Prove false dietro all’Operación Andes: ancora accanimento verso i Mapuche

Mapuche
@Carpintero Libre - Flickr - Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

«Sei carabine, dieci revolver a tamburo, dodici a canna corta e due fucili»
«Mi arrivano dall’Argentina, il 15».

È questo il contenuto della conversazione via mail che si sarebbe svolta tra Jorge Huenchullán ed Héctor Llaitul, il 4 agosto 2017. Non si tratta di due indiziati qualunque: il primo è a capo della Comunidad Autónoma de Temucuicui, mentre il secondo è il portavoce della Coordinadora Arauco Malleco (CAM): sono due autorità dei nuclei di resistenza organizzativa e politica stanziati nell’ottava e nella nona regione del Cile (Araucanía e Biobío). Entrambi, come rivelano i loro cognomi, sono Mapuche.
Questa e altre intercettazioni sono state ottenute grazie alla creazione di software appositi da parte di un certo professor Álex Smith Leay. Attraverso gli applicativi progettati dal perito informatico si è potuto risalire alle prove decisive per incastrare in diversi illeciti le comunità indigene e gli appartenenti a dei collettivi di estrema sinistra. Ma c’è una contraddizione, ed è stata messa in luce dall’organo giornalistico indipendente CIPER (Centro de Investigación Periodística): in un file interno dell’intelligence UIOE (Unidad de Inteligencia Operativa Especial) si registra che la fonte a codice chiuso A-1 aveva segnalato la comunità di Temucuicui perchè, secondo le informazioni trapelate da una riunione, era in possesso di un armamento che corrisponde esattamente all’ordine di Huenchullán. Il file è datato 2 agosto.
Le armi si trovavano già in Cile dunque, ma come ci erano arrivate?

Veramente, le contraddizioni sono molte di più, ma prima che emergano del tutto e che il pubblico ministero faccia chiarezza sulle responsabilità di Smith e dell’unità di intelligence dei Carabinieri, si è già diffusa la notizia che delinea uno scenario sovversivo mapuche operante tra Cile e Argentina. Scattata l’allerta “traffico di armi”, entrano in gioco le cariche politiche dei due paesi coinvolti. In particolare, il Sottosegretario del Cile Mahmud Aleuy, si reca personalmente a Buenos Aires per discuterne con la Ministra argentina della sicurezza, Patricia Bullrich. Cresce l’apprensione da parte del governo cileno: i passi falsi e le falle nelle indagini non fanno che aumentare la tensione nel contesto dei rapporti già molto critici tra lo stato e le comunità originarie. La denominata “Operación Andes” è solo l’ultimo capitolo nella storia di criminalizzazione del movimento sociale degli indigeni Mapuche.
I Mapuche sono i discendenti di un popolo autoctono al quale i conquistadores avevano dato il nome di “Araucanos”, sono concentrati in alcune aree del centro-sud del Cile e dell’Argentina. Si distinguono in diversi gruppi, ma condividono l’organizzazione in comunità fondate sui legami famigliari, la struttura sociale radicata nei ruoli tradizionali, oltre che l’eredità linguistica Mapudungun. Per ragioni economiche e spirituali, sono profondamente legati alla terra. Attualmente, le organizzazioni mapuche sono spesso impegnate in movimenti di protesta: esigono la restituzione delle terre che sono state loro espropriate a favore delle multinazionali e reclamano il diritto all’autodeterminazione giuridica.

È il 4 dicembre 2017 quando l’operazione dei servizi segreti viene battezzata “Andes”. L’unità dei Carabinieri dell’Araucanía registra in un documento i nomi e i ruoli dei militanti del Movimento di Sinistra Rivoluzionaria (MIR) coinvolti con gli indigeni nello scambio illecito di armi e denaro. Sono Jorge Salazar e Guillermo Romero. Il copione è completo: ci sono le conversazioni rilevate dal software opera di Smith e le cronologie degli spostamenti che un altro programma, sempre di sua invenzione, avrebbe ricostruito attraverso la geolocalizzazione dei cellulari. Lo scambio di battute riguarda la spedizione di armi, i luoghi di appuntamento e le quote richieste in ogni valuta, accompagnate dalla volontà di vendicare il “Comandante” Llaitul.
Un piano ingegnoso per produrre prove lampanti e dettagliate. Se non fosse che nessuno dei due software di Smith risultava iscritto al dominio web nelle date riportate dalle intercettazioni: i programmi non potevano essere in funzione perché non erano ancora stati abilitati alla rete. I sospetti dei PM si sono rivelati fondati: le prove contro i Mapuche e i militanti del MIR sono frutto di un montaggio da parte dell’unità dei Carabinieri e, in senso lato, dello stato stesso.

La trama di “Andes” ricalca da vicino lo scandalo dell’Operación Huracán e si inserisce in un quadro complesso, sul quale grava la crisi di credibilità dell’istituzione dei Carabineros de Chile. Nell’ambito di “Huracán”, erano state raccolte nel settembre 2017 diverse accuse rivolte a una decina di Mapuche vincolati con la CAM o con altre organizzazioni simili. Gli elementi probatori erano costituiti da conversazioni WhatsApp e Telegram con cui gli imputati (in teoria) coordinavano attacchi incendiari di tipo terroristico ai danni di imprese di trasporti e di macchinari agricoli. Il clamore mediatico si tradusse in scandalo quando emersero forti dubbi sull’attendibilità delle prove: i testi incriminati erano di un formato incompatibile con la messaggistica istantanea; in seguito si scoprirono persino le bozze di quelle stesse conversazioni nella casella mail del capitano dell’unità UIEO Leonardo Osses Sandoval.
Sulla base di queste irregolarità, l’intelligence dei Carabinieri fu accusata di ostruzione alle indagini e falsificazione delle prove. Lo scorso 25 gennaio la Procura di Temuco ha comunicato la chiusura dell’inchiesta per associazione illecita e attentato incendiario. “Abbiamo constatato che ci fu manipolazione delle prove e che le cartelle che contengono le presunte conversazioni incriminanti per questi soggetti potrebbero essere state artificialmente installate nei loro supporti telefonici” ha confermato il PM Cristián Paredes. I Mapuche trattenuti, che stavano protestando con lo sciopero della fame, furono rilasciati.

I media cileni e argentini hanno trattato diffusamente la questione, ma, secondo le dichiarazioni rilasciate da Llaitul dopo la sua liberazione, si è perso di vista il focus essenziale: i fatti recenti non sono episodi isolati, ma rappresentano l’inasprimento di quello che, nelle sue parole, è “il conflitto storico tra lo stato e il nostro popolo-nazione mapuche”. La visione del portavoce della comunità CAM, condivisa da molti Mapuche, è che “le autorità si sono schierate in difesa degli interessi dei potenti e hanno architettato uno scenario di criminalizzazione, accanimento giuridico e persecuzione politica con il fine di contrastare le rivendicazioni della nostra gente”. L’accusa che i movimenti sociali indigeni muovono ai governi è che non solo questi si rifiutano di assecondare le loro legittime istanze, ma si avvalgono inoltre di operazioni clandestine allo scopo di pregiudicare i loro rappresentanti. Llaitul si spinge a paragonare le unità di intelligence ai servizi segreti che operavano nel Paese durante la dittatura di Pinochet. Parole forti, che ci fanno comprendere che non è esagerato parlare di “conflitto mapuche”. Gli indigeni si sentono demonizzati, trattati come un nemico interno, perciò si ribellano contro quel settore politico che capitalizza sulla paura dei cittadini e li taccia dell’epiteto di terroristas.

Questo conflitto costituisce il cardine del sollevarsi del movimento mapuche, sotto forma di rivolta in quanto vede negato l’accesso alla via politica per ottenere la restituzione delle terre e il riconoscimento di diritti giuridici di autonomia. Numerosi episodi di violenza rurale si sono verificati nel contesto dell’esasperata disputa territoriale con gli impresari, mentre per le strade di Santiago si susseguono manifestazioni che puntualmente terminano negli scontri con la polizia. Per non parlare dei casi indirettamente legati alla questione, ma tragicamente al centro della cronaca: l’attentato incendiario nel quale morirono i coniugi Luchsinger-Mackay, le recenti uccisioni di due giovani che militavano con il movimento mapuche, Santiago Maldonado e Rafael Nahuel.
Tutto contribuisce all’escalation di tensione e all’insofferenza dei Mapuche nei confronti dello stato. Nelle parole di Llaitul: “Da sempre siamo abituati a combattere contro i retaggi autoritari che la ‘democrazia’ attua ai danni del popolo mapuche. Stiamo parlando della Legge di Sicurezza Interna, la giustizia militare, la Legge Antiterrorismo”.

A questo proposito, lo scorso anno, il Cile è stato richiamato dalla Corte Interamericana per i Diritti Umani e da Amnesty International. La Ley Antiterrorista risale agli anni della dittatura ed è particolarmente controversa perchè attua la detenzione preventiva degli indagati, che spesso si aggrava con le condizioni disumane e lo sciopero della fame. La Corte aveva già condannato il Cile nel 2014 per violazione della Convención Americana quanto ai diritti di libertà, legalità e non-discriminazione di nove Mapuche giudicati secondo la legge antiterrorismo.

A poche settimane dall’inizio del mandato, il nuovo governo cileno si è già dovuto misurare con questo tema, a riconferma della grave pressione che esercita. Il 23 marzo, il Presidente Piñera ha firmato un’indicazione di riforma della legge in undici punti. Tra questi: si da una nuova definizione penale di terrorismo (che permette norme speciali di competenza per le indagini e il giudizio), si riconosce che le azioni terroristiche possono essere imputate a una sola persona e non necessariamente a un’associazione e si contemplano tecniche d’investigazione più invasive, come l’impiego di agenti sotto copertura e di intercettazioni. Considerando quanto è appena accaduto con l’Operación Andes, non c’è da sorprendersi se la prima reazione è di sdegno. Per di più, nonostante si tratti di un provvedimento nazionale, la riforma è stata annunciata durante la visita in Araucanía. Malgrado le giustificazioni di Piñera, ancora una volta il movimento mapuche si sente chiamato in causa.

 

Fonti e approfondimenti:

“Operación Andes”: el otro plan de Inteligencia que se vino abajo con el “Huracán”

“Operación Huracán”: la trama que dinamitó los puentes entre Carabineros y la Fiscalía de Temuco

http://www.elmostrador.cl/noticias/opinion/2018/01/30/operacion-huracan-la-caida-de-un-plan-contra-el-pueblo-mapuche/

https://www.elciudadano.cl/chile/hector-llaitul-arremete-la-ani-tras-caida-operacion-huracan-estamos-hablando-la-dina-la-nueva-mayoria/02/02/

https://www.telesurtv.net/news/Conflicto-Mapuche-en-Chile-Razones-de-la-lucha-y-sus-demandas-20171004-0008.html

http://www.derecho.uchile.cl/comunicaciones/columnas-de-opinion/137354/derechos-humanos-ley-antiterrorista-y-mapuchebrmyrna-villegas

http://www.latercera.com/nacional/noticia/las-11-medidas-pinera-busca-redefinir-la-ley-antiterrorista/110229/

 

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