Etiopia: un mosaico di etnie

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La scorsa settimana abbiamo analizzato la situazione politica etiope, scossa dalle dimissioni dell’ormai ex Primo ministro Haile Mariam Desalegn (qui trovate l’articolo). Continuiamo il nostro focus sull’Etiopia, ponendo sotto la lente d’ingrandimento i diversi gruppi etnici che popolano il Paese, per comprendere meglio l’attuale momento politico.

La politica etiopie è strettamente connessa alle varie etnie, che rappresentano i partiti politici del Paese; in Etiopia, il secondo paese più popoloso dell’Africa con quasi 100 milioni di abitanti, esistono circa 80 etnie con differente lingua e cultura, ciò rende assai complicato amministrare lo stato. Alcune tra queste etnie sono importanti per comprendere l’attuale situazione di crisi: i gruppi etnici maggioritari dell’Etiopia sono gli Oromo, gli Amhara, i Somali e i Tigrini.

 

Gli Oromo

L’Oromia è la più grande regione dell’Etiopia e circonda la capitale Addis Abeba: gli
Oromo sono il più numeroso degli 80 gruppi etnici presenti nel paese e rappresentano circa un terzo dei 95 milioni di abitanti.

Questo gruppo etnico, precendemente chiamato anche Galla, deriva da un’antica popolazione di pastori nomadi etiopi, che gradualmente cominciarono a stanziarsi nella parte centro-meridionale dell’Etiopia. Gli oromo iniziarono a integrarsi con i propri vicini di lingua amarica almeno a partire dal XVIII secolo.

Molti capi oromo ottennero ruoli di potere all’interno della monarchia etiope di stirpe amarica (del quale parleremo in seguito), soprattutto durante il regno dell’imperatore Iyoas I, periodo in cui la lingua oromo divenne la lingua ufficiale della corte di Gondar. Questo diede inizio a un’epoca nota in Etiopia come Zemene Mesafint, cioè era dei Giudici o dei Principi, in cui i capi guerrieri della dinastia oromo spesso avevano il controllo di fatto della linea politica degli imperatori etiopi.

Durante il periodo coloniale italiano, l’etnia Oromo fu favorita molto rispetto a quella amarica che aveva cercato di resistere alla campagna d’Italia. In concomitanza con il periodo marxista del Derg, venne fondato l’Oromo Liberation Front, un partito che si schierava apertamente contro il regime e rivendicava l’indipendenza del popolo Oromo.

Secondo i rapporti di Human Rights Watch, dal 2016 al 2018 sono state più di 21.000 le persone arrestate per aver attentato alla costituzione e alla sicurezza del Paese: la maggior parte di essi sono di etnia Oromo. Al fine di stemperare le proteste, il governo etiope ha dichiarato di voler scarcerare circa 7.000 dissidenti Oromo, ma lo stato di emergenza attuale non è d’aiuto per placare le rivolte; sono previsti con questa decisione diversi divieti, tra cu violare i precetti della Costituzione dell’Etiopia o l’ordine costituzionale e promuovere propaganda politica. A queste direttive si aggiunge anche che gli agenti avranno il potere di trattenere ogni individui sospettato di aver violato l’ordine costituzionale, di perquisire le abitazioni e le automobili degli indagati.

L’11 Aprile, il neo Primo Ministro Abiy Ahmed ha visitato la città di Ambo, nella provincia della Shoa, in Oromia, che fu l’epicentro delle rivolte scoppiate nel 2015 e proseguite fino allo scorso anno. Abiy è stato accolto da migliaia di persone che si sono radunate per ascoltare il suo discorso, segnale questo che fa ben sperare per la risoluzione delle diatribe che perdurano da anni.

 

Gli Amhara

Gli Amhara sono  il secondo gruppo etnolinguistico d’Etiopia; costituiscono quasi un terzo della popolazione del paese. La lingua amarica è una lingua afro-asiatica appartenente al gruppo semitico del sud-ovest. È collegato al Ge’ez, la sacra lingua letteraria della chiesa ortodossa etiopica, un’antica religione preservata praticamente intatta dal cristianesimo monofisita della chiesa bizantina del V secolo. Gli Amhara hanno dominato a lungo la storia del loro paese; L’amarico era la lingua ufficiale dell’Etiopia fino agli anni ’90 e rimane tuttora la più parlata, in più tutti gli imperatori etiopi erano Amhara e questa posizione dominante creava conflitti competitivi tra questi e gli altri gruppi etnici, come gli Oromo e i Tigrini. Le tensioni salirono tra gli Amhara e gli Oromo durante il periodo di dominio marxista-leninista (1974-91), poiché gli Oromo rivendicavano un ruolo sempre più importante negli affari sociali e politici della nazione. Dopo il 1991, gli Amhara si scagliarono apertamente contro i Tigrini, che avevano acquisito influenza durante la lotta contro i marxisti, ed erano saliti al potere con Menes Zelawi.

Negli ultimi anni, la situazione tra Tigrini e Amhara è precipitata a causa della diatriba sul Wolkait, un distretto al confine tra le due regioni, ma sotto amministrazione del Tigray. Gli Amhara reclamano il Wolkait dal 1991, anno in cui il Tigray riuscì a liberare l’Etiopia dal giogo della dittatura comunista.

 

I Somali 

La prima mossa del neoeletto Primo ministro etiope Abiy Ahmed è stata la visita di sabato 7 aprile a Jijiga, il capoluogo della provincia  dell’Ogaden (o Somalia Abissina,  nella parte sud-orientale del Paese, nel tentativo di risolvere i problemi sociali del distretto, abitato sia da Somali che da Oromo.

Nel suo discorso – il primo ufficiale dal giorno dell’insediamento-  Abij ha promesso di impegnarsi a trovare soluzioni durature nel minor tempo possibile, e a fornire aiuto e assistenza agli sfollati. Infatti la zona è stata più volte il centro degli scontri tra Addis Abeba e l’Ogaden Liberation Front (OLF) che combatte per ottenere l’indipendenza dall’Etiopia. Entrambi gli schieramenti si accusano a vicenda di aver perpetrato massacri, rivolte e azioni di guerriglia; l’interesse per la regione è molto forte perchè l’Ogaden è riccho di giacimenti di petrolio e gas naturale che fanno gola alle varie potenze occidentali e asiatiche che operano nella zona, e in particolare la regione è una delle poche in Etiopia in cui le riserve idriche sono facilmente accessibili per alimentare colture e bestiame. Dal 2017 le forze dell’ordine etiopi hanno alzato il livello di allerta nella regione a causa del possibile collegamento tra l’OLF e alcuni gruppi terroristici che operano nella vicina Somalia, come Al-Qaida. Secondo alcune testimonianze, la polizia etiope si è scontrata più volte con l’OFL, causando l’esodo di migliaia di sfollati.

 

I Tigrini

I Tigrini occupano la parte nord dell’Etiopia, il Tigray, confinante con l’Eritrea ed influenzata molto dalla cultura dell’ex provincia etiope, identificandosi molto con l’etnia eritreina rispetto a quelle del proprio Paese d’origine. La storia dell’etnia Tigrè infatti è strettamente connessa con la storia dell’Eritrea, poichè combatterono fianco a fianco contro la dittatura di Mengistu; prima il TPLF (Tigrayan People’s Liberation Front) di Zelawi prese il potere in Etiopia nel 1991, e di comune accordo, l’EPLF (Eritrean People’s Liberation Front) di Afewerki dichiarò l’indipendenza dell’Eritrea nel 1993. Meles Zenawi fondo il grande partito dell’ Ethiopian People Revolution Democratic Front (EPRDF), che divenne la grande coalizione che inglobò i partiti Oromo ed Amhara al fine di stabilizzare gli attriti etnici; in realtà la coalizione dell’EPRDF  divenne lo strumento di direzione politica di Meles Zenawi e del TPLF.

Zenawi fu il fautore del federalismo etnico etiope; fu il primo che divise il territorio nazionale in 13 provincie, ognuna con un’etnia maggioritaria e diversa dalle altre. Meles ha affermato che ci sono due punti di vista fondamentali sul federalismo etnico:

Se pensi che sia una minaccia, lo sarà, se pensi che sia un vantaggio, allora lo sarà”. Facendo questa affermazione, ha concluso che l’etnia gradualmente perderà importanza con lo sviluppo e il crescere dell’economia e il processo di assimilazione dell’Etiopia farà il suo lavoro”.

La politica di Zenawi sul federalismo etnico è stata attaccata da dai partiti di opposizione, che hanno accusato Meles di danneggiare la stabilità e l’unità dell’Etiopia dividendo il paese in linee linguistiche. Questi hanno espresso la loro paura per la futura unità del paese, sottolineando un aumento dei conflitti etnici dopo l’introduzione della politica del federalismo etnico.

In conclusione, l‘opera di Zenawi è risultata un’arma a doppio taglio: il suo federalismo  ha sicuramente evidenziato le differenze etnico-culturali dei popoli dell’Etiopia,  rinforzando  il peso dei partiti regionali, che vengono riconosciuti come la voce delle  rispettive etnie per la rivendicazione di un panorama democratico che tuttora manca. D’altra parte il sistema di federalismo etnico ha rappresentato nelle Regioni la suddivisione in classi  sociali; lo sviluppo storico del Paese ha portato alla possibile identificazione del gruppo etnico con il gruppo sociale, con la conseguenza che gli scontri e le proteste siano basate più su motivazioni politico-economiche che sulle diseguaglianze etniche.

Il nuovo corso della politica dell’Etiopia si è aperta il 3 Aprile con la proclamazione di Abiy Ahmed come Primo Ministro; nonostante la situazione di stato di emergenza, l’Etiopia è davanti ad un momento storico cruciale per la risoluzione dei problemi etnici che il Paese sta affrontando da ormai 25 anni.

 

 

Fonti e Approfondimenti

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