I Democratici non vinceranno più al centro

Un brivido freddo è corso lungo la schiena del Partito Democratico la notte del 26 giugno 2016 quando Ocasio Cortez, sfidante della minoranza socialista, ha vinto la nomination per la corsa di novembre alla Camera contro il super favorito Joe Crowley, uomo forte del partito e principale candidato ad assumere il ruolo di leader della minoranza che ora è di Nancy Pelosi.

 

La direzione del partito si è subito riunita e ha incominciato a fare i suoi calcoli, a vedere le statistiche per cercare di spiegarsi come un politico apprezzato e rinomato potesse essere sconfitto nel distretto dove aveva stravinto 4 anni fa. L’idea era di trarre una lezione utile da questo risultato così inaspettato, ma questa operazione si è rivelata tutt’altro che facile. Infatti accettare la realtà di questo voto vorrebbe dire rendersi conto di un cambiamento radicale e scendere a patti con un pensiero che potrebbe distruggere le basi stesse su cui da anni si basa il Partito Democratico americano.

Una lezione dal Bronx e dal Queens

Una volta dove andava Manhattan andava il progressismo americano. Il Partito Democratico di Bill Clinton prima e di Obama poi avevano sempre trovato il battesimo politico nei salotti di Manhattan, sia che fossero abitati da uomini di Wall Street sia che fossero il ritrovo abituale di registi o scrittori rinomati. Adesso la situazione è diversa e la linea del Partito Democratico sembrano dettarla il Queens e il Bronx.

Ocasio Cortez ha segnato l’agenda del progressismo americano. La giovane attivista democratica, iscritta al gruppo dei Socialisti Americani, che alle primarie del 2016 era stata responsabile della campagna di Bernie Sanders nelle periferie newyorkesi, ha ribaltato le regole del gioco e ha costretto il paese intero a interrogarsi sul perché della sua vittoria.

È destinata, a soli 28 anni, a diventare la più giovane rappresentante americana alla Camera degli Stati Uniti d’America ma ci si aspetta che negli anni a venire verrà ricordata  per molto di più. Cortez è stata sostenuta da vari movimenti progressisti come Move on, Justice Democrats, Brand New Congress, Black Lives Matter e Democracy for America, con un solo candidato democratico a sostenerla apertamente, Cynthia Nixon.

Tutti i pesi massimi del modello New York avevano scommesso sull’altro sfidante, Joe Crowley. Il governatore Cuomo, tutti e due i Senatori di New York, Chuck Schumer e Kirsten Gillibrand, e lo stesso sindaco di New York Bill de Blasio avevano spalleggiato il vecchio politico democratico, in risposta più ai dettami di Washington che alle proprie preferenze personali.

La battaglia elettorale è stata combattuta ad armi impari soprattutto sul fronte fondi. La campagna della giovane attivista ha speso circa 194.000 dollari contro i 3,4 milioni di dollari dello sfidante. Non a caso il motto che ha guidato la candidata è stato: “Non puoi vincere veramente i grandi finanziamenti privati con più finanziamenti. Li devi battere con un gioco totalmente diverso”.

Questo gioco ha compreso due elementi principali: un programma basato sui diritti, sull’uguaglianza e sulle pari opportunità e una campagna elettorale diretta, costruita sul rapporto personale e portata avanti dai volontari.

“Ci perdiamo gli swing vote”

Questa strategia non è un’invenzione della giovane Ocasio Cortez, né è la prima volta che viene utilizzata in America ma il Partito Democratico non ha mai accettato di applicarla alle proprie campagne nazionali. La motivazione data da sempre ad attivisti ed esponenti di sinistra rimane che con questi temi e modalità si perdono gli Swing Vote.

 

Con il termine “Swing vote” si indicano quei voti che ballano tra i due partiti. L’elettorato in America è molto liquido e per anni i partiti hanno vinto al centro, ossia grazie ad una retorica che non li facesse sembrare né troppo democratici né troppo Repubblicani, garantendo così che tutti potessero essere accontentati. È necessario tuttavia farsi una domanda: è veramente ancora così?

Tornando indietro nel tempo e guardando alle ultime presidenziali, ciò che emerge è che tendenzialmente l’unico caso in cui questa teoria è risultata vera sono le due elezioni di Clinton. Da un lato, i Repubblicani sembrano aver imparato che la regola del “si vince al centro” altro non è che una leggenda e hanno realizzato di conseguenza che è necessario mobilitare al 100% la propria base per avere una chance contro la costituente democratica, multi etnica e di gran lunga più numerosa dal punto di vista demografico. Dall’altro lato, i Democratici hanno faticato a fare tesoro della lezione di Obama, che era riuscito a coagulare su di sé le speranze dei giovani e delle minoranze. Se non dall’ex Presidente, si spera possano apprendere almeno dal caso Trump.

 

Gli USA non sono New York, ma potrebbero essere l’Iowa?

Non tutti gli Stati potranno essere vinti in questo modo, tutti nel partito ne sono convinti. Elizabeth Warren e Bernie Sanders avevano già affrontato questo problema. Se gli Stati fortemente Repubblicani, per il momento, non sono ancora pronti ad essere conquistati con questa politica; è possibile che lo diventeranno piano piano, vedendo i risultati degli altri e di una presidenza che dovrebbe essere del popolo e per il popolo.

La prossima tornata di primarie sarà in Iowa, lo swing state per eccellenza. Molti candidati hanno capito qual è l’andamento e stanno lanciando campagne porta a porta, ispirate ad un approccio marcatamente social democratico. I risultati li vedremo nel prossimo futuro. L’Iowa è molto diverso dal Bronx e dal Queens, è più religioso, meno multiculturale e di vedute più ristrette. Sarà dunque una bella prova per i candidati alla Ocasio Cortez che, se dovessero strappare anche piccoli risultati, potrebbero aprire una breccia nel pensiero mainstream democratico.

L’agenda deve cambiare

Questa frase è stata detta da molti ma in cosa dovrebbe consistere questo cambio di agenda? Dopo il collasso economico del 2008, creato dalle maggioranze dominanti colluse con il potere economico, il Partito Democratico non si è mai schierato apertamente contro le grandi banche di investimenti, né ha contestato il loro ruolo nella società. I Dem non hanno mai criticato il fatto che Wall Street, cardine del mercato finanziario, abbia distrutto Main street, la strada di New York che rappresenta l’economia reale.

 

I Democratici hanno cercato di convincere la classe operaia, sfruttata e schiavizzata, che doveva imparare a convivere con il mercato senza però offrire una soluzione efficace agli effetti collaterali del collasso economico. I Repubblicani invece hanno puntato il dito contro gli immigrati, contro l’esterno e il diverso, non trovando certo una risposta al malcontento, ma individuando una scappatoia facile, un nemico comune verso cui canalizzare la frustrazione dei cittadini americani meno istruiti.

In questo modo i Democratici hanno allontanato la propria base, che si è poi divisa sulla scia degli slogan razzisti dei Repubblicani. La nuova agenda parte da qui, scegliere da che parte stare, se con Wall Street o con Main Street. È necessario avere il coraggio di parlare di redistribuzione della ricchezza in un paese in cui i socialisti europei, non i politici più radicali, sono stati per lungo tempo visti come dei comunisti estremi.

 

A tutto questo discorso va aggiunta la questione della democrazia interna al partito. Una nuova linea, più pluralista, potrebbe portare nuovo entusiasmo nella compagine democratica. Se il cittadino sa di contare qualcosa, sicuramente sarà politicamente più coinvolto e cercherà di dare un contributo concreto: questa è la lezione che la direzione democratica dovrebbe trarre dalla sconfitta di Crowley, questa è stata la vera carta vincente nella campagna di Ocasio Cortez.

L’entusiasmo degli attivisti del partito, una nuova agenda social democratica e nuovi candidati giovani, sono il messaggio lanciato dal Bronx, vedremo dove potrà arrivare.

Fonti e Approfondimenti:

https://www.thenation.com/article/far-left-politics-can-win-country/

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