L’OPA del Golfo sulla telefonia del Medio Oriente

OPA
@Maurizio Pesce - wikimedia commons - Licenza: Attribution 2.0 International (CC BY 2.0)

La digitalizzazione avanza

Il Medio Oriente come tutto il resto del mondo sta diventando sempre più digitalizzato e interconnesso. Una volta nei grandi deserti della regione il segnale telefonico si perdeva, nelle grandi città, come Il Cairo o Damasco, ancora si viveva sulle infrastrutture telefoniche coloniali, ma adesso la situazione è cambiata drasticamente.

Lo smartphone è diventato un protagonista centrale della vita mediorientale, politica e sociale. Telegram, Whatsaapp e Messenger sono diventati i canali di comunicazione più usati, dove sono legali, modificando le abitudini dei cittadini e attirando l’attenzione dei governi. Di conseguenza la costruzione di reti telefoniche e di accessi ad internet è diventata una miniera d’oro per le varie aziende del settore. Molti potrebbero pensare che i più attenti e interessati a questo mercato siano gli esperti del settore europei e americani o al massimo le grandi company asiatiche, cinesi giapponesi e coreane, ma in realtà i veri protagonisti di questo nuovo mercato sono le monarchie del Golfo e in particolare i loro fondi sovrani. 

 

Cerchiamo di fare qualche esempio per chiarire meglio questa situazione. Prendiamo tre casi di studio che sono particolarmente utili per chiarire questo andamento: Iraq, Egitto e Tunisia. 

In Iraq sono due le maggiori compagnie telefoniche: Zain e Asia Cell. Queste due grosse compagnie telefoniche forniscono servizi rispettivamente a 13.298 milioni di utenti la prima e 11.644 milioni di utenti la seconda, tenendo in considerazione che la popolazione irachena in questo momento è di quasi 37 milioni, è facile capire che insieme forniscono il servizio a più di metà della popolazione residente in Iraq. Ambedue queste company sono di proprietà di fondi che provengono dal Golfo. Lo Zain Gruop infatti è una compagnia originaria del Kuwait con legami stretti con l’emiro del paese e che al 24% è controllata da fondi che arrivano direttamente dalle casse dello stato. La seconda compagnia è invece legata alla Ooredoo, una multinazionale posseduta al 68% dal governo del Qatar.

In Tunisia la maggiore compagnia è proprio Ooredoo che fornisce servizi direttamente a 7 milioni e mezzo di utenti nel paese. La situazione rispetto all’Iraq è un po’ differente perché nonostante la maggioranza degli utenti telefonici siano forniti dalla multinazionale qatariota, circa 5 milioni di utenti ancora sono legati alla vecchia compagnia di bandiera tunisina, la Tunisie Telecom Group, che è stata in parte privatizzata con acquisti importanti da parte europea.

L’ultimo caso è quello dell’Egitto che rappresenta un ulteriore variazione di questa corsa alla telefonia mediorientale. Il paese infatti è largamente dominato da compagnie europee come Orange e Vodafone, che rispettivamente servono circa 33 milioni di utenti a testa, ma allo stesso tempo è presente un forte operatore Etisalat che ha base negli Emirati Arabi Uniti e che fornisce servizi a 24 milioni di persone in Egitto.

 

Questi sono solo tre paesi, ma molti altri presentano caatteristiche simili. La scelta di questi tre fattori è stata creata dal fatto che presentano tre dimensioni diverse di questo fenomeno. L’Iraq possiamo dire che vive in uno stato di quasi monopolio delle compagnie del Golfo. La Tunisia vede una maggioranza dei suoi utenti nelle mani della compagnia qatariota Ooredoo mentre invece l’Egitto è quello che, grazie agli investimenti europei e statali, permette che solo una fetta, benchè consistente, finisca nelle mani degli operatori del Golfo.

 

Per quale motivo il Golfo punta a questo settore e cosa può comportare?

Sono due i motivi principali per cui il golfo sta puntando sul settore delle comunicazioni di altri paesi attraverso società che sono direttamente controllate dallo Stato.

Il primo è sicuramente legato ai profitti. Queste società sono finanziate dai cosidetti petrodollari, soldi derivanti dalla vendita di idrocarburi, ma questi soldi è necessario che vengano utilizzati in modo che uscendo dai paesi del Golfo poi tornino attraverso altre forme. L’acquisto di società che forniscono servizi sono ottime per questo obiettivo. Infatti in questo modo le monarchie del Golfo comprano società e diffondono denaro in altri paesi che poi tornerà alle monarchie stesse in cambio dei servizi telefonici.

Il secondo motivo è forse il più importante ed è legato al possibile controllo delle infrastrutture di una paese alleato o nemico. Se si controlla la compagnia telefonica di un paese si può decidere di chiuderla all’improvviso per un fantomatico guasto, di aumentare i prezzi del costo della telefonia e soprattutto si può avere accesso alle informazioni di centinaia di milioni di utenti che usano quella rete. Non prendiamo in considerazione solo l’uso economico di queste aziende, secondo cui un’azienda di un paese terzo può conoscere i gusti e le preferenze di praticamente un’ intera nazione costruendovi poi una particolare campagna pubblicitaria, ma analizziamo anche il dato politico: è possibile per un paese terzo chiudere l’intera rete di telecomunicazioni di un altro stato.

 

Per chiarire il concetto cerchiamo di fare un esempio concreto. Durante le manifestazioni in Egitto per la caduta di Mubarak, molti ritengono che il Rais, sull’orlo del precipizio, chiese proprio alla compagnia Etisalat di chiudere la rete telefonica per fermare le comunicazioni all’interno dell’opposizione. Questo non accadde e non vi sono prove certe neanche sulla richiesta di Mubarak, ma l’esempio può far capire il peso che queste proprietà possono avere sulla vita politica di un altro paese.

Ancora di più è possibile capire il rischio quando si parla di smart cities, come quella che dovrebbe nascere in Egitto secondo i piani di Al Sisi: una città totalmente interconnessa alla rete internet e telefonica, che potrebbe essere spenta da uno schiocco di dita negli Emirati Arabi. 

Rimanere esclusi, rimanere liberi

È inevitabile pensare a che potere hanno le monarchie del Golfo in questi paesi così profondamente innervati da aziende con base nei paesi de Gulf Cooperation Council. Un potere di influenza che potrebbe anche determinare esiti di guerre e conflitti. Mentre Teheran allarga la propria influenza con i movimenti popolari, le Monarchie del Golfo sembrano voler conquistare influenza con le proprie armi più affilate: soldi e industrie.

Se si guarda attentamente la lista delle compagnie telefoniche mediorientali, fornite da vari istituti internazionali, è possibile notare che tre paesi mantengono il totale possesso delle proprie reti telefoniche. Questi tre paesi sono la Turchia, Israele e l’Iran. Tutti e tre questi centri di potere in Medio Oriente hanno aziende nazionali che hanno in mano il controllo delle infrastrutture telefoniche. Questo permette loro di potersi difendere da qualsiasi tipo di ingerenza, ma allo stesso tempo è necessario notare come questi tre paesi non abbiamo le capacità per proiettarsi così ampliamente nell’infrastruttura telematica dei paesi vicini.

Fonti e approfondimenti

https://www.telegeography.com

https://www.digium.com/partners/distributors/middle-east

Capitalism and Class in the Gulf Arab States Adam Hanieh

Qui la lista delle compagnie telefoniche mediorientali da cui è possibile risalire ai reali possessori delle compagnie stesse: https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_mobile_network_operators_of_the_Middle_East_and_Africa#Egypt

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