L’UE e la riforma del copyright: verso il voto del 12 settembre

bandiera dell'ue

La riforma europea delle leggi sul copyright sarà votata nuovamente dal Parlamento Europeo il prossimo 12 settembre, dopo il rinvio della procedura dello scorso 5 luglio. La nuova normativa è infatti molto controversa e un grande movimento di protesta online aveva spinto i legislatori di Bruxelles a prendere tempo sull’argomento.

La legge

Lo scorso giugno il Comitato affari legali del Parlamento europeo aveva approvato una revisione della legislazione sul copyright digitale. La prima proposta di questo provvedimento risale al 2016, ad opera della Commissione Europea. L’obiettivo ufficiale era (ed è tuttora) quello di aggiornare le leggi sul diritto d’autore nell’epoca del web 2.0, assicurandosi che artisti e giornalisti siano pagati equamente per il loro lavoro.

Il testo finale è stato ridefinito più volte, ed è stato frutto dello scontro tra gli interessi di due grandi gruppi: da un lato, le associazioni favorevoli ad una maggiore libertà del web, dall’altro, i grandi editori in cerca di maggiori tutele per i loro contenuti. Questa normativa rappresenterebbe, infatti, un tentativo molto ambizioso di regolamentazione dello spazio online, motivo per cui potrebbe avere ripercussioni su larghissima scala. La critica ha fin da subito bersagliato, in particolare, gli articoli 11 e 13 della legge, ma il testo in generale è accusato di essere troppo vago e lacunoso per il compito che si prefigge.

 

Art.11 – La link-tax

L’articolo 11 della riforma è stato rapidamente sopranominato “tassa sui link” anche se, per la precisione, riguarderebbe solo le loro anteprime. Su piattaforme come Google e Facebook, i collegamenti a pagine o ad altri contenuti sono, infatti, visualizzati in forma di snippet, ossia accompagnati da testi e immagini. Con le nuove leggi sarebbe necessaria una licenza rilasciata dall’autore, che dia il permesso di mostrare queste informazioni in forma gratuita o dietro pagamento. Nella stragrande maggioranza dei casi, sarebbero i siti di informazione ad essere i principali destinatari del provvedimento, vista la frequenza e la viralità delle loro pubblicazioni.

L’intento è quello di favorire gli editori europei rispetto alle grandi piattaforme di condivisione dei contenuti, che sarebbero infatti obbligate a pagare gli editori per ospitare i loro link. Le ripercussioni, però, potrebbero essere enormi ed inaspettate, soprattutto perché l’articolo è molto vago, e non tratta alcun aspetto pratico o tecnico.

I problemi sollevati da questo provvedimento sono evidenti: da un lato, gli stessi editori potrebbero decidere di non rischiare enormi perdite di visibilità (spesso più preziose delle possibilità di guadagno date dai copyright); mentre, dall’altro, si ridurrebbe la stessa possibilità di fruizione di contenuti da parte degli utenti. Come, e in che modo, negoziare il valore di questi diritti d’autore è ancora tutto da stabilire. E rimane l’ovvio interrogativo circa quanto in realtà sarebbero i giganti come Google ad avere la meglio, mentre tra gli stessi autori solo i più noti avrebbero un reale potere di negoziazione.

Art. 13 – I filtri per l’upload

L’articolo 13 riguarda, invece, il caricamento di contenuti sulle piattaforme di condivisione, che secondo la legge dovrebbero essere preventivamente esaminati per controllare che non infrangano alcun copyright. Lo scopo dell’articolo è, ovviamente, quello di aumentare la responsabilità delle grandi aziende nella protezione della proprietà intellettuale. Le piattaforme web dovrebbero, quindi, dotarsi di potenti mezzi per controllare l’enorme flusso di informazioni caricate nei loro server, attraverso algoritmi e personale specializzato.

Le critiche più aspre rivolte a questo articolo sono sostanzialmete due. Innanzitutto, il doversi dotare di tali strumenti di controllo renderebbe ancora più difficile l’emergere di una vera concorrenza agli attuali giganti del web: questi mezzi sono costosi e, tra i soggetti minori della rete, sono in pochi a poterseli permettere al momento, mentre colossi come YouTube già ne dispongono in abbondanza. Le startup sarebbero quindi ostacolate, soprattutto quando appartengono a settori meno remunerativi, come la ricerca o l’istruzione. Resta poi da stabilire quale sia la linea di confine tra fair use e volazione dei diritti di autore, azione complessa che una macchina non è ancora in grado di compiere al meglio.

Esempio calzante del problema è il rapporto tra questa legge e i memele immagini usate per crearli sono sempre coperte da copyright, ma solitamente il loro utilizzo ricade nel fair use (come parodie) ed è quindi protetto, o almeno tollerato. Un algoritmo non riuscirebbe a rilevare queste sottigliezze basate sul senso tutto umano dell’umorismo e, una volta riconoscuta l’immagine, bloccherebbe seccamente tutto il contenuto. Stesso discorso vale anche per l’audio e la musica, dove gli stessi problemi potrebbero essere riscontrati in cover, mash-up, e via dicendo. A compiere questo genere di controlli dovrebbe quindi essere un umano, con i tempi e i costi che questo comporta.

Cosa cambierebbe davvero

Ad una prima analisi, il dibattito su questa riforma può quindi apparire come un semplice scontro tra i giganti del web ed i creativi che usano l’internet 2.0 per diffondere i loro contenuti. Secondo questa visione, la normativa sarebbe un tentativo di responsabilizzare le aziende, che di fatto sono attualmente l’internet, ed aumentare il potere negoziale dei soggetti più piccoli. Va detto, però, che il rapporto tra piattaforme e creativi non è unilaterale come appare in certe narrative.

Se è vero che, da un lato, i grandi del web ottengono profitti grazie ai contenuti caricati dagli altri soggetti, questi ultimi beneficiano enormemente della visibilità e della possibilità di far circolare il proprio lavoro su internet. La normativa rappresenterebbe, quindi, un tentativo di ridistribuire i guadagni derivanti dalla circolazione dei contenuti multimediali. Tuttavia, qualora alterasse questi meccanismi, potrebbe dimostrarsi addirittura penalizzante per i soggetti minori. I detrattori della riforma la ritengono infatti dannosa per la libertà e l’accessibilità di internet, oltre che una possibile fonte di maggiore diseguaglianza tra creatori di contenuti con budget differenti.

Un rischio da non sottovalutare in questo scenario sarebbe, poi, il prevalere della propaganda e delle fake-news rispetto all’informazione reale. I gruppi che hanno come unica agenda la degradazione del dibattito politico e la diffusione di narrative tossiche badano solo alla viralità dei loro messaggi, non al ritorno economico. E, in una situazione in cui rinunciare ai propri diritti di copyright aiuta la circolazione dei contenuti, potrebbero ricevere inavvertitamente un aiuto prezioso.

 

Cosa dobbiamo aspettarci

Il dibattito politico intorno a questa tematica resta acceso, e l’esito del voto del prossimo 12 settembre non è scontato. Nello scontro è intervenuta fortemente anche la società civile, soprattutto attraverso campagne di informazione per promuovere la richiesta diretta di fermare la legge: questo grande movimento, con la sua attività di advocacy, ha avuto sicuramente un ruolo importante nel rimandare la discussione della legge (anche se, al momento, sembra decisamente meno attivo).

In una lettera aperta diretta al Presidente del Parlamento Europeo, 70 personalità importanti del mondo di internet descrivono l’articolo 13 come “un passo verso la trasformazione di internet da una piattaforma aperta, utile alla condivisione e all’innovazione, in uno strumento di sorveglianza automatizzata e controllo degli utenti”. Molte sono state anche le posizioni meno drastiche espresse da altri gruppi di accademici e professionisti circa i due articoli incriminati, pur rimanendo fermamente contrari alla riforma. 

Quale che sia la posizione personale nel dibattito, e la relativa concezione di internet che si possiede, dovremmo tutti interrogarci su quale futuro desideriamo per un mezzo che ormai è diventato il veicolo di gran parte delle nostre attività. Per quanto si possa ritenere necessario un aggiornamento delle normative, vista la portata degli effetti che si potrebbero avere, sarebbe necessario richiedere una trattazione accurata della materia, oltre che una valutazione seria dei possibili effetti sulla vita di migliaia di lavoratori.

Il fatto che le lobby del settore tech e la maggioranza dei consumatori si siano attivati per la stessa finalità mostra come il dibattito sulla natura di internet sia, al momento, una delle nuove linee di frattura più interessanti dal punto di vista politico. Il risultato del voto di metà settembre non sarà probabilmente decisivo (proprio per via della debolezza del testo in esame), ma una sua eventuale implementazione segnerebbe un momento storico.

Fonti e Approfondimenti:

BBC – Controversial copyright law rejected by EU parliament

EUR-Lex – Testo integrale della direttiva

Nota del Parlamento Europeo – The proposed Directive on Copyright in the Digital Single Market (Articles 11, 14 and 16)

Plagiarism Today – Copyright, Memes and the Perils of Viral Content

Julia Reda (Europarlamentare del Partito Pirata) – EU copyright reform

Testo integrale della lettera aperta – Article 13 of the EU Copyright Directive Threatens the Internet

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