Il 9 Maggio scorso gli elettori della Malesia sono stati chiamati al voto, in quelle che certamente verranno ricordate come le elezioni più controverse dall’indipendenza del Paese del 1957.
Sistema monarchico parlamentare federale, la Malesia ha visto il trionfo, nel corso delle ultime consultazioni dominate dal sistema first-past-the post, della coalizione dei partiti di opposizione che hanno deciso per la prima volta nella storia del parlamentarismo malese di unirsi per un obiettivo comune: segnare una discontinuità con le forze di destra che guidano il Paese da decenni.
A una più attenta analisi, ad ogni modo, sono stati diversi i fattori che hanno posto la Malesia sotto la lente d’ingrandimento di gran parte degli osservatori internazionali. Innanzitutto, il ritorno nell’agone elettorale dell’ormai novantaduenne ex Primo ministro Mahathir Mohamed che ha sfidato il suo delfino Najib Razak, recentemente accusato di corruzione e a capo della coalizione Barisan Nasional fino ad ora al potere. La scelta di Mahathir, a capo di opposizione unica, è però stata una sorta di ripiego. Il candidato preferito, Anwar Ibrahim è infatti stato incarcerato nel 2015 con l’accusa di sodomia sotto pressioni dello stesso Mahathir, che solo dal 2016 ha abbandonato le fila della coalizione di destra per le accuse gravissime mosse al suo leader.
A seguire, poco dopo lo scioglimento delle camere nel mese di marzo, il governo uscente ha varato due leggi che hanno fortemente turbato l’opinione pubblica. La prima ha riguardato una pratica che, in gergo tecnico, è definita gerrymandering. Nello specifico, sono state create circoscrizioni più piccole dove vi era la certezza di ottenere successo e circoscrizioni più grandi dove i gruppi di opposizione erano più solidi.
A ciò, si è poi aggiunta un’odiosa legge che, sulla scorta della necessità di evitare la diffusione di fake news, ha finito per limitare fortemente la libertà di espressione nel Paese e ha colpito proprio Mahathir, che risulta allo stato attuale indagato.
I risultati
All’alba del 10 maggio i risultati elettorali hanno confermato le aspettative e gli exit poll che circolavano in Malesia. La Commissione elettorale malese ha, infatti, confermato che il gruppo di opposizione ha conquistato 115 seggi, superando così la soglia dei 112 necessari alla Camera bassa per la formazione di un nuovo governo. Benchè ampiamente attesa, la vittoria di Mahathir non era così scontata, in considerazione delle misure intraprese da Najib e tenendo conto del fatto che già nel 2008 e nel 2013 la coalizione uscente era data per spacciata. In questo contesto, il sostanziale livello di frustrazione che ha mosso l’elettorato della Malesia, mai così stanco dello status quo, è stato certamente rilevante.
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Dopo aver giurato dinnanzi al Re il 10 maggio, il nuovo Governo di Mahathir, non esente da critiche circa la premiership, si trova da subito ad affrontare numerose sfide. La vittoria dell’opposizione, infatti, segna marcatamente l’inizio di una forte incertezza innanzitutto politica. Nonostante il Premier abbia immediatamente reso noto che la sua azione di Governo non avrà come obiettivo una resa dei conti con il leader di Barisan Nasional, il passaggio di consegne non è certamente indolore.
Lo stesso Mahathir è primariamente chiamato a fronteggiare l’opposizione di quanti avrebbero preferito che la moglie di Anwar fosse scelta come nuovo primo ministro. Un rapido compromesso ha, però, portato Wan Azizah a ricoprire, comunque, la carica di vice presidente. Najib, dal suo canto, ha prontamente sfruttato le divisioni interne alla vincente coalizione per sostenere che non vi sia stato in realtà un vero vincitore e che il Re avrebbe dovuto riflettere a lungo prima di affidare l’incarico al leader di una forza non omogenea.
Il futuro
La linea che il nuovo Governo adotterà tanto in politica interna quanto in quella estera è ancora più incerta. Nello specifico, agli elettori è stato comunicato molto poco del programma dei due sfidanti, dal momento che la campagna elettorale è stata per lo più giocata su attacchi personali e promesse mirabolanti. Quanto alla posizione in politica estera, fatti salvi brevi accenni alle relazioni con la Cina che Mahathir promette di troncare per salvaguardare l’autonomia del Paese, la discussione non si è affatto attestata su come recuperare una posizione di primazia nell’area e su come intervenire nel budget della difesa, al fine di salvaguardare la sovranità da minacce statali e non.
Alcuni osservatori ritengono che un ottimo strumento per l’interpretazione dei percorso futuro è rappresentato dall’operato dei Mahathir, prima del suo ritiro nel 2003. A ben vedere, tuttavia, dopo 15 anni di grandi evoluzioni internazionali e domestiche, sarebbe difficile immaginare la Malesia nella stessa realtà nazionale, regionale e globale dove era precedentemente collocata. Ad oggi, comunque, in pochi mettono in dubbio che lo stile autocratico ed orientato all’investimento pubblico di Mahathir per superare la crisi del ’97 sia stato almeno parzialmente fruttifero. Soprattutto nelle fasi iniziali, il Paese ha conosciuto una crescita economica molto consistente che non ha, però, saputo consolidare. Il clientelismo ha, infatti, riportato la Malesia allo stato di partenza e, nonostante le prime differenze, ha colpito anche il governo di Najib, che gli elettori hanno punito.
A influire molto sul futuro prossimo del nuovo Governo, la cui composizione è stata svelata lo scorso 18 maggio ed è in attesa di una formale approvazione del Sovrano, saranno indubbiamente alcuni importanti e recenti avvenimenti. Innanzitutto, la recente scarcerazione di Anwar Ibrahim, che taluni hanno identificato come atto dovuto per porre fine alla menzionata guerra intestina che rischiava di dividere la coalizione e parte dell’opinione pubblica.
Infine, le continue perquisizioni nell’appartamento dell’ex primo ministro, fortemente criticato da Mahathir, che assicura giustizia e l’allontamento forzato dal Paese di Najib. Il recente prelievo di oggetti di gran valore dalla casa di Najib è certamente un segno che non solo le investigazioni sulla sua presunta corruzione procedono a pieno ritmo, ma che, differentemente da quanto precedentemente garantito, Mahathir ha fretta di liberarsi del suo scomodo predecessore.
Fonti e Approfondimenti
https://thediplomat.com/2018/05/what-does-malaysias-shock-election-result-mean-for-its-future/
https://asia.nikkei.com/Opinion/Malaysia-s-unappetizing-choice2
https://thediplomat.com/2018/05/malaysias-fierce-campaigning-in-action/
http://www.bbc.com/news/world-asia-44036178
https://thediplomat.com/2018/05/malaysias-new-political-tsunami/
https://www.theguardian.com/world/2018/may/16/police-raid-home-ex-malaysian-pm-corruption-scandal
https://eastwest.eu/it/opinioni/open-doors/elezioni-malaysia-scandali-mahathir
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