Corte Suprema degli Stati Uniti: cosa è e come funziona

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

In data 26 giugno uno dei nove giudici della Corte Suprema americana, Anthony Kennedy, ha annunciato le sue dimissioni. I giudici sono nominati a vita e, nello specifico, la nomina di Kennedy risale al 1988 al tempo della presidenza Reagan. Secondo la procedura prevista l’attuale presidente americano, Donald Trump, ha annunciato che presenterà il nome del nuovo favorito domani, 9 luglio. Nome che dovrà essere approvato successivamente dal Senato con una maggioranza semplice dei suoi membri.

Il sistema giudiziario americano vede la coesistenza di un sistema giudiziario federale e uno dei singoli Stati. La Corte Suprema americana, anche abbreviata con l’acronimo SCOTUS, rappresenta il tribunale di ultima istanza di Stato ed è anche il garante e l’interprete della Costituzione. È, inoltre, l’unico tribunale direttamente disciplinato da quest’ultima, il cui articolo 3 stabilisce che il potere giudiziario deve essere rivestito da una corte suprema e da corti di rango inferiore. Su questa base essa è stata formalmente creata dall’approvazione da parte del Congresso dello Judiciary Act del 24 settembre 1789 e la sua prima riunione ha avuto luogo il 2 febbraio 1790.

 

Composizione e ruolo della Corte

Come già accennato, i giudici sono 9 ma questo numero si è stabilizzato solo nel 1869, dopo aver subito sei cambiamenti a cominciare dalla composizione iniziale che contava sei giudici, di cui uno era il presidente, Chief Justice of the United States of America, e gli altri cinque gli Associate Justices. Ad oggi vi sono sempre un Chief Justice, attualmente John Roberts, e otto Associate Justices. Dal momento che essi sono nominati a vita, dispongono anche della facoltà, come abbiamo visto nel caso di Kennedy, di ritirarsi. Un’ulteriore possibilità di abbandono della Corte si presenta nel caso in cui un giudice viene sottoposto al procedimento dell’impeachment da parte della camera bassa, House of Representatives, e dichiarato colpevole dal Senato. Questo rappresenta, ovviamente, un procedimento molto raro e, fino ai nostri giorni, solo una volta è successo che un giudice sia stato messo sotto accusa, anche se in quel caso è stato poi assolto (il fatto risale al 1805 con il giudice Samuel Chase).

Inoltre è interessante tener presente che, sebbene la Costituzione non si esprima in materia, è divenuta ormai prassi la nomina di giudici che rappresentino tutte le diversità culturali, etniche e religiose.

L’articolo che disciplina l’ampiezza del potere della Corte è l’art.3.2 secondo il quale essa ha giurisdizione su tutti i casi derivanti dalla Costituzione, le leggi degli Stati Uniti e tutti quei trattati conclusi sotto la loro autorità. Accanto a questi l’articolo 3.2 prevede che siano di competenza della Corte anche i casi che riguardano ambasciatori e pubblici ministeri, i casi nei quali gli Stati Uniti rappresentano una parte, e anche le controversie tra due e più stati o addirittura quelle controversie che vedono lo stato in causa con cittadini di un altro stato.

È quindi veramente esteso l’ambito di competenza della Corte Suprema e la sua giurisdizione si articola in due tipi: original jurisdiction e appellate jurisdiction.
La giurisdizione di primo tipo si applica ai casi riguardanti ambasciatori e consoli e casi nei quali lo Stato è parte ed essa coincide con la competenza di primo grado dell’organo giudiziario. In tal caso il più alto organo giudiziario decide in prima e in ultima istanza: è quindi l’unico organo ad esaminare il caso.

Quando invece si parla di appellate jurisdiction si fa riferimento alle decisioni prese in secondo o in terzo grado. Questa ipotesi si concretizza tramite tre tipi di ricorsi: ricorso delle parti avverso alla sentenza della corte inferiore, su writ of certiorari, su certification. Quest’ultima è prevista nel caso in cui a giudicare su una questione siano due giudici, invece che tre, i quali non siano in accordo tra di loro e, dunque, richiedano l’intervento della Corte Suprema. La maggior parte dei casi presentati alla Corte avviene tramite il writ of certiorari, che coincide con una richiesta da parte della Corte stessa nei confronti di una corte inferiore di inviarle la documentazione di un caso, che non ha soddisfatto le parti in causa. L’organo giudiziario non è obbligato ad accogliere questi casi, e di solito ciò avviene solo se il caso potrebbe avere un significato importante sia a livello nazionale che per l’armonizzazione generale. Numericamente vengono inviate alla Corte più di 7000 richieste all’anno, ed essa ne accetta circa 100-150. Per accettare il caso servono i voti favorevoli di almeno quattro dei nove giudici dell’organo.

Le sentenze emesse hanno una duplice efficacia: da una parte risolvono la causa e, dall’altra, vincolano tutti i tribunali federali e statali, secondo il principio tipico del common law dello stare decisis.

 

Judicial Review

In ultimo, ma di valore importantissimo, la Corte svolge anche la funzione di Judicial Review, ovvero il sindacato di costituzionalità delle leggi. Tale funzione vede la sua nascita con la sentenza del 1803, Marbury v. Madison, nella quale i giudici affermarono per la prima volta che il potere giudiziario, qualora le leggi del Parlamento fossero ritenute contrarie alla Costituzione, avesse il dovere di non applicare tali leggi.

In realtà la dichiarazione di incostituzionalità può essere pronunciata da qualsiasi giudice nel corso di un processo, anche se essa in tal modo non ha efficacia erga omnes, ma viene applicata solo alla controversia in questione. Ciò vuol dire che la stessa norma può essere applicata da un altro giudice in un altro caso, qualora non ritenga che essa sia contrastante con la costituzione. In questo caso si parla di controllo di costituzionalità diffuso che è tipico dei sistemi di common law. Solo nel momento in cui la Corte si pronuncia sulla sua incostituzionalità essa vincola tutti i giudici.

Per concludere possiamo riassumere che la struttura istituzionale statunitense si fonda sul principio della separazione e del pluralismo dei poteri. La funzione legislativa spetta al Congresso, suddiviso in Camera dei Rappresentanti e Senato, mentre il Presidente possiede l’arma del veto e la funzione esecutiva, ma allo stesso tempo deve coordinarsi con il Congresso per il bilancio e per le nomine del Senato. Nelle mani del Presidente è anche l’indirizzo della politica estera e della difesa, ma sempre sotto un forte controllo del Congresso, in particolar modo del Senato. Tutto questo sistema è fortemente influenzato nel suo complessivo indirizzo politico dalla giurisprudenza della Corte Suprema.

 

 

Fonti e Approfondimenti

 

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