Balcani in pillole: Bulgaria

Uno dei primi paesi balcanici ad aderire all’Unione Europea, le radici della storia della Bulgaria affondano nel dominio ottomano e nella lotta per un’identità nazionale. Dagli anni ’90 il Paese è in forte crescita, grazie a una serie di riforme mirate alla trasformazione dello Stato dopo la lunga esperienza comunista. Nonostante ciò, molte sfide rimangono aperte: dipendenza energetica, corruzione e difficoltà nell’attrarre investimenti stranieri.

Popolazione: 7,101,510 abitanti
Superficie: 110,879 kmq
Densità di popolazione: 65.7 ab./kmq
Capitale: Sofia
Forma di governo: Repubblica parlamentare
Gruppi nazionali: bulgari 77%; turchi 8%; rom 4.4% (ufficialmente sottostimati, realmente raggiungono il 9-11%); altri 10.6%
Religioni diffuse: cristiani ortodossi 59.4%; musulmani 7.8%; altri 1.7%; nessuna 3.7%; non specificato 27.4%
Lingua ufficiale: bulgaro 76.8%
Altre lingue: turco 8.2%; rom 3.8%; altro 11.2%
Posizione rispetto all’UE: Paese membro dal 2007

Storia politica

Nel corso del XVIII secolo, il controllo dell’Impero ottomano sul territorio bulgaro iniziò a indebolirsi, lasciando spazio alla formazione di un’identità nazionale bulgara. Nella seconda metà dell’Ottocento, si delineò un percorso politico-diplomatico che porterà ad un progressivo distacco dal dominio ottomano. Con il Trattato di Santo Stefano (1878), al termine della guerra russo-turca, fu istituito un principato parzialmente autonomo sostenuto dalla Russia. Il successivo Trattato di Berlino (1878) limitò il territorio bulgaro alla sola provincia settentrionale, escludendo la Macedonia e la Rumelia orientale, quest’ultima riconquistata dal principato nel 1885.

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Nel 1908, Ferdinando di Sassonia-Coburgo-Gotha proclamò l’indipendenza del paese, assumendo il titolo di zar. Spinta dalle proprie ambizioni territoriali, la neonata Bulgaria decise di impegnarsi nelle guerre balcaniche del 1912-13 e nella prima guerra mondiale, al fianco degli imperi centrali. La sconfitta comportò un ridimensionamento dei confini e una crisi momentanea del potere monarchico. Negli anni seguenti, le due fazioni (i liberali e il partito contadino), si affrontarono aspramente al fine di determinare l’orientamento politico, economico e produttivo del paese.

La condizione di stallo, contraddistinta da una sterile conflittualità interna, favorì il colpo di stato della destra reazionaria nel 1923, che mise al vertice di un modello istituzionale fascista il re Boris III. Durante la seconda guerra mondiale, la Bulgaria si allineò alle posizioni della Germania nazista e si schierò al fianco dell’Asse. Nel corso del conflitto si sviluppò nel paese un movimento di resistenza popolare, guidato dai comunisti. Ciò si rivelò di fondamentale importanza, poiché nel 1944, quando l’Armata rossa occupò la Bulgaria, le truppe sovietiche decisero di affidare al movimento partigiano bulgaro la guida di un governo in stretta cooperazione con Mosca.

Il nuovo governo a maggioranza comunista guidato da Dimitrov finì per gravitare nell’orbita sovietica, dopo un iniziale tentativo di accordo politico con la Jugoslavia di Tito. Nel 1948, la Bulgaria completò la trasformazione da Stato monarchico in Repubblica popolare. L’intervento sovietico in politica interna fu consistente. Le purghe imposte da Stalin nei confronti della classe dirigente bulgara piegarono al volere di Mosca le decisioni istituzionali della neonata Repubblica. Di conseguenza, furono promossi piani quinquennali, l’entrata nel Comecon e la partecipazione al Patto di Varsavia.

Alla morte di Stalin, nel 1953, dalle file del partito comunista emerse una figura che si rivelerà centrale per la storia del Paese: Todor Zhivkov. Egli governerà la Bulgaria per i successivi trentacinque anni, fino al crollo del sistema di potere comunista a Sofia nel 1989. Durante questo lungo periodo, fu instaurato uno stretto sistema di controllo sociale sulla popolazione, con notevoli ripercussioni sulle libertà personali. Dal punto di vista economico, il paese attraversò dagli anni ’60 agli anni ’80 tre periodi: crescita, stagnazione, crisi. L’ortodossia di Zivkov impedì qualsiasi forma di apertura a riforme volte alla modifica di un sistema istituzionale sempre più rigido e meno governabile. L’orientamento riformatore intrapreso dall’URSS e il minore sostegno ricevuto da Mosca resero insostenibili le condizioni economiche di Sofia. Nel 1989, il dominio del Partito comunista terminò e con esso crollò anche la forma di governo adottata fino a quel momento.

Nel 1991 fu promulgata una nuova costituzione, introducendo il modello democratico occidentale e il libero mercato, segnando ufficialmente la rottura con il proprio passato. Tuttavia, il Partito socialista bulgaro raccolse molti degli elementi della nomenclatura comunista e riuscì ad imporsi alle prime libere elezioni pluripartitiche degli anni ’90, rimanendo al potere fino al 1996. Il partito fu sconfitto non solo a causa delle difficoltà create dalle riforme economiche da adottare, ma anche dagli scontri interni al partito tra conservatori e riformisti.

Nel 1997, la coalizione di destra denominata Unione delle forze democratiche assunse la guida del paese, dando inizio ad un ciclo di misure economiche liberiste e da un’alleanza sempre più stretta con Washington e Bruxelles. Nel quinquennio 2001-2005, Simeone II (erede al trono in esilio) fece ritorno a capo dell’esecutivo, dopo aver vinto le elezioni con il Movimento nazionale Simeone II. Egli adottò una strategia simile al governo precedente, completando l’entrata nella NATO nel 2004, inviando truppe in Iraq in sostegno degli Stati Uniti e portando avanti il processo di integrazione europea.

Il Partito socialista riassunse il potere nel 2005 con Stanishev come leader, grazie ad un’alleanza con il Movimento dei diritti e delle libertà, della minoranza turca. Il nuovo esecutivo, però, scelse di non discostarsi dalle linee politiche dei precedenti governi e quindi confermò l’alleanza con gli USA e completò l’adesione all’Unione Europea nel 2007.

La forte crisi economica del 2008 ha creato un clima di instabilità politica che ha visto il susseguirsi di diversi governi e una nuova sconfitta dei socialisti, che solo recentemente sono riusciti a riconquistare la presidenza, mentre il Partito conservatore mantiene il controllo dell’esecutivo.

Prospetto economico

La Bulgaria è passata da un’economia pianificata durante l’era comunista a un’economia di mercato, che ha sperimentato una forte crescita. Nonostante ciò, il suo reddito procapite rimane uno dei più bassi dei paesi dell’Unione Europea. Infatti, la sua forte dipendenza dai capitali esteri e dall’importazione di energia rende il paese particolarmente sensibile alle fluttuazioni esterne del mercato.

Il governo ha intrapreso una serie di riforme economiche strutturali negli anni ’90, per trasformare l’economia da centralizzata e pianificata a un’economia di mercato. Queste riforme hanno incluso la privatizzazione di imprese statali, la liberalizzazione del commercio e il rafforzamento del sistema fiscale. Tali cambiamenti hanno inizialmente causato diverse difficoltà, ma successivamente sono stati in grado di attrarre investimenti, stimolare la crescita e gradualmente migliorare le condizioni di vita.
In seguito alla crisi finanziaria del 2008, il tasso di crescita del PIL è notevolmente diminuito, causando una contrazione della domanda, delle esportazioni, dei flussi di capitali e della produzione industriale, costringendo il governo a limitare le spese. Il tasso di crescita del PIL è rimasto intorno al 2% annuo (rispetto al 6% pre-crisi) fino al 2015, quando la domanda da parte altri paesi europei di beni di esportazione e i fondi europei per lo sviluppo hanno incrementato la crescita fino al 3%.
Recentemente, il basso prezzo dell’energia ha contributo alla crescita economica della Bulgaria e ha aiutato a contenere l’inflazione, ma nel 2017 il prezzo del gas è aumentato nuovamente e potrebbe far diminuire le prospettive di crescita. La Bulgaria è fortemente dipendente dalle esportazioni di energia dalla Russia, un potenziale elemento di vulnerabilità, e partecipa allo sforzo di diversificazione regionale di rifornimento di gas naturale, con il sostegno dell’Unione Europea.

Nonostante diversi tentativi per creare un favorevole sistema di investimenti, includendo basse tasse per le imprese, rimangono numerose sfide da affrontare. Tra queste troviamo la corruzione nella pubblica amministrazione, un sistema giudiziario debole, una bassa produttività, la presenza della criminalità organizzata che continua ad ostacolare il sistema di investimenti e le possibilità di crescita economica.

Componente etnico-religiosa

La Chiesa bulgara vide un periodo di autonomia riconosciuta da Roma e da Costantinopoli nel X secolo. Quando la Bulgaria perdette l’indipendenza, venne meno anche l’autonomia religiosa, che non fu riacquistata nemmeno con la dominazione turca. Solo nel 1870 il governo ottomano creò un esarcato bulgaro indipendente dal patriarcato ecumenico di Costantinopoli, che nel 1945 ha riconosciuto l’autocefalia della Chiesa bulgara. Dal 1951, a sottolineare il distacco dal patriarcato ecumenico, fu creato il Patriarcato di Bulgaria.

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Il lungo periodo sovietico vide l’accentuarsi della problematica etnica riguardante la minoranza turca. La sua presenza risale alla dominazione ottomana e Zivkov mobilitò la macchina propagandistica contro la popolazione turca sul territorio bulgaro, con la duplice finalità di distogliere l’attenzione dei cittadini delle precarie condizioni economiche e di tentare di uniformare il più possibile la popolazione di nazionalità bulgara dal punto di vista sociale e culturale. Nonostante una iniziale resistenza, circa 250.000 abitanti preferirono abbandonare il paese, riducendo la propria presenza all’8 percento della popolazione.

Bandiera

La bandiera della Bulgaria è composta da tre strisce orizzontali (bianca, verde e rossa). I colori richiamano quelli tradizionali del pan-slavismo (bianco, blu, rosso), ma il blu è stato sostituito dal verde, che rappresenta la Libertà.

Fonti e approfondimenti

World Bank Database

CIA Database

Privitera, Francesco (a cura di). Guida ai paesi dell’Europa centrale orientale e balcanica. Annuario politico-economico 2010. Bologna: Il Mulino (2011).

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