Mohammad bin Salman e il “Saudi Game of Thrones”

@Tasnim News Agency - Licenza Creative Commons (CC BY 4.0)

Nella notte del 4 novembre 2017, soprannominata da alcune testate nazionali e internazionali «la notte dei lunghi coltelli d’Arabia Saudita», è stata condotta una campagna di arresti che ha portato all’incarcerazione di undici principi sauditi, decine di ministri ed ex ministri, e alti ufficiali militari. L’artefice dell’operazione è stato il principe ereditario Mohammad bin Salman (MBS), a capo di una commissione anticorruzione costituita appena poche ore prima del fatto.

Uomini apparentemente intoccabili sono stati fermati e accusati in quello che risulta essere solo l’ultimo passo nella scalata al potere del giovanissimo principe. Nella lista spiccano i nomi di personalità influenti e uomini d’affari, come il principe Alwaleed bin Talal (tra gli altri azionario di Citygroup, Newscorp e Twitter), chi si era mostrato perplesso riguardo la decisione di quotare in borsa la società nazionale petrolifera Saudi Aramco, e addirittura il capo della Guardia Nazionale, un organo parallelo all’esercito.

L’operazione è stata motivata dalla volontà di combattere la corruzione e di punire chi si è indebitamente appropriato di fondi pubblici: giocando questa carta MBS ha incrementato la propria popolarità tra i giovani sauditi, il target principale delle sue iniziative politiche. Riuscire a diventare l’emblema e il simbolo di una nuova modernizzazione del regno dal punto di vista sociale e culturale – nonché economico: vedi Vision 2030costituirebbe un enorme successo sia per la stabilità della monarchia sul piano interno, sia per il prestigio da spendere a livello internazionale.

Game of Thobe 

Dopo che il padre è divenuto re nel 2015, MBS ha saputo conquistare una posizione di spicco sia a corte che all’estero, concentrando poco per volta il potere nelle proprie mani: dapprima emarginando molti principi e sostituendoli con propri yes-men, fino poi a soffiare la carica di principe ereditario al cugino Mohammad bin Nayef. Lo sdegno dei principi spodestati è cresciuto e infine esploso quando è stata annunciata la volontà di quotare la Saudi Aramco per il 5% del suo valore, che significherebbe lo scrutinio dei libri contabili della società, ponendo così fine a quel principio di assoluta segretezza nella gestione di cui i prìncipi hanno finora goduto.

Gli intrighi di palazzo non sono affar nuovo nella casa dei Saud, che conta ormai circa i 13.000 membri divisi in fazioni interne, di cui circa 2.000 ricoprono effettivamente posizioni politiche ed economiche di spicco.

Alla morte del fondatore del regno Abd al-Aziz nel 1953 si aprì un conflitto tra i suoi numerosi figli: l’erede designato, Saud, regnò fino al 1964 quando abdicò e gli succedette il fratellastro, re Faysal. Da quel momento il potere decisionale passò di fatto nelle mani del gruppo di fratelli che aveva appoggiato Faysal nella sua lotta per strappare la corona a Saud e in seguito la successione al trono vide l’ascesa dei membri di questa fazione: Khalid (1975-82), Fahd (1982-2005), Abdullah (2005-2015) e ora Salman. Nel frattempo, il gruppo ha sempre mantenuto cariche di potere all’interno del regno. Salman ne è però l’ultimo membro e, da quando è diventato re, ha fatto in modo di favorire uno dei suoi figli, appunto Mohammad bin Salman, con il quale, alla morte dell’attuale sovrano (che non gode di ottima salute), si passerà alla terza generazione di regnanti.

A fare da cornice a tutto ciò, il wahhabismo e il potere che ancora oggi le tribù esercitano all’interno della società saudita. Nella sua opera di modernizzazione del regno, MBS deve fare i conti con il rigorismo religioso promosso dal credo wahhabita, di cui peraltro i Saud stessi si sono avvalsi negli anni per la creazione di una identità nazionale che andasse oltre la tipica dinamica beduini-comunità stanziali.

Oggi il giovane principe ha l’ambizione di far tornare l’Arabia Saudita sulla via dell’islam moderato. Ha infatti dichiarato nell’ottobre scorso: «Stiamo ritornando a ciò che eravamo prima – uno stato islamico moderato aperto a tutte le religioni e al mondo»; questa affermazione implica la presa di coscienza che l’interpretazione wahhabita del credo islamico non solo manca di moderazione, ma non è nemmeno compatibile con lo sviluppo socioeconomico e le richieste delle nuove generazioni.

Wahhabismo e potere tribale

Con «ciò che eravamo prima» MBS fa riferimento alla società saudita pre-1979, anno in cui la Grande Moschea della Mecca venne presa da un gruppo di insorti mossi dalla volontà di rovesciare la casa dei Saud, accusata di corruzione e di aver assunto posizioni troppo pro-occidente. L’incidente costò la vita a centinaia di pellegrini, combattenti e membri delle forze di sicurezza; per tutta risposta, i Saud decisero di ritornare sui propri passi e archiviare le iniziative di modernizzazione del regno promosse da re Faysal per dare più potere alle autorità religiose, appoggiandole in pieno per una svolta conservatrice nella società.

Ma l’Arabia Saudita non divenne ultraconservatrice negli anni ’70: il wahhabismo era stato abbracciato dai Saud già nel XVIII secolo come potenziale fattore di coesione tra le tribù beduine nomadi. Abd al-Aziz, erede della famiglia Saud, nella sua opera di conquista della penisola arabica nei primi anni del ‘900, sfruttò le milizie formate dai giovani delle tribù beduine sedentarizzate nell’oasi del Nagd, indottrinate e addestrate sotto i vessilli del “vero islam”.

Nel 1932 Adb al-Aziz proclamò la nascita del regno dell’Arabia Saudita e inquadrò le milizie tribali beduine ritenute leali in unità paramilitari regolari convogliate poi nella Guardia Nazionale, che rimarrà un’influente forza di militanza religiosa (a capo della quale, da novembre, vi è MBS).

Per consolidare e legittimare il proprio regno, la famiglia reale sfruttò sia l’ideologia wahhabita che l’arma matrimoniale, in modo da non risultare solo un potente attore tribale ma anche la legittima casa mediatrice tra le maggiori tribù della penisola e custode dei luoghi sacri dell’islam. Ad esempio, la madre del terzo monarca, Faysal, proveniva dagli Saykh, discendenti del predicatore al-Wahhab.

Abd al-Aziz ebbe 22 mogli e un centinaio di figli. Nella costituzione dello stato alcune specifiche funzioni sono state riconosciute ad alcune tribù e ad alcune famiglie, di cui ricordiamo due tra le più degne di nota: la principale autorità religiosa è sempre provenuta dagli Saykh e la famiglia Sudayri, grazie al matrimonio del re con Hassa, è entrata a far parte della casa reale. Oggi i suoi membri figurano tra i consiglieri dei monarchi. I figli di questo matrimonio sono conosciuti come i “Sette Sudayri” e due di loro hanno ricoperto la carica di re: Fahd e l’attuale monarca Salman.

Il rivale nella regione

Altri due eventi hanno segnato il weekend del 4 novembre: l’annuncio delle dimissioni del primo ministro libanese Hariri e la distruzione dell’ennesimo missile lanciato dai ribelli Houthi dallo Yemen in direzione di Riyad. Tutto ciò ci riporta al contesto regionale nel quale l’Arabia Saudita è inserita: il wahhabismo, le influenze delle tribù e le mosse di politica interna sono collegate anche a fattori internazionali. La guerra fredda tra il regno e la Repubblica Islamica si fa sempre più calda: guerre per procura (Yemen fra tutti), crisi diplomatiche (Qatar) e costanti tensioni e accuse fanno sì che l’Iran continui a rimanere il nemico storico dell’Arabia Saudita, anche nelle parole del giovane e determinato Mohammad bin Salman.

[“thobe” (thawb) è il tipico indumento lungo fino alle caviglie indossato dagli uomini musulmani prevalentemente in Medio Oriente] 

 

Fonti e approfondimenti

http://www.limesonline.com/arresti-arabia-saudita-principi-ministri-sparatoria-texas-elezioni-sicilia-notizie-mondo-oggi-6-novembre/102728

Arresti in Arabia Saudita: resa dei conti in Medio Oriente?

https://www.foreignaffairs.com/articles/saudi-arabia/2015-02-02/saudi-arabias-game-thrones

http://www.limesonline.com/cartaceo/in-arabia-saudita-tribu-e-potere

http://www.aljazeera.com/indepth/opinion/mohammed-bin-salman-break-saudi-wahhabi-pact-180107091158729.html

 

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