Tribalismo nella Penisola Arabica di oggi

Nonostante possa apparire un anacronismo, parlare di tribù e identità tribali è ancora oggi un discorso di estrema attualità; ciò è particolarmente vero quando si fa riferimento al Medio Oriente, anche se forme di tribalismo possono essere presenti in altre regioni del globo e sotto varie forme. Secondo diversi studiosi è più opportuno pensare al concetto di “tribù” come ad una ideologia, piuttosto che definirlo come un nucleo sociale o politico ben definito. Difatti, le strutture in cui si può sviluppare e le funzioni svolte dalla tribù sono svariate e dipendono dal contesto geografico, sociale, politico, religioso ed economico a cui si fa riferimento, oltre che dal momento storico preso in considerazione.

Trovare una definizione onnicomprensiva al termine “tribù” è perciò molto difficile, se non impossibile, non solo per i diversi modelli sociali di riferimento, che possono portare a non cogliere il significato nella sua interezza, ma anche e proprio perché il ruolo svolto dalla tribù cambia a seconda delle circostanze.

Nell’area mediorientale e addirittura all’interno degli stessi stati, le cosiddette tribù si differenziano per dimensioni, organizzazione, mezzi e metodi di affiliazione, oltre che per il ruolo che questi gruppi hanno svolto e sviluppato nel corso del tempo.

In alcune regioni le tribù vengono o venivano identificate con gruppi sociali nomadi dediti alla pastorizia: tuttavia, se è indubbio che alcune tribù fossero effettivamente nomadi e pastorali, altre mancavano di una o entrambe le caratteristiche e, d’altro canto, non tutti i gruppi nomadi fanno parte di una affiliazione tribale. Comunemente si fa risalire l’appartenenza ad un determinato gruppo tribale ad un legame parenterale, anche se storicamente molte tribù si sono formate seguendo criteri politici più che genealogici: sono precisamente la “flessibilità” e l’“adattabilità” proprie dell’appartenenza tribale ad aver permesso la sopravvivenza di questo tipo di legami e ideologie.

Tribù d’Arabia

Nel passato le tribù presenti in Arabia, di svariate etnie e professanti diverse religioni, rappresentavano gruppi autonomi che provvedevano a garantire sicurezza, controllo del territorio e servizi ai propri membri in mancanza di un potere centrale. Le condizioni climatiche ed ambientali particolarmente avverse della regione rendevano difficile condurre una vita sedentaria, pertanto il nomadismo pastorale costituiva uno dei pochi stili di vita praticabili: in questo contesto, una tribù, solitamente composta da diverse sottotribù, rappresentava l’entità che idealmente univa una popolazione altrimenti sparsa in un territorio più o meno vasto, che poteva avere contatti anche solo sporadicamente o stagionalmente. Ad ogni modo, già nella civiltà preislamica esistevano diverse tribù diventate stanziali, soprattutto nei pressi di oasi e lungo i litorali,  dedite all’agricoltura e al commercio.

Il ruolo politico ed economico ricoperto dalle tribù cambiò drasticamente con la formazione degli stati moderni. Nel nuovo contesto, le tribù persero gran parte della propria autonomia a favore di un potere centralizzato in grado di ritenere il monopolio della forza e provvedere ai servizi per la propria popolazione. Le famiglie regnanti spesso finirono per cooptare le élite tribali nelle proprie reti di patronaggio al fine di assicurarsi un loro appoggio nella formazione degli stati moderni; ad alcuni sceicchi vennero assegnati benefici e incarichi di potere all’interno delle regioni a loro affidate, andando a svolgere funzioni di intermediazione tra lo stato e le comunità: questi privilegi, tuttavia, si persero con il tempo e con l’espansione del ruolo dello stato. Questo è vero soprattutto nel contesto della Penisola Arabica e delle ricche monarchie del Golfo che, grazie alla vendita di petrolio, riuscirono a rafforzare la propria autorità a discapito delle autonomie tribali, le quali, al contrario, diventarono subordinate e dipendenti. Ad esempio, il fatto che talvolta il versamento di denaro a determinate tribù risulti tra le spese dirette di alcuni governi e che, ad eccezione del Kuwait, le monarchie del Golfo non permettano «class action pubbliche», sono alcune manifestazioni di questo tentativo di integrare e indebolire quella che un tempo era la piena autonomia tribale.

Nonostante questo declino, le tribù – autentiche e ricreate – hanno continuato ad essere un importante aspetto per l’identità sociale dei propri appartenenti. Proprio per questo motivo, ancora oggi gli stati tendono a percepirle come una minaccia latente e possibile fonte di divisioni sociali in grado di indebolire e comprometterne l’identità nazionale. Perciò, nonostante si stia assistendo alla volontà di un recupero e una valorizzazione della cultura tribale, gli stati del Golfo mantengono sempre una certa cautela in modo da non rischiare di minare la propria autorità.

Un discorso differente va invece fatto per lo Yemen: qui nessuna tribù o clan è riuscito ad esercitare un’autorità comparabile a quella delle famiglie a capo delle monarchie del Golfo, per cui lo stato è rimasto estremamente frammentato e le tribù stanziali hanno continuato a detenere un certo potere a livello locale. Inoltre, dagli anni ‘60 in poi, diverse potenze regionali – in particolare l’Arabia Saudita – hanno cercato di sfruttare i legami tribali per esercitare la propria influenza all’interno della politica yemenita.

L’esperienza dello Yemen, come anche i più recenti fatti in Libia o in Iraq, dimostrano che fintanto che lo stato è un attore forte, il potere tribale rimane debole. Quando invece l’autorità centrale viene meno, ecco che il sistema tribale entra in gioco per sopperire le mancanze di uno stato debole o assente.

«Tribalism will be televised» (cit.)

Come già accennato, l’identità tribale nelle monarchie del Golfo rimane un fatto estremamente contemporaneo, dimostrando come il significato dell’appartenenza ad una tribù si sia adattato alle mutate circostanze della società. L’appartenenza tribale determina ancora oggi norme sociali e comportamenti che le popolazioni del Golfo rispettano e dalle quali sono influenzate in diversi aspetti della propria vita. Ma le tribù di oggi non hanno quasi nulla di strettamente tradizionale, primitivo o antimoderno.

Negli ultimi anni si sta assistendo a un duplice fenomeno: da un lato la valorizzazione del patrimonio culturale tribale, dall’altro uno sforzo per creare e rafforzare un senso di identità nazionale. E così fioriscono festival folkloristici e concorsi di poesia tribale, serie televisive che raccontano storie di fantasia o ripropongono vicende realmente accadute ambientate in un contesto tribale, si promuove il turismo legato alle tradizioni. Grazie anche all’utilizzo dei social, l’identità tribale sta a poco a poco diventando un brand commercializzato dagli stessi stati moderni.

Di pari passo, l’appartenenza ad una tribù e, di riflesso, essere cittadini di una monarchia del Golfo rappresenta anche un modo per distinguersi in un contesto sociale nel quale il numero di lavoratori stranieri è estremamente elevato, o addirittura figura in una percentuale molto più alta rispetto alla popolazione locale: pertanto, essere “locale” e appartenente ad una tribù comporta una serie di privilegi e diritti esclusivi. Nel frattempo, le popolazioni del Golfo si stanno aprendo sempre di più al “moderno”, dando vita ad una sorta di nuova identità nella quale confluiscono la cultura tribale – più o meno autentica – e una spinta verso il mondo esterno. Così, ad esempio, in Qatar si organizzano tranquillamente tecnologizzate corse di cammelli e i Mondiali del 2022.

 

Fonti e approfondimenti

Tribe and State in the Middle East

On Tribalism and Arabia

The Political Decline and Social Rise of Tribal Identity in the GCC

Tribe and State in the Contemporary Arabian Peninsula

https://sheikhmohammed.ae/en-us/BaniYasTribe

http://www.limesonline.com/cartaceo/in-arabia-saudita-tribu-e-potere

Tribal Modern: Branding New Nations in the Gulf

 

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