La partita delle sanzioni tra Bruxelles e Washington

Trump
@North Charleston - Flickr - Licenza: Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

L’annuncio del ritiro degli USA dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) ha gettato nel panico i partner europei, mettendo ancora una volta in dubbio la tenuta dell’alleanza transatlantica. Le recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk fanno intuire il clima di delusione e frustrazione che serpeggia tra i leader dell’Unione. In un incontro con la stampa al termine del Vertice UE-Balcani occidentali, Tusk si è espresso con insolita virulenza sulla condotta degli USA, ringraziando ironicamente Trump per aver costretto l’Europa ad aprire gli occhi e a capire che “se hai bisogno di una mano, la troverai all’estremità del braccio”. D’altra parte, sempre citando Tusk, “Con amici del genere, chi ha bisogno di nemici?

Questa ostilità è sintomo di un dialogo transatlantico sempre più teso, non solo sul JCPOA, ma anche riguardo una possibile guerra commerciale su acciaio e alluminio. Il 1° maggio, l’amministrazione statunitense ha posto un ultimatum: l’Unione ha trenta giorni di tempo per trovare un compromesso e ridurre volontariamente le proprie esportazioni di acciaio e alluminio. In caso contrario, il 1° giugno entreranno in vigore dazi del 25 per cento sull’alluminio e del 10 per cento sull’acciaio.

Il problema del JCPOA (il nome ufficiale dell’accordo con l’Iran, o 5+1) non è solo politico: bisogna considerare anche l’impatto economico sulle imprese europee. Con il JCPOA, i firmatari, tra cui gli USA, si erano impegnati a sospendere gran parte delle sanzioni che limitavano le attività economiche e finanziarie con l’Iran; contestualmente al ritiro dall’accordo, le sanzioni saranno ripristinate tra il 6 agosto (90 giorni dopo il ritiro) e il 4 novembre (180 giorni dopo il ritiro). Tra queste, vi sono anche le cosiddette sanzioni secondarie o extraterritoriali, applicate a soggetti economici stranieri che operano con l’Iran.

Per Bruxelles, dunque, salvare il JCPOA significa anche tutelare gli interessi delle imprese europee, che rischiano di essere danneggiate da un ripristino delle sanzioni. L’Unione si trova a un bivio: riparare i rapporti con Washington o mantenere i propri impegni con Teheran.

Quali sono, dunque, le opzioni sul tavolo?

Allineamento

La prima opzione consiste nell’uniformarsi agli USA: adottare una linea dura, reimporre le sanzioni e abbandonare il JCPOA. In sostanza, si tratterebbe di negoziare un nuovo accordo più stringente – ad esempio con termini di sospensione più lunghi per il programma nucleare– e più ampio rispetto a quello attuale. Nel mirino di Trump ci sono già il programma missilistico e l’influenza iraniana nella regione, inclusi il supporto per Hezbollah e la partecipazione nel conflitto siriano.

L’allineamento sarebbe sicuramente apprezzato da Washington, che potrebbe decidere di ricompensare i propri alleati con la tanto attesa esenzione permanente dai dazi su acciaio e alluminio. Su questo tema, la Commissione si è già dichiarata disponibile a effettuare delle concessioni – ad esempio sul mercato automobilistico – per giungere a un accordo; Juncker e Tusk, tuttavia, hanno esplicitamente mantenuto le questioni commerciali separate dal JCPOA, che non è in discussione.

Chiaramente, seguire gli USA avrebbe degli effetti a lungo termine sui rapporti con Teheran. È improbabile, infatti, che l’Iran accetti di sottostare a nuovi obblighi, come già dichiarato più volte da Rouhani e dal ministro degli esteri Zarif. L’Iran ha sempre rispettato le condizioni; le richieste degli USA esulano dall’ambito originario dell’accordo e violano la sovranità iraniana. Un compromesso su questo punto è inaccettabile.

Compromesso

La seconda soluzione rappresenta una via intermedia tra l’allineamento e l’opposizione attiva agli USA, volta a salvaguardare il JCPOA preservando, allo stesso tempo, i propri interessi economici. L’UE dovrebbe richiedere un esonero dalle sanzioni per le imprese e gli investitori europei, impegnandosi allo stesso tempo a rinegoziare l’accordo. È una soluzione studiata per guadagnare tempo: mentre i diplomatici si mettono al lavoro per convincere l’Iran ad accettare un nuovo testo più gradito a Washington, le imprese e gli investitori europei possono operare senza subire ritorsioni. A parole, l’Unione si allineerebbe alla posizione statunitense, assumendosi il compito di migliorare il “bad deal”; la “carota” economica potrebbe convincere l’Iran a scendere a compromessi.

Si tratta però di un’acrobazia diplomatica controversa, che potrebbe non produrre i risultati sperati. A Teheran, infatti, il voltafaccia politico di Bruxelles non passerebbe inosservato; ottenere un’esenzione dalle sanzioni significa non contestarne le basi, ma solo trovare uno stratagemma per proteggere i propri interessi, negando lo spirito complessivo dell’accordo.

Opposizione

L’ultimo scenario è probabilmente il più interessante dal punto di vista dei rapporti transatlantici. Dalle ultime dichiarazioni, peraltro, sembra che l’Alto Rappresentante Mogherini e la Commissione stiano vagliando proprio questa opzione. Fin da subito, infatti, Federica Mogherini ha affermato che l’Unione avrebbe mantenuto i propri impegni con l’Iran, seguita a ruota dai leader degli altri Paesi firmatari: Francia, Germania, Regno Unito, Cina e Russia.

Poiché il JCPOA è un accordo multilaterale, infatti, il ritiro di uno dei partecipanti non ne comporta la cessazione: l’impatto economico e politico è chiaramente significativo, ma gli altri firmatari sperano di minimizzarlo utilizzando la propria influenza per indurre l’Iran a cooperare. È un’azione che nasconde un messaggio politico significativo: gli USA non sono più “the indispensable nation”, il partner essenziale per giungere a un accordo. Se Washington sceglie di fare un passo indietro, i suoi partner sono pronti a farne a meno e ad assumersi responsabilità aggiuntive, preservando l’integrità e la credibilità della comunità internazionale. Persistendo nell’unilateralismo, gli USA potrebbero trovarsi isolati.

Questo impegno politico si traduce in una serie di misure economiche volte a tutelare le imprese e le banche europee dalle sanzioni secondarie. Non si tratta, però, di ottenere esenzioni, bensì di perseguire una linea più conflittuale, resuscitando un provvedimento degli anni Novanta, il cosiddetto statuto di blocco. La misura fu emanata nel 1996 contro le sanzioni statunitensi a Cuba: in risposta al rifiuto di Washington di emanare un’esenzione per le imprese europee, l’Unione minacciò di aggirarle tramite lo statuto.

Il regolamento neutralizza l’applicazione extraterritoriale delle sanzioni: in breve, le imprese europee potranno ignorare le sanzioni statunitensi, con la garanzia che l’Unione si farà carico di pagarle al loro posto. Il 18 maggio, la Commissione ha avviato le procedure per l’attivazione dello statuto, che avverrà il 6 agosto, in coincidenza con il ripristino delle sanzioni. Nel 1996, la misura non entrò in vigore: il suo impatto politico fu tale da convincere gli USA a soddisfare le richieste degli alleati. L’amministrazione attuale, tuttavia, non sembra altrettanto bendisposta.

Oltre allo statuto di blocco, Juncker ha annunciato altre misure volte a promuovere gli scambi con l’Iran e ad aggirare i divieti americani, tra cui un provvedimento che permetterebbe alla Banca Europea degli Investimenti di facilitare gli investimenti in Iran e nuovi programmi di cooperazione e assistenza, soprattutto in ambito energetico. Nel frattempo, la Commissione affila le proprie armi commerciali: se gli USA non concederanno un’esenzione permanente per acciaio e alluminio, l’Unione applicherà misure di ritorsione su alcune importazioni a partire dal 20 giugno; una tranche aggiuntiva di dazi entrerà in vigore nel 2021.

La strategia dell’opposizione è quella che garantisce maggiori probabilità di preservare il JCPOA. L’Unione Europea – insieme agli altri firmatari – si proporrebbe come attore responsabile e affidabile, differenziandosi dagli USA, e offrirebbe protezione alle proprie imprese, rafforzando la propria legittimità sul piano interno. Ci sono però dei costi politici ed economici ingenti di cui tener conto: le sanzioni andrebbero a carico del bilancio dell’Unione e gli Stati Membri dovrebbero rimanere uniti di fronte a una probabile crisi diplomatica con gli USA.

Infine, tutti gli sforzi potrebbero essere insufficienti per convincere le imprese europee a rimanere in Iran: molte tra queste, tra cui il gigante francese Total, hanno già annunciato che lasceranno il Paese se non riceveranno garanzie adeguate. La sfida con Washington, dunque, non si giocherà solo sul piano delle sanzioni, ma su quello dell’influenza politica. In gioco, per l’Unione, c’è molto più dell’interesse economico: la sua stessa credibilità internazionale dipende dal successo del JCPOA. 

 

Fonti e Approfondimenti:

Allegato II del JCPOA – Lista delle sanzioni sospese

Commissione Europea, “Press conference remarks by Jean-Claude Juncker, President of the European Commission at the Informal Leaders’ Meeting/Western Balkans Summit in Sofia”, 17/05/2018

Commissione Europea, “European Commission acts to protect the interests of EU companies investing in Iran as part of the EU’s continued commitment to the Joint Comprehensive Plan of Action”, 18/05/2018

CNN Money, “The global steel industry by the numbers”, 02/03/2018

CNN Politics, “Trump withdraws from Iran nuclear deal, isolating him further from world”, 09/05/2018

Dichiarazione dell’alta rappresentante a nome dell’UE in seguito all’annuncio del presidente degli Stati Uniti Trump riguardo all’accordo sul nucleare iraniano (PACG), 09/05/2018

IAI, “Europe, Trump and the Iran nuclear deal”, Maggio 2018

Il Sole 24 Ore, “Iran, come evitare le sanzioni USA alle imprese” 12/05/2018

Jeffrey Sachs, “Europe must confront America’s extraterritorial sanctions” 17/05/2018

Middle East Eye, “EU leaders working to keep Iran nuclear deal alive, protect companies”, 16/05/2018

Middle East Eye, “US threatens sanctions as other members of Iran nuclear accord stiffen resolve”, 13/05/2018

Osservazioni del presidente Donald Tusk dopo il vertice UE-Balcani occidentali, 17/05/2018

Politico, “Trump team sends mixed signals to Europe”, 13/05/2018

Regolamento (CE) 2271/96 sullo statuto di blocco

Reuters, “EU could compensate firms hit by US sanctions over Iran: French minister”, 20/05/2018

The Guardian, “EU may offer credit to firms trading with Iran if Trump pulls out of nuclear deal”, 23/03/2018

The Guardian, “EU tells Iran it will try to protect firms from US sanctions”, 15/05/2018

Vox, “The US and Europe are locked in a standoff over tariffs”, 01/05/2018

Vox, “Trump delays tariffs (and potential trade war) against US allies”, 30/04/2018

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