L’ultimo discorso di Jean-Claude Juncker

Jean-Claude Juncker

Lo scorso mercoledì il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha tenuto il suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione. Juncker, che ha alle spalle una carriera politica trentennale, si accinge a concludere il suo mandato da presidente rendendo subito chiaro che non sarà candidato nuovamente.

Coloro che, complici l’attesa del fatidico voto pomeridiano del Parlamento sull’Ungheria, si aspettavano un discorso animoso in linea con quello dell’anno scorso saranno di certo rimasti delusi: le parole del Presidente non suonavano né come un discorso sull’eredità lasciata in dote alla prossima commissione né come un lungimirante e coraggioso piano di battaglia per prepararsi alle sfide dei prossimi anni.

 

I punti chiave del discorso

  • L’Unione Europea, ha tenuto a rimarcare Juncker, ha significato la pacificazione del continente e va pertanto rispettata maggiormente alla luce di questo enorme risultato.
  • L’Europa è riuscita ad uscire dalla crisi economica ed ora vive una fase di crescita consistente, 12 milioni di posti di lavoro sono stati creati dal 2014.
  • Per quanto riguarda i commerci internazionali, l’Unione Europea rimane strenuamente a difesa del multilateralismo e dell’apertura. Anche se altri paesi decideranno di non seguire questi principi l’Europa vi rimarrà fedele.
  • Sulla questione immigrazione Juncker rimane sul principio dell’apertura e della tolleranza come guida dell’azione europea in tale ambito. “L’Europa non diventerà mai una fortezza che volta le spalle al mondo, specialmente alla parte del mondo che soffre”. Ma è solo attraverso una migliore e più profonda gestione europea delle frontiere che gli stati membri potranno far fronte alle sfide in materia.

Brexit e il passaggio da unanimità a maggioranza in politica estera e tassazione

L’Unione Europea rimpiange ma rispetta la decisione britannica e chiede al governo di Londra di capire che al di fuori dell’Unione non potranno mantenere gli stessi privilegi di prima. Nonostante ciò, Juncker ha affermato che il Regno Unito non potrà mai essere considerato come un paese terzo qualsiasi e pertanto andranno compiti tutti gli sforzi necessari a mantenere una solida partnership in ambito economico, politico e di sicurezza. La questione del confine Irlandese è una priorità della Commissione che dimostrerà sempre la sua solidarietà e la sua attenzione all’Irlanda.

Sempre in ambito di politica estera l’altro fronte importante per Juncker è quello dell’Africa. Secondo il presidente il rapporto fra i due continenti non deve più svilupparsi secondo la dinamica “donatore e ricevente” una nuova alleanza Africa-Europa è possibile e deve essere basata su cooperazione e polizia di frontiera, controllo del web e  apertura di vie di immigrazione legale. L’altro lato della medaglia è il commercio: “Occorre anche trasformare i numerosi accordi commerciali tra l’UE e l’Africa in un accordo intercontinentale di libero scambio”.

Sul funzionamento della politica estera Juncker ha sostenuto che i paesi membri non devono più essere in grado di bloccare tramite veto le iniziative comunitarie. A tal proposito, una delle poche proposte degne di nota è l’utilizzo delle clausole passerella per cambiare le modalità di voto in materia di politica estera passando dall’unanimità alla maggioranza. La stessa cosa, ha affermato il Presidente, verrà applicata all’ambito della tassazione.

 

Il rafforzamento dell’Euro come valuta internazionale e i risultati del Piano Juncker

Juncker sostiene che l’euro debba diventare la nuova valuta globale per i commerci e soppiantare il dollaro. L’amministrazione Trump, con il suo “ideale” obbiettivo di ritirare gli Stati Uniti dal mondo, crea enormi opportunità all’euro.

L’ex premier lussemburghese ha ricordato che l’Unione Europea rappresenta un quinto dell’economia mondiale e che 60 paesi hanno legato la propria valuta in un modo o nell’altro all’euro. Ha ricordato inoltre che l’Unione importa l’80% del suo fabbisogno energetico in dollari, quando dagli Stati Uniti proviene appena il 2% delle materie prime: Juncker promette di rivedere tale situazione paradossale e, appunto, di promuovere il ruolo internazionale dell’Euro.

Durante il suo discorso Juncker ha tenuto a ricordare i risultati ottenuti grazie al suo piano per gli investimenti strategici: il Piano Juncker o EFSI. Tale piano ha raggiunto e superato gli obbiettivi preposti per il 2018 raggiungendo i 335 miliardi rispetto ai 315 stimati nel 2015, l’obbiettivo per il 2020 è raggiungere i 500 miliardi di investimenti.

Secondo le statistiche pubblicate di recente dalla stessa Commissione Ue, 700 mila piccole e medie imprese hanno beneficiato del Piano Juncker in questi anni
grazie in tutto a 898 operazioni finanziarie coordinate dalle
istituzioni comunitarie. Il presidente dell’esecutivo comunitario è convinto che l’EFSI
possa aumentare il prodotto interno lordo dell’Unione europea dell’1,3% da qui al 2020 creando fino a 1,4 milioni di nuovi posti di lavoro da qui alla fine del decennio.

 

Il discorso sugli Stati dell’Unione

Il rischio nell’importare un cerimoniale americano quale il discorso sullo stato dell’Unione è duplice. In primo luogo ogni anno si tende a dimenticare quanto affermato l’anno precedente; in secondo luogo la figura del capo dell’esecutivo europeo attira su di se tanto elogi quanto critiche per ciò che afferma e rappresenta. Il punto è che a differenza dell’appuntamento che si svolge annualmente a Washington colui che parla non ha gli stessi poteri costituzionali.

Le due problematiche si fondono. Quando divenne presidente della Commissione nel 2014, Juncker promise altro: il rafforzamento dell’eurozona, il completamento dell’unione bancaria, l’unione del mercato dei capitali, una seria agenda migratoria e un’unione sociale (tanto per citarne alcuni). Dopo quattro anni non tutto è stato fatto, ai grandi piani (rinnovati di anno in anno) sono seguiti i piccoli passi forse più realistici ma comunque inadeguati alle sfide. Questa è probabilmente una delle colpe principali da imputare alla Commissione Juncker.

Ma la colpa è davvero solo di Bruxelles? E’ bene ricordare che  la Commissione propone ma sono pur sempre i Governi riuniti nel Consiglio a decidere insieme al Parlamento. E’ responsabilità di questi dunque l’aver rimandato, ridimensionato, ridotto e rallentato molti dei piani originari della Commissione. Ciò che rattrista è che l’atteggiamento dei governi europei è stato tale negli scorsi anni ma che potrebbe esserlo ancora di più in prossimità delle elezioni europee dell’anno prossimo.

 

 

Fonti ed Approfondimenti:

https://www.politico.eu/article/jean-claude-juncker-make-euro-the-global-trade-currency/

https://www.politico.eu/article/strain-shows-as-jean-claude-juncker-delivers-final-state-of-the-union-european-commissioner/

https://formiche.net/2018/09/cosa-dice-juncker-cosa-replica-litalia-post-soteu-secondo-roma/

L’ambizione dei “piani” fa i conti con la realtà, di Adriana Cerretelli, in Il Sole 24 Ore 13 Settembre 2018.

Leave a comment

Your email address will not be published.


*