Leading Group è la decisione diversa presa dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese. 

Xi Jinping si è distinto dal suo predecessore Hu Jintao per aver guidato in estrema solitudine il Paese negli ultimi cinque anni. Il Primo Ministro Li Keqiang non ha avuto il peso che Wen Jiabao ebbe durante la presidenza Hu. Li Keqiang potrebbe far tornare alla consuetudine il Paese dopo dieci anni ininterrotti in cui Wen è stato il braccio destro del Presidente della Repubblica Popolare Cinese. Un evento che non si verificava dalla fine degli anni 80, gli anni di Piazza Tiananmen e della necessità di ritornare a una stabilità che sembrava sgretolarsi sotto i carri armati dell’esercito in 4 giugno 1989.

La guida di Xi ha portato il Paese ad adempiere ai propri obiettivi e forse ad andare anche oltre. Quando si parla di politica cinese c’è la necessità di tener conto di cinque obiettivi cardine che ogni amministrazione deve mantenere. Esse riguardano l’unità dello Stato e quindi Hong Kong, Taiwan, Tibet e Xinjiang, le isole contese del Mare del Sud, le isole Senkaku/Diaoyu, i territori contesi dell’Arunachal Pradesh.

La risposta di Xi è stata ben chiara in tutti questi campi: l’amministrazione dura contro il movimento degli ombrelli ad Hong Kong, il cui ultimo atto è stato l’incarcerazione di Joshua, il ragazzo-leader del movimento. La forte risposta di diplomazia internazionale contro Taiwan, dovuta a un governo separatista, ha visto stringere il già piccolo numero di Stati che riconoscevano Taiwan come Stato legittimo. La questione del Mare del Sud è stata arginata con l’inganno del diritto internazionale che ha visto la creazione di isole artificiali all’interno dell’arcipelago delle Spratly. In questo modo le miglia nautiche sancite dal diritto internazionale legittimano la potenza cinese all’interno della regione. Il sistema A2/AD sulle isole Diaoyu, installato pochi giorni dopo l’elezione di Xi come nuovo Segretario Generale, ha sancito l’impossibilità da parte di altri Stati di attraversare le acque dell’arcipelago senza avere il lasciapassare da parte di Pechino. In caso contrario l’esercito cinese può sparare sul'”intruso”. I territori contesi con l’India anche sono stati amministrati attraverso la forza militare e l’India ha deciso di non forzare la mano, per ora.

Le lotte interne

Non è necessario quindi parlare di Xi Jinping, dei suoi traguardi e dei suoi fallimenti quando si spiega questo Congresso. La sua riconferma è data per scontata, nessun leader prima di lui è stato in carica per meno di dieci anni e la sua leadership è ben solida. Le speculazioni fatte fino ad ora sono riguardanti la sua possibile riconferma tra altri cinque anni, ma questo porterebbe l’analisi fuori strada. Quello che bisogna comprendere è che il Partito Comunista Cinese non è monolitico, ovvero non ha una sola ideologia, ed è composto da milioni di individui. In tutti i gradi della piramide del potere le correnti e le frizioni esistono e sono vive.

La lotta alla corruzione che Xi sta portando avanti è utilizzata sicuramente come arma contro i suoi oppositori, ma è anche facilitata dal DNA della politica e dell’economia del Paese: gli accordi sotterranei, l’avanzamento di carriera grazie a regole non scritte e l’aiuto reciproco per difendersi da qualsiasi attacco, sono alcune delle basi su cui il sistema si regge. E il metodo di Wang Qishan, Segretario della Commissione Centrale per l’Anticorruzione e membro del Politburo Permanente, è semplicemente quello di leggere il carattere del proprio popolo e utilizzare gli strumenti (quasi infiniti) dati da Xi Jinping per disegnare un contrasto alla corruzione che possa corrispondere anche alla stabilità di sistema.

All’interno di questo labirinto insanguinato c’è da sottolineare che esistono 4 grandi correnti all’interno del Partito:

  • La corrente di Xi Jinping
  • La corrente di Hu Jintao
  • La corrente di Jiang Zemin
  • La corrente degli indipendenti

La forza della prime tre correnti è determinata dall’anzianità del capo-corrente. Più l’ex Presidente è anziano, più la corrente è debole. Ma più il leader è giovane, più la mancanza di esperienza può portare minacce e destabilizzazione. La corrente degli indipendenti è più difficile da decifrare perché non ha strutture definite per poterla descrivere, quindi ci concentreremo solo sulle prime tre correnti, ovvero le principali.

Hu Jintao, Presidente e Segretario Generale prima di Xi, gioca un ruolo ben definito all’interno di questo puzzle. Con i suoi 10 anni in più rispetto al suo successore ha ancora molta forza decisionale, dalla sua corrente proviene Li Keqiang (l’attuale premier), nonché uno dei personaggi che hanno più possibilità di giocarsi un ruolo nel futuro della Cina: Hu Chunhua. Attualmente membro del Politburo, segretario generale della Provincia del Guandong (una delle Province più fiorenti della Cina economica), apprezzato e disprezzato da Xi Jinping potrebbe essere eletto nel Politburo Permanente e giocarsi le sue ultime carte. L’altro volto che potremmo, molto probabilmente, trovare nel nuovo Politburo Permanente sarà Wang Yang. Anche lui appartenente alla corrente di Hu Jintao e attualmente vice Primo Ministro.

La corrente dell’ultra novantenne Jiang Zemin attualmente è quella quantitativamente più forte all’interno del Politburo Permanente ma è anche quella che più facilmente verrà rimpiazzata nel 19° Congresso. Da una parte la loro età non gli permette di rimanere in carica (la Costituzione impone il ritiro a 69 anni), dall’altra parte la leadership di Jiang è andata ad affievolirsi con l’età. Jiang non ha più nessuno in grado di ambire a una posizione importante all’interno delle gerarchie di potere: l’uomo che, fino all’ultimo congresso, ha portato i concetti di classe media e di globalizzazione all’interno della Cina, è oggi relegato ai libri di storia.

All’interno di questo panorama è inoltre necessario ricordare che la corrente di Xi si sta ampliando a vista, questo provocherà probabilmente una lotta interna alla fazione capeggiata da Xi. Il Politburo Permanente nel prossimo futuro potrà essere popolato da tutti membri della stessa corrente, ma nel caso questo non succedesse (come sembra) quello che più probabilmente avverrà sarà una resa dei conti per decidere quali saranno i 6 eletti per guidare il Paese più popolato al mondo. Dal sindaco di Shanghai, al Segretario di Partito di Chongqing, passando per il Capo Generale del Comitato Centrale e per il Capo del Partito di Pechino. Chi sarà a decidere se la Cina è davvero così forte da poter ribaltare il sistema internazionale?

 

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.economist.com/news/leaders/21730144-do-not-expect-mr-xi-change-china-or-world-better-xi-jinping-has-more-clout?fsrc=scn/fb/te/bl/ed/chinasxijinpinghasmorecloutthandonaldtrumptheworldshouldbewary

https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2017/10/12/xi-jinping-congresso

The Economist “Life and Should of the Party”, v. 425 n.9062, pp 18-20

Nikkei Asian Review “Weeding Out the Rivals”, aug. 7-13 2017, n. 189, pp. 32-35

Nikkei Asian Review “In For the Long Haul”, Oct. 2-8 2017, n. 196, pp.10-19

Zhao, S. “Chinese Foreign Policy as a Rising Power to find its Rightful Place”, Perceptions, Spring 2013, v. XVIII, N.1, pp. 101-128

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