Il reclutamento del terrorismo internazionale passa in Asia Centrale

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Lo scorso 31 ottobre, un uzbeco di 29 anni di nome Sayfullo Habibullaevic Saipov si è scagliato con il suo pick-up su una pista ciclabile di Manhattan, uccidendo otto persone e ferendone altre undici. Si è trattato del più grave caso di attacco terroristico nella città di New York dall’11 settembre del 2001. L’episodio, in quanto a metodi e movente (Saipov sembrerebbe essere stato reclutato dallo Stato Islamico), non presenta nulla di particolarmente inusuale, ma a catturare l’attenzione di media ed esperti, è stata piuttosto la provenienza geografica del perpetuatore dell’attentato, ossia l’Asia Centrale.

Sono sempre di più, infatti, i militanti dello Stato Islamico originari di questa Regione; Il 7 aprile del 2017, Rakhmat Akilov, anche egli originario dell’Uzbekistan, si è scontrato con il proprio camion sulla facciata di un negozio di Stoccolma uccidendo quattro pedoni. Nello stesso mese, un’esplosione nella metro di San Pietroburgo ha causato la morte di 10 persone e il ferimento di altre 50. In questo caso, l’attacco terroristico è stato effettuato da un uomo di nazionalità kirgica.

Tuttavia, la lista non si esaurisce qui; anche l’attentato del giugno del 2016 nell’aeroporto di Istanbul ha visto come protagonisti un uzbeco, un kirgico ed un russo. Allo stesso modo, il responsabile dell’attacco terroristico sempre ad Instabul del Capodanno 2017, in cui ben 39 persone hanno perso la vita nel locale notturno Reina, era di nazionalità uzbeca.

L’Asia Centrale sembra insomma essere diventata terreno fertile per la propaganda dello Stato Islamico. Tale tesi è avvallata dall’International Crisis Group, un organizzazione indipendnente specializzata nella prevenzione dei conflitti, la quale stima che tra i 2.000 e i 4.000 jihadisti provenienti dalla Regione si siano uniti ai ranghi del Califfato. Tra i Paesi di origine di questi militanti vi sono Kazakistan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, con buona parte dei fondamentalisti provenienti in particolare da quest’ultimo Paese. A questi Stati si agginge anche il gruppo etnico di ceppo Turco degli Uiguri, il quale costituisce la maggioranza della popolazione nella regione dello Xinjiang in Cina.

Le radici di questa situazione sono facilemente rintracciabili nella storia più recente di questi Paesi. In seguito al crollo dell’URSS nel 1991, le ex repubbliche socialiste dell’Asia Centrale si sono trovate a dover fare i conti con un rapido deterioramento della situzione economica, diffusa povertà e, più di ogni altra cosa, con il vuoto ideologico e di potere causato dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica. Di fatto, dove viene meno un’ideologia, spesso ne subentra repentinamente un’altra, e in Asia Centrale l’islam ha saputo sfruttare abilmente la lacuna lasciata dal comunismo.

Con un passato democratico a dir poco irrisorio, gli Stati dell’Asia Centrale si configurano come fragili repubbliche spesso inclini a svolte autoritarie, in cui la repressione e il disagio economico creano le condizioni adatte al redicalismo islamico. Sovente, i governi di questi Paesi hanno cercato di scoraggiare il radicalizzarsi della popolazione mussulmana tramite misure repressive, ottenendo nient’altro che un aumento del risentimento e delle tensioni.

Uzbekistan

L’Uzbekistan è un Paese a maggioranza mussulmana che ha ottenuto la propria indipendnza da Mosca, insieme alle altre repubbliche dell’Asia Centrale, nel 1991. Il gruppo estremista più potente che si trova all’interno del territorio uzbeco è il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (Islamic Movement of Uzbekistan – IMU). Per decenni, tale organizzazione ha condotto diversi attacchi e operazioni militari in Uzbekistan, Kirghizistan, Tajikistan, Pakistan e Afghanistan, costituendo uno degli ostacoli più grossi da superare per la fragile repubblica. L’IMU ha come obiettivo ultimo la creazione di un califfato dell’Asia Centrale al fianco dello Stato Islamico.

Il governo di Tashkent, in particlare sotto la guida dell’ormai deceduto Presidente Islam Karimov, aveva adottato una dura politica di repressione nei confronti dell’attivismo islamico, utilizzando il terrorismo come una scusa per aumentare il controllo statale sui media e arrestare dissidenti politici. I risulatati di una tale repressione sono stati ovviamente controproducenti, portando infatti ad una delegittimazione del governo centrale agli occhi della popolazione mussulmana.

Tuttavia, uno spiraglio di speranza si è aperto nel 2016 con l’insidiamento del nuovo Presidente Shavkat Miromonovich Mirziyoyev, il quale ha promesso un allentamento della morsa del governo ed un cambio di rotta  rispetto al pugno di ferro di Karimov.

Kyrgyzstan

Il reclutamento di jihadisit da parte dello Stato Islamico è uno dei maggiori problemi per il governo del Kyrgyzstan. Le stime sul numero effettivo di guerriglieri reclutati può variare, ma diversi rapporti sono concordi nel porre questo numero intorno ai 500 cittadini kirgichi.

Di questi guerriglieri che sono partiti per Siria ed Iraq, approssimativamente una quarantina sono rientrati nello stato dell’Asia centrale, destando la preoccupazione del governo di Bishkek, il quale adesso teme un intensificarsi delle attività di terrorismo sul proprio territorio.

A partire dal 2015, il governo ha attuato diverse operazioni di repressione e raid al fine di stroncare le cellule jihadiste nel Paese, ma il più grande pericolo rimane quello posto dal Movimento Islamico del Kyrgyzstan (Islamic Movement of Kyrgyzstan – IMK), il quale fornisce supporto a tutti i cittadini che ambiscono a combattere per lo Stato Islamico.

Tajikistan

Il Tajikistan si configura anche esso come un Paese a maggioranza mussulmana in cui il governo si vede costretto a far fronte ad un sempre maggiore radicalismo. Secondo le stime ufficiali, all’incirca 1.000 cittadini tajiki sono partiti per servire lo Stato Islamico.

Il Tajikistan era in precedenza il solo Stato dell’Asia Centrale in cui l’Islam era rappresentato politicamente. Tuttavia, in seguito alla svolta autoritaria del Presidente Emomoli Rahmon nel 2015, l’Islamic Revival Party è stato soppresso. Anche in questo caso, il soffocamento della popolazione mussulmana ha semplicemente portato ad un aumento delle tensioni.

Degno di nota è il tradimento di Gulmorod Khalimov, capo delle forze speciali del Tajikistan, il quale è passato dalla parte dello Stato Islamico. Khalimov è anche apparso in un video di propaganda del Califfato in cui criticava aspramente la politica anti-islamica del Presidente Rahmon.

Xinjiang, Cina

Nella provincia cinese dello Xinjiang, buona parte della popolazione è formata da Uiguri, un’etnia di ceppo turco con religione islamica, la quale costituisce uno dei 56 gruppi etnici ufficalmente riconosciuti dalla Repubblica Popolare Cinese. Da tempo, la Regione è considerata un problema da Beijing, che infatti  teme le tendenze separatiste degli Uiguri.

Nel 2009, le tensioni etniche tra Uiguri e Han, sfociarono in violentissimi scontri che portarono il Governo ad attuare forti misure repressive nei confronti di questa minoranza etnica. Più di recente, nel febbraio del 2017, le autorità  furono messe in stato di allerta in seguito ad un video di propaganda dello Stato Islamico che incoraggiava un attacco nella provincia.

Le costanti tensioni etniche nello Xinjiang e il progressivo radicalizzarsi della popolazione Uigura, hanno portato la Cina a considerare la possibilità di infiltrazioni del Califfato in questa Regione come un pericolo reale.

Kazakistan

Il Kazakistan è stato per tempo considerato come la più stabile delle ex repubbliche socialiste dell’Asia Centrale. La maggioranza dei Kazaki si considera mussulmana, ma l’Islam non gioca un ruolo centrale nella società Kazaka come accade invece in Uzbekistan e Tajikistan.

Tale immagine del Paese cominciò ad affievolirsi nel 2013, in seguito a degli attacchi terroristici nella città  di Aktobe; mentre gli attentati dell’estate del 2016 nella capitale Almaty e ancora ad Aktobe, distrussero definitivamente l’illusione del miracolo Kazako.

Conclusioni

I vari governi degli Stati dell’Asia Centrale hanno fino ad adesso preferito focalizzare le proprie energie sulla repressione dell’estremismo religioso, piuttosto che sulla sua prevenzione. Tale politica si è rivelata controproducende, portando ad un inasprimento delle tensioni tra popolazione mussulmana e Stato, e ad una delegittimazione dei governi di questi paesi agli occhi di parte dei cittadini.

Le condizioni economiche degli abitanti di questa Regione e il vuoto lasciato dall’Unione Sovietica hanno creato terreno fertile per la propaganda dello Stato Islamico, il quale ha l’enorme vantaggio di essere in grado di diffondere materiale di divulgazione nelle lingue di questi Paesi (in particolare Uzbeko, ma anche Russo).

Certamente va precisato che in alcuni casi la radicalizzazione è avvenuta all’estero e non nel Paese d’origine. Saipov, ad esempio, si trovava negli Stati Uniti da diversi anni, e l’emarginazione sociale in un contesto estero ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo del suo fanatismo religioso. Tuttavia, non bisogna sottovalutare l’influenza che può aver avuto l’essere cresciuto in uno Stato fortemente repressivo verso la popolazione mussulmana, come appunto l’Uzbekistan sotto Karimov.

L’Asia Centrale si sta gradualmente trasformando in uno dei bacini di reclutamento del terrorismo internazionale. Politiche più responsabili e di tipo preventivo piuttosto che repressivo, come investire nel sistema educativo parte degli introiti derivanti dallo sfruttamento delle risorse naturali della Regione e una svolta più democratica di questi governi, potrebbero rivelrsi l’arma vincente per invertire il processo di radicalizzazione. Un popolo educato e un governo legittimo sono lo strumento migliore per battere il terrorismo.

 

Fonti e approfondimenti:

http://www.businessinsider.com/central-asia-fertile-ground-for-terrorism-sayfullo-saipov-2017-11

http://www.businessinsider.com/sayfullo-saipov-suspect-new-york-city-terror-attack-truck-2017-10

https://www.crisisgroup.org/europe-central-asia/central-asia/syria-calling-radicalisation-central-asia

http://www.newsweek.com/where-are-central-asia-extremism-578989

http://www.newsweek.com/truck-crashes-drives-pedestrians-stockholm-street-reports-580552

http://www.newsweek.com/blast-rocks-st-petersburg-metro-ahead-putin-visit-reports-578103

http://uk.businessinsider.com/r-islamist-militants-pose-challenge-for-next-uzbek-leader-2016-9

http://www.dw.com/en/new-york-attack-is-central-asia-a-terrorism-breeding-ground/a-41207424

http://nationalinterest.org/feature/why-isis-recruits-uzbekistan-kyrgyzstan-19067

 

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