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Presidenziali in Egitto: Al-Sisi verso il II mandato

Egitto

@Ahmed Abballaa - wikimedia commons - CC BY 4.0

Al – Sisi ha vinto le elezioni che si sono tenute tra il 26 e il 28 marzo in Egitto. Nessun colpo di scena: l’ex colonnello egiziano si è aggiudicato il secondo mandato con una maggioranza schiacciante, come già accaduto nel 2014. 

E, tuttavia, queste elezioni più che confermare la stabilità del regime, sembrano evidenziarne le vulnerabilità. Quindi, alla vigilia del secondo mandato, ci si chiede se il presidente sarà in grado di far fronte ai problemi che tengono il Paese in bilico.

Una vittoria con qualche amarezza

Nelle settimane antecedenti il voto, al-Sisi si era assicurato di rimanere l’unico giocatore in campo. I pochi temerari che si erano affacciati alla corsa elettorale erano stati estromessi e un candidato last-minute pro al-Sisi, Moussa Mustafa Moussa, ha inscenato la parte dell’avversario per salvare le apparenze. Nonostante ciò, per quanto sia difficile al momento sondare le preferenze politiche della società egiziana, l’affluenza alle urne ha evidenziato una crescente disaffezione popolare, soprattutto tra i giovani.

Più bassi I numeri rispetto al 2014, a dispetto degli sforzi del governo per mobilitare l’elettorato. Infatti, alla serrata campagna mediatica a favore di al-Sisi, si sono aggiunti incentivi in cibo e denaro e la minaccia di multe per chi avesse boicottato le elezioni. I governatori di alcune province hanno anche messo in palio montepremi per i distretti con l’affluenza più alta.

In secondo luogo, segnali di insoddisfazione sono stati intercettati negli ultimi anni nei ranghi militari. Nel 2015 circolavano voci di purghe all’interno dell’esercito e la decisione del 2016 di cedere due isole egiziane nel Mar rosso all’Arabia Saudita sembra aver suscitato più di un malumore. Il sintomo più rivelatore è stata, però, la candidatura alle elezioni di due militari: l’ex primo ministro e comandante d’aviazione Ahmed Shafiq e l’ex capo del personale Sami Anan. Sebbene eliminati subito dalla competizione con minacce e accuse giudiziarie, rimane il fatto che senza una qualche forma di supporto all’interno non sarebbero arrivati neanche a presentare la nomina.

Il regime non può permettersi di perdere l’appoggio dell’esercito, che ha reso possibile il colpo di stato del 2013 e rimane l’unico garante della sua legittimità. Infatti, al contrario dei suoi predecessori che pure si sono formati in seno all’esercito, al -Sisi non ha cercato di allargare la propria base di consenso. La classe imprenditoriale è stata alienata dalla crescente presenza militare all’interno dell’economia del Paese e repressione e autoritarismo hanno scoraggiato le altre componenti del governo e atrofizzato il consenso popolare. Inoltre l’assenza di qualunque forma politica ha impedito di recrutare simpatizzanti tramite il patronato di un partito unico, come successo in passato.

Le sfide del secondo mandato: economia e sicurezza

Il favore dell’esercito dipenderà in gran parte dalla capacità di al-Sisi di promuovere la stabilità del Paese. In termini concreti ciò implicherà in primis risollevarne le sorti economiche.

Buona parte della popolazione egiziana ha visto peggiorare le proprie condizioni di vita come risultato dei tagli ai sussidi statali, eredità del socialismo nasseriano e già attuati nel 2014. A seguito del prestito di 12 miliardi di dollari ricevuto dal FMI nel 2016, il governo ha ulteriormente ridimensionato i sussidi per cibo, medicine e altri beni di prima necessità. Inoltre la scelta di svalutare la valuta egiziana ha inasprito l’inflazione già in corso.

La principale piaga nel tessuto economico rimane però la pervasiva presenza dell’esercito. Da un lato, i fondi allocati alla difesa sono aumentati nonostante i tagli. Dall’altro, l’elite militare controlla una grossa fetta delle imprese, monopolizzando gli investimenti anche in ambito civile. Sebbene si tratti di un trend radicatosi nel Paese molto prima del 2013, è stato al-Sisi ad esasperarlo, portandolo a livelli del tutto nuovi.

Gli eventi del 2011 hanno sottolineato il potenziale esplosivo del malcontento economico che oggi rischia di essere esasperato dal deterioramento delle condizioni di sicurezza del Paese.

L’Egitto è stato vittima di numerosi attacchi terroristici negli ultimi anni, riconducibili a gruppi di matrice salafita: in particolare affiliati dello Stato Islamico, attivi soprattutto nel Sinai settentrionale e responsabili di attacchi indiscriminati a civili e forze dell’ordine. Particolarmente sanguinosi gli attacchi ai copti e alla moschea di al-Rawdah.

Ad essere più vulnerabili alla propaganda estremista sono soprattutto i giovani, i più colpiti dalla situazione economica e dall’erosione delle libertà civili. Tratto distintivo del governo al-Sisi è stata infatti una sistematica violazione dei diritti umani. Dalla messa al bando di ONG e gruppi studenteschi, associazioni e sindacati fino alla censura di blog e giornali stranieri accusati della diffusione di “fake news”, ai processi sommari, alle incarcerazioni a scopo politico fino alle più recenti “sparizioni” (vedi qui).

Inoltre la feroce repressione della Fratellanza Musulmana all’indomani della caduta di Morsi rischia di radicalizzare gli esponenti del gruppo, come avvenuto negli anni ‘60 nelle carceri di Nasser, e di eliminare un’alternativa moderata dal discorso nazionale sull’islam. D’altro canto, l’apparato di sicurezza e il controllo sugli affari religiosi e le moschee da parte dell’Università di al-Azhar, allineata con il regime, sono stati finora inibitori efficaci dei possibili focolai di insorgenza.

Le instabilità sul fronte estero

Ai grattacapo interni si sommano le preoccupazioni sul fronte estero.

A livello regionale incombono lo sfacelo in Libia che minaccia di tracimare oltre il confine, la perdita di un ruolo di spicco nella regione dominata dal confronto Iran – Arabia Saudita, la fuga da Siria e Iraq dei militanti Isis, l’apparente sintonia con Israele sul tema terrorismo e l’ambiguità che ne deriva nella posizione egiziana sulla questione palestinese. Non da ultimo, rimane aperta l’enorme incognita di come l’Egitto risponderà all’apertura della Grand Renaissance Ethiopian Dam, la diga sulla sponda etiope del Nilo che rischia di privare la popolazione egiziana del circa 25% d’acqua.

La storica alleanza con gli Stati Uniti che, dagli accordi di Camp David, aveva  visto il Cairo tra i principali recipienti degli aiuti statunitensi, sembra oggi aver perso di rilevanza rispetto all’ascesa Saudita. Nonostante ciò, al-Sisi può contare sulla fascinazione che i regimi dittatoriali sembrano esercitare sulla presidenza americana di Trump. Per quanto riguarda la Russia, i rapporti non potevano essere più cordiali come segnala la collaborazione sul fronte energetico con la prossima apertura della centrale di alzdahr prevista per il 2029 e finanziata da Rosatom. L’Egitto inoltre rimane un partner importante per l’economia italiana. Infatti le tensioni attorno al caso Regeni continuano a contrapporsi alla partnership dell’ENI con il governo egiziano per lo sfruttamento del giacimento di gas di al-Zohr scoperto nel 2015.

Dunque, sebbene ci siano state speculazioni sulla possibilità che al-Sisi elimini dalla Costituzione la clausola che limita a due i mandati per la carica presidenziale, se non sarà in grado di stabilizzare il Paese la sua posizione rimane vulnerabile.

 

Fonti e Approfondimenti:

https://www.washingtonpost.com/world/middle_east/in-an-election-with-no-serious-challenger-egyptians-head-to-the-polls-to-vote-for-sissi/2018/03/26/9d9b421c-3076-11e8-b6bd-0084a1666987_story.html?utm_term=.15decefdc5d7

http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/egitto-sisi-riconfermato-tutte-le-incognite-del-post-voto-20033

http://www.ispionline.it/sites/default/files/pubblicazioni/impaginato_dossier_egitto_3.pdf

https://www.foreignaffairs.com/articles/egypt/2018-03-23/egypts-sham-election

http://www.mei.edu/podcast

https://carnegie-mec.org/diwan/75939

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