Quando il fascismo si riscopre a Varsavia

estrema destra
Adrian Grycuk - Wikimedia Commons - CC BY-SA 3.0 PL

L’11 novembre, giorno dell’indipendenza polacca, si è trasformato da qualche anno a questa parte in un raduno europeo di radicali e nazionalisti di estrema destra. Questa tendenza, iniziata nel 2009, ha toccato il suo apice nel 2017, quando si è tenuto il più grande raduno di suprematisti bianchi e neo-fascisti degli ultimi tempi.

Il giorno dell’indipendenza polacca

L’11 novembre è un giorno fondamentale per la popolazione polacca. È il giorno dell’Indipendenza; simboleggia e ricorda la ricreazione dello stato polacco nel 1918, dopo 123 anni di dominazione straniera. Questa risale al XVIII secolo quando, data l’arretratezza istituzionale – che faceva sì che la Polonia non fosse percepita come parte della grande “famiglia” dei moderni stati-nazione europei – i tre imperi russo, austriaco e tedesco-prussiano ne spartirono il territorio, incorporandolo nei propri possedimenti. Molti elementi culturali, come il mito della resistenza o la chiamata alla lotta onnipresente nel Romanticismo polacco, spingono la popolazione a rispettare questo giorno con un patriottismo probabilmente sconosciuto a molte altre nazioni europee. Forse a causa di questo sentimento così radicato, il Giorno dell’Indipendenza polacca ospita ormai da anni manifestazioni su larga scala di elementi politici nazionalisti e di estrema destra, che approfittano dell’occasione per dimostrare la loro visione radicale sulle grandi questioni europee. Tale visione ha, come punti cardine, un’ostilità più o meno totale nei confronti dell’Unione Europea e un’aperta opposizione contro le recenti migrazioni dall’Africa settentrionale e dal Medio Oriente.

Il fulcro di questi movimenti dell’11 novembre è la cosiddetta “Marcia per l’Indipendenza”, nata nel 2009, e riproposta ogni anno, per iniziativa dei gruppi di estrema destra All-Polish Youth e National Radical Camp. La marcia prevede la partecipazione di un gran numero di simpatizzanti dell’estrema destra europea, e sin dalla sua origine ha visto episodi di violenza e vandalismo, nonché un generale incitamento all’odio xenofobo e contro le comunità LGBT. Quasi regolarmente, il centro di Varsavia ha visto scontri tra le frange più radicali dei due movimenti giovanili e i manifestanti legati al precedente governo liberale polacco, nonché un’onnipresenza della polizia che, in molti casi, è dovuta intervenire utilizzando manganelli, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. Il 2012 ed il 2013 sono stati gli anni peggiori, ed hanno visto rispettivamente 12 e 22 poliziotti feriti, con oltre un centinaio di estremisti arrestati e danni arrivati a quasi 120.000 zloty. Inoltre, nel 2013 i manifestanti sono arrivati a dar fuoco al “Tęcza”, una scultura dalla forma di arcobaleno che, sebbene non ufficialmente legata al movimento LGBT, è stata presa di mira per tale ragione.

A seguito di questi eventi, la Marcia è stata dichiarata illegale dalle autorità di Varsavia, ma ciò non è bastato: questa è stata comunque organizzata negli anni successivi, portando la fetta di popolazione più moderata ed una gran parte dei media a criticare la mancanza di serie contromisure prese dalla Piattaforma Civile di Donald Tusk – allora al governo in Polonia. Nonostante l’oggettiva inattività del governo, questo si era sempre dichiarato contrario alla violenza usata dai manifestanti e al messaggio ultra-nazionalistico di cui questi si facevano portavoce. Le cose sono drasticamente cambiate alla fine del 2015, quando i liberali di Tusk hanno subito una seria sconfitta elettorale da parte del partito populista e di estrema destra Prawo i Sprawiedliwość (PiS, Diritto e Giustizia), da allora al governo.

L’11 novembre del 2017

L’ascesa al potere del PiS ha lasciato molti osservatori europei amareggiati, dato che Varsavia si è unita, insieme all’Ungheria di Orbàn, ai cosiddetti enfants terribles dell’Unione Europea. Un cambiamento ancora più sorprendente, se si considera che la Polonia è indubbiamente il paese che più ha beneficiato dal suo ingresso nell’Unione nel 2004 – praticamente raddoppiando il suo prodotto interno lordo da allora – e che il problema migratorio, così osteggiato dai nazionalisti di destra, è quasi del tutto assente nel paese.

Il PiS è caratterizzato da un’efficace unione tra un nazionalismo-conservatorismo radicale di destra e un’anima sociale molto spiccata, che gli garantisce l’approvazione e il voto dell’ancora numerosa fetta più povera della popolazione. Date queste caratteristiche ed il suo preoccupante controllo sui media polacchi, il PiS può permettersi non solo di non osteggiare la Marcia per l’Indipendenza, ma di elogiarne pubblicamente lo spirito e gli obbiettivi. Ciò si è visto in occasione dell’ultima celebrazione dell’11 novembre, quando il Ministro degli Interni Mariusz Błaszczak ha definito l’impressionante raduno di 60.000 ultra-nazionalisti provenienti da tutta Europa come “una vista meravigliosa”.

Ciò diventa persino più preoccupante nel momento in cui si analizzano più nello specifico i toni della manifestazione. Questa non si è limitata ad essere espressione di quel nazionalismo propugnato da molti esponenti dei partiti populisti di tutta Europa, quello che vede l’abbandono dell’attuale progetto comunitario e del ritorno ad una “fratellanza di stati-nazione” completamente indipendenti l’uno dall’altro. Molti degli striscioni o dei cori si spingevano molto più in là di questo, inneggiando ad una “Polonia bianca, Polonia pura” e sostenendo che “L’Europa sarà bianca o disabitata”. Quello che gli esponenti del PiS hanno definito come una manifestazione di patrioti, interessati a difendere gli interessi della propria nazione, era in realtà un raduno di decine di migliaia di suprematisti bianchi, che non si sono posti il minimo scrupolo nell’usare retoriche e simboli nazisti, come svastiche, croci celtiche o la falanga, un simbolo risalente agli anni ’30.

La strumentalizzazione politica

Un aspetto peculiare della manifestazione è stata la quasi completa mancanza di violenza. Qualcosa di inatteso, considerato che il numero record di 60.000 è nettamente superiore alle cifre viste negli anni passati. Questo è dovuto al clima politico sotto il PiS di Kaczyński, apertamente amichevole nei confronti degli estremismi di destra. Consapevoli dell’appoggio e della benevolenza del governo, i partecipanti alla Marcia si sono trovati legittimati: non più pericolosi e violenti vandali come negli anni passati, ma parte di “una grande celebrazione di Polacchi”, come ha dichiarato il Ministro degli Esteri del PiS. Il partito di governo ha ufficialmente condannato le parole più estreme (su uno striscione capeggiava la scritta “Pregate per un olocausto per gli Islamici”), ma lo ha fatto in modo blando, lasciando passare la cosa in secondo piano. Senza contare che l’11 novembre degli scontri e degli arresti ci sono stati, ma dei 45 fermati nessuno faceva parte della Marcia – erano tutti manifestanti anti-fascisti.

Date queste condizioni, molti suprematisti ed estremisti di tutta Europa si sono recati a Varsavia per partecipare al raduno: da rappresentanti del Jobbik (il partito di estrema destra ungherese, una delle chiavi di volta delle posizioni di Orbàn) all’inglese Stephen Lennon, meglio conosciuto come Tommy Robinson, a numerosi altri provenienti da Svezia, Germania e Slovacchia. Non si è trattato dunque di una manifestazione a favore del PiS, ma di un vero e proprio incontro di fascisti e neo-nazisti. In molti hanno trovato preoccupante questo aspetto, sottolineando come, normalizzando eventi come questo, si corra il rischio di supportare il radicalismo e l’intolleranza all’interno del discorso politico.

Non a caso partiti come il PiS o il Fidesz ungherese sfruttano questi grandi raduni per legittimare la propria posizione di potere, per mostrare al mondo la propria base e il livello di supporto di cui godono in patria. Per fare questo non esitano a sfruttare gli estremisti come quelli presenti a Varsavia, sbiadendo la differenza tra questi ultimi e gli appartenenti alle normali destre conservatrici mainstream. Uno dei punti chiave è l’impronta paradossalmente pan-europea che Polonia e Ungheria vogliono dare, dimostrata dall’opposizione del governo alla presenza dello statunitense Richard Spencer. Lo scopo è il consolidamento del movimento internazionale contro l’Unione Europea e contro lo sgretolamento delle sovranità nazionali: obbiettivo che può essere condivisibile o meno, ma che non dovrebbe mai essere raggiunto riportando in auge immagini e concetti appartenenti al momento più buio della storia del continente europeo.

 

Fonti e approfondimenti

https://www.theatlantic.com/international/archive/2017/11/europe-far-right-populist-nazi-poland/524559/

https://www.theguardian.com/world/2017/nov/12/white-europe-60000-nationalists-march-on-polands-independence-day

https://www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2017/11/13/how-poland-became-a-breeding-ground-for-europes-far-right/

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