L’Altra America: Colombia

Colombia
@Pedro Szekely - Flickr - Attribution-ShareAlike 2.0 Generic (CC BY-SA 2.0)

Con il terzo articolo del ciclo “l’Altra America” facciamo tappa in Colombia. Grazie soprattutto all’opera di Gabriel García Márquez, questo Paese è entrato nell’immaginario comune, che lo vede “in bilico” tra realismo magico e violenza quotidiana. È proprio la letteratura de “il più grande colombiano di tutti i tempi” (come lo ha definito l’ex Presidente Juan Manuel Santos) a dare voce al fascino e soprattutto alla storia del Paese, passando in rassegna le varie fasi che questo ha attraversato: la Violencia degli anni ’50 e ’60 e le decadi successive di prolungato conflitto, l’avvicendarsi delle dinamiche di potere tra gruppi paramilitari, guerriglieri e narcos.

Il vasto territorio colombiano è situato all’estremità nord-occidentale del Sud America e colpisce per la varietà di caratteristiche fisiche ed ecosistemi: comprende tre catene montuose nella parte ovest, le quali sfumano in un’area più pianeggiante a est e nella foresta pluviale a sud (parte del bacino amazzonico). Il Paese è caratterizzato anche da parecchi chilometri di costa, affacciati sia sull’Oceano Atlantico che sul Pacifico.
La Colombia è altrettanto variegata dal punto di vista della popolazione e della mescolanza di etnie. Gli abitanti tendono a concentrarsi soprattutto nelle città. La capitale Bogotá può contare su servizi di buon livello, ma purtroppo – per quanto riguarda l’aspetto urbano e demografico – presenta i segni di una crescita sregolata: oggi, solo nell’agglomerato centrale, si contano circa 8 milioni di abitanti. La sua rilevanza nel settore industriale è condivisa con Medellín e Cali, mentre Barranquilla è il porto principale, importante soprattutto per le esportazioni di petrolio.

Cenni storici dall’indipendenza a oggi

Durante l’epoca coloniale, l’area che coincide con l’attuale Colombia costituì un’unità amministrativa (audiencia) dipendente dal vicereame del Perù fino al 1739, anno in cui fu istituito il vicereame di Nueva Granada. Il 7 agosto 1819, poi, l’esercito Libertador di Simón Bolívar trionfó nella battaglia del ponte di Boyacá: questo evento sancì l’indipendenza di tutto un vasto raggruppamento di Provincias Unidas, il quale con la fine della dominazione spagnola prese il nome di “Gran Colombia”. Le regioni corrispondenti agli attuali Venezuela ed Ecuador si separarono in seguito ai contrasti interni, ed alla morte di Bolívar nel 1830; Panama, invece, continuò a far parte dello stesso territorio, che però dovette ancora attraversare molti anni di frazionamenti e trasformazioni dell’assetto politico, prima che la Colombia – sulla base della Costituzione del 1886 – si costituisse ufficialmente come Repubblica.

Già negli anni che precedettero la Repubblica, l’egemonia dei liberali aveva significato l’introduzione di importanti riforme (tra cui l’abolizione della schiavitù nel 1850 e la riduzione dei privilegi della Chiesa cattolica), oltre che una chiara tendenza ad assecondare le spinte federaliste. Il ritorno al potere dei conservatori nel 1880 comportò, al contrario, una decisa svolta in senso centralista, alla quale seguirono ribellioni che sfociarono in una lunga serie di conflitti interni – di cui i più gravi furono la guerra civile del 1876-1877, e la “guerra dei mille giorni” tra il 1899 e il 1902. Al termine di questo sanguinoso confronto, gli Stati Uniti appoggiarono la secessione dalla Colombia dalla provincia di Panama nel 1903: vedendo la sua integrità politica e territoriale concretamente danneggiata e privata della sua area più strategica, la linea internazionale di Bogotà si fece scostante. Da allora, si sono alternate fasi durante le quali il Paese ha ricercato forzatamente l’approvazione di Washington, mantenendosi subordinato alla sua sfera di influenza, ad altre in cui la Colombia ha cercato di svincolarsi dagli USA, adottando un atteggiamento più rivolto all’alleanza con i vicini sudamericani.

Nel frattempo la maggioranza conservatrice (rimasta al governo fino al 1930) aveva avviato il Paese a un processo di modernizzazione e di prima industrializzazione. Nel 1948, l’uccisione del leader liberale progressista Jorge Eliécer Gaitán fece esplodere la rivolta popolare che divenne famosa come “Bogotazo”. La brutale repressione di quest’ultima fece da preambolo ad un nuovo periodo di acuta tensione tra i due poli partitici, conosciuto come la Violencia: le persecuzioni politiche si protrassero per circa un decennio.

Nel 1958, liberali e conservatori giunsero finalmente ad un accordo che prevedeva la compartecipazione alla vita politica. Ma nonostante la graduale normalizzazione dei rapporti fra i partiti, il sistema politico colombiano continuava a trascinare avanti vecchi meccanismi di esclusione sociale. Per questo, negli anni ’60, si svilupparono movimenti di guerriglia vicini al partito comunista, come le FARC (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia) e l’ELN (Ejército de Liberación Nacional) di stampo marxista, ai quali si aggiunse nel corso degli anni ’70 il Movimiento 19 de Abril.

La grave crisi economica della decade successiva favorì un ulteriore picco di tensione sociale e politica, anche in relazione allo sviluppo dell’industria illegale della cocaina. Soprattutto nella seconda metà degli anni ’80, infatti, il conflitto tra le forze di sicurezza e le organizzazioni dei narcotrafficanti provocò numerose vittime. Mentre, a più riprese, si tentò di attuare un programma di pacificazione con le guerrillas: a partire dal 1998, con la presidenza di Andrés Pastrana Arango, ci furono segnali di apertura tra il governo e le FARC – anche se continuarono gli episodi di terrorismo e le violente dimostrazioni di forza militare, sotto forma di rapimenti e uccisioni. In quello stesso periodo, la Colombia inaugurò una strategia multilaterale di lotta al problema del narcotraffico, che si appellava alla partecipazione anche degli altri Paesi della regione, e si avvaleva di aiuti economici da parte degli Stati Uniti.

Corruzione e violenza continuarono a caratterizzare il governo successivo di Álvaro Uribe Vélez (2002-2010), altalenante tra la linea dura e le proposte di intesa. La presidenza Uribe viene ricordata infatti per il polemico accordo con i paramilitari di destra, a cui fu promessa l’impunità se avessero deposto le armi.
Portare avanti il processo di pacificazione con le FARC è stato tra le priorità anche del Presidente Juan Manuel Santos (2010-2018). Nel 2016 è stato infatti firmato a Cuba uno storico accordo per la pace, ufficializzato pochi giorni dopo a Bogotà: un anno dopo, le FARC si costituivano come partito politico sotto il nome di Fuerza Alternativa Revolucionaria Común.
Lo scorso 7 agosto è entrato in carica il nuovo Presidente della Colombia Iván Duque Márquez, fermo oppositore del chavismo e continuatore della linea politica neo-liberista tracciata da Uribe.

Politica interna ed estera

Alla luce del suo difficile passato, non sorprende che la Colombia si trovi ancora oggi in gran parte condizionata dai temi di sicurezza interna, che ne rendono più difficoltosa l’integrazione regionale. Altre questioni in sospeso sono, poi, i disequilibri tra le zone rurali e quelle cittadine, la necessità di implementare la partecipazione popolare alla vita democratica e l’onnipresente problema del narcotraffico. A pesare è, inoltre, anche l’eredità della prolungata dipendenza dal polo nordamericano. Il Presidente Santos aveva esortato il Paese ad uscire dall’impasse internazionale, imprimendovi un “giro en redondo” (“un’inversione di rotta”) verso la globalizzazione, per “aprire” la Colombia alla regione e al mondo.

La Colombia è membro delle principali organizzazioni delle Nazioni Unite e fa parte della Comunità Andina (CAN) e di UNASUR. Recentemente, il Paese è diventato membro dell’OCSE e della NATO. Oltre che verso gli USA (principale partner commerciale), la politica estera colombiana si rivolge principalmente ai paesi dell’Alleanza del Pacifico (Messico, Peru‘ e Cile), mentre sono più critici i rapporti con gli esponenti dell’ALBA.

Insieme a Perù e Brasile, la Colombia è al centro della nuova iniziativa regionale (il  cui primo vertice si è svolto a Quito lo scorso 3 settembre) volta alla gestione dell’esodo dal Venezuela, la quale prevede anche il rinforzo della presenza militare al confine. Secondo le stime delle autorità locali, sono già un milione i rifugiati venezuelani che hanno attraversato la frontiera con la Colombia dall’inizio della crisi migratoria.

Economia

Anche se dal 2000 la crescita economica colombiana ha toccato tassi percentuali a due cifre, non si può dire che lo sviluppo del Paese proceda in maniera socialmente e geograficamente equilibrata. Per questo, molti analisti internazionali concordano sul fatto che il vero problema economico della Colombia non sia la povertà, ma piuttosto la ricchezza potenziale dal carattere tutt’altro che omogeneo.

Il settore primario può contare su notevoli risorse, collocando il Paese tra i primi produttori mondiali di caffè, cacao, canna da zucchero, olio di palma. Difficile da quantificare – ma teoricamente di grande rilevanza – è l’impatto delle colture destinate al mercato internazionale degli stupefacenti.

Il settore petrolifero si conferma come preponderante, seguito da quello del carbone. Oltre alle esportazioni di greggio, grande rendimento è generato anche dai prodotti dell’industria siderurgica e di quella tessile.

Forma di stato e bandiera

La Colombia è una Repubblica presidenziale, basata sulla suddivisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario – secondo la Costituzione in vigore dal 1991.
Ogni quattro anni, vengono eletti con voto popolare i membri di entrambe le camere legislative, così come il Presidente ed il Vicepresidente. Il Presidente può essere rieletto una sola volta, come confermato dal decreto del 2008 della Corte Suprema.

Wikimedia Commons

Si dice che i colori della bandiera colombiana siano stati scelti all’inizio dell’800 da Francisco Miranda, uno degli esponenti della rivolta delle colonie ispano-americane: l’origine condivisa spiega la somiglianza con le insegne di Ecuador e Venezuela. Il giallo rappresenta l’oro, e quindi la ricchezza del suolo colombiano, ma anche la sua fertilità. Il blu è riconducibile al cielo e all’acqua. Il rosso simboleggia il sangue versato dai patrioti che lottarono per l’indipendenza. Alcune versioni riportano anche uno scudo, con un condor ed il motto Libertad y Orden.

Fonti e approfondimenti:

https://www.theguardian.com/books/2014/apr/19/gabrielgarciamarquez-colombia

Simmonds Pachón O.; Diagama Durán M. en Jost, S. (2012). “Colombia: ¿una potencia en desarrollo? Escenarios y desafíos para su política exterior”. Bogotá, Konrad Adenauer Stiftung, 81-100.

Tickner, Arlene B. (2003) “Colombia: US Subordinate, Autonomous Actor, or Something in Between” in Latin American and Caribbean Foreign Policy, ed. Frank O. Mora and Jeanne A.K.Hey (Boulder, CO: Rowman and Littlefield), 175-184.

Zanatta Loris, “Storia dell’America Latina contemporanea”, Editori Laterza, 2010

Lo Spiegante: Oscar Palma, le FARC e la Colombia

https://www.internazionale.it/video/2017/04/10/pace-farc-colombia

https://colombiaplural.com/

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