PESCO: l’accordo sulla difesa che aspettavamo

Lo scorso 13 novembre la Cooperazione Strutturata Permanente in Materia di Difesa (PESCO), fino ad oggi chiamata “la bella addormentata del Trattato di Lisbona”, è stata finalmente svegliata. Infatti 23 paesi su 28 hanno notificato a Federica Mogherini la loro volontà di aderire all’accordo di cooperazione.


Prevista dal TUE ma rimessa nell’attuazione agli Stati, la neonata PESCO rappresenta un atto importante: si apre infatti ora un discorso riguardante non solamente la difesa in senso stretto ma anche e soprattutto l’ottimizzazione delle spese, l’armonizzazione dei sistemi d’arma utilizzati, i rapporti con la NATO e la sicurezza in nuovi settori, come quello cibernetico.
A spingere verso questa decisione hanno indubbiamente contribuito alcuni eventi. Se è vero che la Brexit ha privato l’UE di una potenza militare (rimane ora solo la Francia) è altrettanto vero che il veto britannico era uno dei principali motivi per il quale il progetto non era riuscito storicamente a decollare.
L’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha inoltre comportato un mutamento di prospettiva riguardo la difesa europea, facendo progressivamente maturare una consapevolezza del bisogno di maggior autosufficienza sotto questo settore ai partner europei.

Situazioni in surriscaldamento, tensioni internazionali, apparati statali fragili e guerre lambiscono l’UE dal Mar Bianco al Mediterraneo. Una scelta come quella dell’avvio di una maggiore cooperazione, in vista di progetti ancora più ambiziosi per il lungo periodo, può sembrare naturale ma le visioni sono ancora poco concordi sugli obiettivi di lungo periodo. I disaccordi restano sia sul profilo da dare al progetto che sul suo rapporto con il tradizionale ombrello europeo dell’alleanza atlantica.

Il quadro giuridico dal quale nasce la PESCO

Il trattato di Lisbona ha introdotto la possibilità di rafforzare la reciproca collaborazione nel settore militare, creando una cooperazione strutturata permanente (articolo 42, paragrafi 6 e 46, del trattato sull’Unione europea o TUE).
A tale scopo, i paesi dell’UE interessati dovranno soddisfare alcune condizioni ed impegnarsi nel conseguimento di alcuni obiettivi previste dal protocollo n. 10 allegato al trattato, in particolare:

Sviluppare capacità di difesa in maniera intensiva mediante lo sviluppo di contributi nazionali
• Partecipare a forze multinazionali, ai principali programmi europei di equipaggiamento e all’attività dell’Agenzia europea di difesa nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell’acquisizione e degli armamenti
Ravvicinare i loro strumenti di difesa, in particolare armonizzando l’identificazione dei bisogni militari, mettendo in comune e specializzando i loro mezzi e capacità di difesa, nonché promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica
Partecipare allo sviluppo di programmi comuni europei di equipaggiamenti di vasta portata nel quadro dell’Agenzia europea per la difesa.

Quali sono state la novità nel dare il via alla PESCO?

A segnare il pregio di questa iniziativa c’è soprattutto il suo carattere istituzionale, che tradotto significa impegni vincolanti e non semplici prese di posizione, a cui troppe volte avevamo assistito.
Attuare le disposizioni del trattato, inoltre, implica l’esistenza di meccanismi di verifica degli impegni presi e la possibilità di escludere dal “club PESCO” gli Stati che non rispettino i requisiti fissati.

 

Un altro punto di forza è sempre collegato al carattere istituzionale dell’iniziativa, la PESCO si andrà ad integrare con le istituzioni UE già operanti nella politica estera e di difesa:

L’Alto Rappresentante e vice-presidente sarà pienamente coinvolto, anche con la responsabilità della valutazione annuale sull’andamento della Pesco.
La European Defence Agency (Eda), il Servizio europeo di azione esterna (Seae), lo EU Military Committee – quest’ultimo presieduto dal 2018 dall’attuale capo di Stato Maggiore della difesa italiana Claudio Graziano – faranno da segretariato alla Pesco.
Il Comitato Politico e di Sicurezza ed il Consiglio Europeo si riuniranno anche in “formato PESCO”.

Il rischio del non ancoraggio al quadro delle istituzioni UE sarebbe stato altrimenti quello di veder sfumare, come spesso è avvenuto, l’iniziativa al mancare delle circostanze politiche favorevoli.

La PESCO dovrà essere strettamente legata anche agli importanti progetti promossi dalle istituzioni alle quali sarà collegata. Nello specifico parliamo di coordinamenti, strategie ma, soprattutto, di fondi.

 

Da un lato la Coordinated annual Review of Defence (CARD), ovvero il meccanismo di coordinamento tra i ministri della Difesa Ue per la pianificazione delle capacità militari nazionali, previsto dalla EU Global Strategy. Tale coordinamento verrà attuato nel 2018 con il sostegno dell’Eda.
Dall’altro lo European Defence Fund (EDF), lanciato dalla Commissione europea alla fine del 2016 per finanziare la ricerca in ambito militare all’interno dell’UE, per la prima volta nella storia dell’Unione, e per co-finanziare i progetti cooperativi di sviluppo e acquisizione di equipaggiamenti che vedono la partecipazione di almeno due Stati membri.

 

L’effetto congiunto dei fondi UE, del coordinamento ministeriale in ambito EDA e della spinta istituzionale e politica PESCO, rappresenta davvero un nuovo e fattibile percorso verso la difesa europea. L’articolazione del Rapporto annuale comune sulla difesa (CARD), della PESCO e del Fondo europeo di difesa (EDF) sarà determinante: mentre il CARD identificherà i gap di forze e capacità a livello dell’Unione e mentre l’EDF sosterrà i progetti tesi a colmare tali disparità, la Pesco sarà il fondamento politico del triangolo.
Essa fornirà un orientamento per attivare un approccio coordinato alle altre due iniziative; dal suo successo dipenderanno i risultati reali di ogni progetto.

Verso il lancio ufficale: attuazione nazionale e progetti da sviluppare

Un percorso come questo necessita però di altri passi concreti per realizzarsi. I prossimi step saranno, insieme al lancio ufficiale l’11 dicembre, l’elaborazione dei piani nazionali di attuazione della PESCO e il conseguente avvio di progetti congiunti per lo sviluppo di nuove capacità militari e/o la messa a sistema di quelle esistenti.

Sarà cruciale nei prossimi sviluppi far sì che la PESCO non si limiti a un sistema frammentato, che si riduca a un contenitore di diversi progetti portati avanti singolarmente dai vari stati, o da piccoli gruppi. Una riposta del genere non sarebbe sufficiente alla crescente ed unitaria domanda dei cittadini europei per maggiore sicurezza, che solo a livello aggregato può essere garantita.

 

Fonti ed approfondimenti:

http://www.affarinternazionali.it/2017/11/ue-difesa-pesco-parte/

http://www.affarinternazionali.it/2017/10/ue-brexit-europa-difesa/

https://eeas.europa.eu/headquarters/headquarters-Homepage/34226/permanent-structured-cooperation-pesco-factsheet_en

https://www.politico.eu/article/eu-leaders-launch-historic-plan-for-joint-military-force/

http://formiche.net/2017/11/13/pesco-difesa-ue/

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