Sempre più grave il tracollo del Venezuela, ora l’Ecuador abbandona l’ALBA

Venezuela ALBA
@Gabriela Camaton - Flickr - Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Lo scorso 23 agosto, il Ministero degli Esteri dell’Ecuador ha comunicato ufficialmente il ritiro del paese dall’Alleanza Bolivariana per i popoli della nostra America (ALBA). La tensione con il Governo ecuadoriano va così ad aggravare il quadro già più che drammatico della crisi venezuelana. Nonostante Maduro continui a ostentare fiducia, il Venezuela è al collasso sotto diversi punti di vista; anche i recenti interventi monetari ed economici hanno, per ora, solo creato confusione.

“Il Governo dell’Ecuador manifesta la sua frustrazione di fronte alla mancanza di volontà politica, in primo luogo da parte del Governo del Venezuela, di aprire le porte a una soluzione democratica e, per mezzo di un genuino dialogo con la nazione, mettere fine alle esclusioni di ogni tipo e cercare una soluzione per i problemi del paese. Solo la stabilità democratica in Venezuela produrrà la stabilità economica capace di evitare il perpetuarsi dell’esodo massivo dei suoi cittadini. Operare altrimenti significa dare impulso alla migrazione generalizzata e mettere a rischio diritti umani essenziali quali la salute, l’educazione e il sostentamento del suo popolo. […] L’Ecuador annuncia che non continuerà a partecipare all’ALBA e che non condivide le sue posizioni riguardo a vari temi regionali.”

Cosa significa lasciare l’ALBA

Come emerge dal tono del Comunicato, si tratta di una forte presa di posizione: l’Ecuador condanna la gestione della crisi da parte del governo chavista, ma soprattutto manifesta apprensione per il malessere della democrazia in Venezuela. Il voltafaccia è notevole, se pensiamo che l’attuale Presidente ecuadoriano Lenín Moreno era stato eletto, nel 2017, con un programma che avrebbe dovuto dare continuità al lascito del predecessore Rafael Correa, il quale era alleato storico di Nicolás Maduro.

Inoltre, l’Ecuador era stato tra i primi (2006) ad aderire all’ALBA, l’organismo internazionale fondato due anni prima per iniziativa di Hugo Chávez e Fidel Castro e basato sulla cooperazione tra i governi socialisti della regione. Moreno, invece, sta allontanando sempre più il suo paese da quella linea di governo, come confermano anche le altre politiche recenti, sempre più tendenti a destra.
La mossa è stata interpretata con altrettanta durezza da Caracas, secondo quanto annunciato dal segretario dell’ALBA David Choquehuanca Cespedes. Un Comunicato dell’Alleanza Bolivariana, emanato il giorno dopo, ha messo in guardia Quito, segnalando la serietà del danno arrecato all’integrazione regionale. A fargli eco la Bolivia: il 26 agosto è arrivato un tweet di Evo Morales che parla apertamente di tradimento del popolo e del progetto di “Grande Patria”.

Panoramica di una crisi e dei suoi effetti

Tornando al Venezuela di Maduro, è diventato ormai impossibile negare che il paese stia affrontando la peggior crisi economica dal 1999, vale a dire da prima dell’avvento di Chávez. Le stime degli economisti sono sempre più sconfortanti. Solo rispetto a un anno fa, l’inflazione è già aumentata dell’80%, per non parlare della impressionante iperinflazione accumulata precedentemente. Inoltre, per il sesto anno consecutivo, il deficit fiscale si conferma attorno al 20% del PIL.

L’indice di riesgo país (il tasso di rischio per gli acquirenti) è il più alto del mondo e la scarsità delle riserve monetarie si traduce nella pesante insufficienza di beni come le medicine, i prodotti alimentari e i servizi basilari. Inoltre, in seguito al collasso delle compagnie che gestiscono gli impianti di raffineria e i generatori elettrici, nelle case mancano luce, gas e acqua. Nonostante venga trascurata dai media europei, l’emergenza umanitaria venezuelana è drammaticamente reale e tale da poter essere paragonata a un bollettino di guerra: i tassi di malnutrizione e mortalità infantile sono in aumento, mentre ricompaiono casi di malattie che si credevano debellate (tra cui malaria, difterite, tubercolosi). Di conseguenza, come fotografava il Comunicato dell’Ecuador, milioni di venezuelani si sono visti obbligati a prendere la decisione di emigrare, con tutte le problematiche che ne derivano, oltre la frontiera.

A livello nazionale, i toni del conflitto sociale sono sempre più acuti: le opposizioni accusano Maduro di aver calpestato il benessere del suo popolo e i principi della democrazia, pur di mantenersi attaccato al potere. È vero che per anni l’esecutivo ha rifiutato di assumersi la responsabilità della spirale negativa in cui stava precipitando il paese, chiamando in causa il “complotto mediatico” ordito dalla destra e dalle mire imperialistiche USA con lo scopo di destabilizzare il chavismo. Ora che non è più possibile negare l’evidenza e che gli occhi di tutti i governi della regione sono puntati sulla crisi venezuelana, la negligenza di Maduro si sta convertendo progressivamente in tensione internazionale.

Tra gli eventi emblematici dell’attuale instabilità, c’è quello verificatosi lo scorso 4 agosto. Durante un discorso pubblico del Presidente, si sono sentite delle esplosioni che hanno fatto pensare a un attentato. I soldati in parata hanno rotto le righe e gli uomini della scorta sono intervenuti prontamente per difendere Maduro. La versione ufficiale è che fosse nel mirino di due droni-bomba. Nei giorni successivi si è proceduto all’arresto di sei presunti terroristi, ma a ben guardare la questione è tutt’altro che chiara. Molti credono che si sia trattato di una montatura per distrarre l’attenzione pubblica e dare al Governo un pretesto per scagliarsi contro l’opposizione.

Il Programma di Recupero e la riconversione monetaria

In questo quadro generale, come intende agire Maduro per salvare il Venezuela dal baratro e tentare la ripresa? Per il momento, le misure sono state rivolte in primis a combattere la crisi sotto l’aspetto economico. Il “Programma di Recupero e Prosperità economica”, fresco dell’ultima campagna elettorale di Maduro, si propone di “creare un nuovo sistema di prezzi che permetterà di recuperare il potere d’acquisto del popolo, puntando in maniera diretta a sanare le ferite causate dalla “guerra economica”.

Le misure più incisive sono entrate in vigore lo scorso 20 agosto e sono state precedute da un annuncio con cui il Presidente ha magnificato “un gran cambiamento” e “un processo storico di ripresa”. Sfidando le sanzioni minacciate dagli stati Uniti, il Petro è così diventato l’unità di misura monetaria nazionale, con un valore corrispondente di 3600 Bolívares Soberanos.
Il Petro è una criptovaluta, controllata dal Governo venezuelano e creata dallo stesso all’inizio di quest’anno. Si tratta di una moneta virtuale ancorata ai giacimenti petroliferi e minerali dello stato. A febbraio è stata stanziata l’emissione di cento milioni di Petro-token, ciascuno garantito da un barile di greggio, per un valore totale che, nelle stime di Caracas, corrisponderebbe a 6 miliardi di dollari.
A proposito dell’efficacia del Petro per combattere l’inflazione, gli economisti che contestano Maduro esprimono scetticismo, mentre gli USA avevano proibito da subito le transazioni in Petro. Il Dipartimento del Tesoro statunitense avvertì il Venezuela che investire in una moneta fittizia rappresenta un’estensione di credito e quindi espone il paese a rischi legali.

Per quanto riguarda invece la riconversione monetaria, il 21 agosto ha iniziato a circolare in Venezuela il Bolívar Soberano (BsS), che con l’eliminazione di 5 zeri sostituisce il Bolívar Fuerte (il progetto originale di rimuoverne solo 3 ha dovuto essere riveduto, sempre a causa dell’inflazione galoppante). Il giorno della riforma è stato dichiarato festivo e le banche sono rimaste chiuse perché si potessero preparare al cambio. In ogni caso, il martedì il caos è stato evidente fin dalla mattinata: code ai bancomat e prelievo di contanti limitato, molti negozi chiusi e trasporti pubblici in tilt. Già nel 2008 era stata attuata una misura monetaria simile, ma tra la gente si è comunque diffusa una sensazione di smarrimento. Tutto ciò è andato a coincidere con la giornata di protesta e di sciopero generale convocata dai partiti di opposizione.

Tra gli ulteriori interventi economici c’è l’aumento salariale e delle pensioni che entra in vigore il 1° settembre: da allora il tetto minimo di entrambi è 1800 BsS. Gli altri punti salienti del Programa de Recupero sono l’aumento dell’IVA di 4 punti percentuali (dal 12% al 16%) e l’annuncio dell’introduzione di un sistema di sussidio diretto per i venezuelani possessori del “carnet de la patria”. Attraverso un sistema di tesseramento (già oggetto di forti polemiche), i cittadini potranno così usufruire di uno sconto sul prezzo della benzina e dei mezzi pubblici.

Il 27 agosto, mentre si celebrava il IV Congresso del Partido Unido Socialista de Venezuela (PSUV), Maduro ha anche annunciato un piano nazionale di risparmio basato sul peso dell’oro (2,5 grammi avranno il valore di 6300 BsS), oltre alla creazione di un nuovo Ministero “del Commercio Interno”. Sarà guidato da William Contreras e avrà il compito di equilibrare i prezzi dei beni essenziali e di congelarli a livelli accettabili.

“Il 2018 rimarrà impresso nella storia economica del paese – ha dichiarato Maduro durante lo stesso Congresso – Ora inizia la grande sfida. Ho piena fiducia”.

 

Fonti e approfondimenti:

https://www.nodal.am/2018/08/el-gobierno-ecuador-abandona-la-alba-con-fuertes-criticas-a-venezuela/

https://www.telesurtv.net/english/news/ALBA-Boss-Chastizes-Ecuador-For-Abandoning-Regional-Bloc-20180824-0022.html

https://www.nytimes.com/es/2018/03/24/opinion-barrera-crisis-salud-venezuela/

http://nuso.org/articulo/nicolas-maduro-tiene-un-plan/

https://www.telesurtv.net/opinion/Medidas-economicas-en-la-tormenta-20180820-0043.html

https://www.nodal.am/2018/08/no-habra-mas-hiperinflacion-en-venezuela-asegura-maduro-tras-las-medidas-economicas-por-victoria-korn/

https://www.ilpost.it/2018/08/22/venezuela-bolivar-soberano/

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