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Omofobo e misogino: chi è il prossimo (probabile) presidente brasiliano

Domenica 7 ottobre  si è svolto il primo turno delle elezioni che indicheranno il nuovo presidente brasiliano, dopo che Michel Temer aveva rinunciato nel mese di maggio alla propria ricandidatura. Come da sondaggi, anche se con un vantaggio inaspettato, a prendere il maggior numero di voti è stato Jair Bolsonaro. Il candidato di estrema destra, recentemente ferito in un attentato in cui è stato colpito da una coltellata al fegato, ha ricevuto 49 milioni di voti (46%), risultando il più votato di sempre al primo turno; colui che rappresenta Lula dal carcere, Fernando Haddad, si è fermato invece a poco più di 31 milioni di preferenze (29,3%). Il tradizionale assetto politico brasiliano si è, così, ribaltato.

Se il nordest del Brasile, terra natale di Lula, è rimasto fedele al Partido dos TrabalhadoresBolsonaro ha raggiunto i risultati più importanti negli stati dove si produce soia (in particolare Mato Grosso e Rondonia) per via della sua politica anti-ambientalista favorevole ai grandi proprietari terrieri. Questi, infatti, hanno tutto l’interesse del mondo a far sì che diventi presidente un politico contrario alla salvaguardia dell’Amazzonia e al mantenimento delle popolazioni indigene che la abitano.

Saranno Bolsonaro e Haddad, dunque, a sfidarsi il 28 ottobre nel ballottaggio che, a oggi, appare fortemente indirizzato. A renderlo chiaro, nelle primissime ore successive al voto, era stato l’andamento della Borsa di San Paolo nella quale l’8 ottobre l’indice di riferimento (Bovespa) è salito del 4,77%. I mercati, dopo aver appoggiato più o meno direttamente la candidatura di Geraldo Alckmin (PSDB), hanno dimostrato di provare più simpatia nei confronti di Bolsonaro che dei lulisti, nonostante il primo non sia un accanito sostenitore del liberismo economico.  

Dittatura militare, famiglia tradizionale e misoginia: l’ascesa di Bolsonaro

Jair Bolsonaro nasce nella città di Glicerio, nella regione Araçatuba nel nord-ovest di San Paolo, ma viene registrato solo il 21 marzo 1955 a Campinas. Discendente di italiani e tedeschi, lui stesso ha dichiarato che il suo bisnonno era un soldato della Wehrmacht, le forze armate di Adolf Hitler durante la seconda guerra mondiale: “Non aveva scelta: o era un soldato o era morto“. Anche lui, come il lontano parente, ha scelto di indossare la divisa, cosa che gli ha permesso di concentrare su di sé le simpatie di buona parte degli ambienti militari.

Bolsonaro, oltretutto, non ha mai disdegnato di rendere pubbliche le sue simpatie per il periodo della dittatura, che ha definito un governo legittimo utile a riportare l’ordine nella nazione. Ordine che, anche lui, ha più volte detto di voler far rispettare contrapponendo alla violenza, se necessario, una violenza ancora più grande.

Difensore della famiglia tradizionale, Bolsonaro ha alle spalle 3 matrimoni e 5 figli. A proposito di diritti civili, il candidato del Partido Social Liberal è convintamente antiabortista e contro il matrimonio egualitario, oltre ad aver dedicato il suo intervento per l’impeachment a Dilma Roussef, vittima di tortura durante la dittatura, a uno dei massimi torturatori di quel periodo, Carlos Alberto Brilhante Ustra. Ha dichiarato che il numero di gay è in aumento a causa di droghe, abitudini liberali e donne che lavorano, oltre ad aver sostenuto che picchierebbe due uomini intenti a baciarsi per strada se li vedesse. Ma forse il culmine lo ha raggiunto quando ha esclamato, durante un’intervista: “Sarei incapace di amare un figlio omosessuale. […] Preferisco che mio figlio muoia in un incidente piuttosto che se ne vada con qualche baffuto […]“. 

Anche a proposito delle donne le sue uscite sono da mani nei capelli. Nel 2003, durante una discussione in aula a proposito di violenza sessuale, si rivolse alla deputata del Partido de los Trabajadores, María del Rosario, con queste parole: “Lei non merita di essere violentata, perché lei è brutta, non è di mio gusto. […] Io non sono uno stupratore, ma se lo fossi non ti violenterei solo perché non te lo meriti“. 

La sorprendente ascesa di Jair Bolsonaro trova origine nel 2014, quando iniziò un periodo di instabilità politica dopo la rielezione di Dilma Rousseff come presidente della Repubblica. Il successivo processo politico e l’impeachment di Dilma coincide con una grave crisi economica e con il punto più alto dell’operazione Lava Jato, quella che porterà all’arresto di Lula.  Il consenso a favore di Bolsonaro si è irrobustito negli ultimi anni; anni in cui le campagne social e la comunicazione online hanno contribuito molto a rendere presentabile la sua immagine, in particolare agli occhi dei giovani sotto i 34 anni che rappresentano oggi circa il 60% del suo elettorato.

Perché ora?

Per capire la natura della crisi del sistema brasiliano, che ha riportato in auge posizioni ormai sopite da anni, non bisogna trascurare innanzitutto il periodo storico. La crescita economica di inizio millennio, legata al boom delle commodities, ha lasciato il posto a una profonda recessione, a un deficit fiscale alle stelle e a un aumento pericoloso dell’inflazione.

La crisi ha portato alla crescita della popolazione sotto la soglia di povertà, portando su anche gli indicatori di violenza e di insicurezza. “Le cause sono note” scrive Loris Zanatta per ISPI, “le solite tare ataviche: protezionismo, scarsa produttività, elevata informalità, debole mercato dei capitali, gravi sperequazioni, servizi pubblici di scarsa qualità e così via. Come molte economie latinoamericane, quella brasiliana è intrappolata in mille gabbie corporative. […] Ma se tale eredità, condita da giganteschi scandali di malversazione, è tra le maggiori cause dell’implosione del sistema politico, il rimedio passa dalla soluzione della crisi politica; il futuro economico dipende più che mai dal futuro politico”. 

Conclusioni

Se la vittoria di Bolsonaro è sicuramente il dato più significativo di questo primo turno elettorale, ce n’è un altro che non va trascurato. Partiti tradizionali per lungo tempo al governo, come il  Partido dos Trabalhadores (PT), il Partido de la Social Democracia Brasileña (PSDB) o il Movimiento Democrático Brasileño (MDB), sono usciti drasticamente ridimensionati da queste elezioni perdendo, ovunque, governatori, deputati e senatori. In breve, perdendo presenza, influenza e potere. Bolsonaro andrà a cercare quei pochi milioni di voti che gli mancano, proprio dall’ala più moderata della destra, quella guidata da Alckmin, attestatosi intorno alle 5 milioni di preferenze. Già nelle ore successive al voto Bolsonaro ha cominciato a moderare i toni in vista dell’appuntamento elettorale decisivo. 

D’ora in poi, comunque, il panorama politico sarà molto più frammentato e, a prescindere da chi uscirà vincitore il 28 ottobre, il percorso per l’approvazione delle proprie politiche in Parlamento risulterà molto complicato e si baserà sul necessario appoggio di altri partiti dello scacchiere politico.

Aspettando il ballottaggio, i primi commenti internazionali sono arrivati. Tra tutti, quello entusiasta del Ministro dell’Interno Matteo Salvini che, nelle prime ore della mattinata dell’8 ottobre, ha twittato dal suo account: “Anche in Brasile si cambia! Sinistra sconfitta e aria nuova! #goBolsonarogo”

Fonti e approfondimenti:

Il Brasile verso le elezioni presidenziali

Lula in carcere: le presidenziali del Brasile sono appese a un filo

La svendita dell’Amazzonia è una questione politica

https://cnnespanol.cnn.com/2018/10/09/seis-claves-para-entender-el-resultado-de-la-primera-vuelta-de-las-elecciones-presidenciales-en-brasil/

https://cnnespanol.cnn.com/video/elecciones-presidenciales-brasil-reaccion-mercados-alza-jair-bolsonaro-bovespa-liberalismo-armando-armenta-entrevista-rodriguez-dinero/

https://lta.reuters.com/article/businessNews/idLTAKCN1MI27S-OUSLB?rpc=401&feedType=RSS&feedName=businessNews&rpc=401

https://www.ispionline.it/it/eventi/evento/brasile-lora-di-bolsonaro

The Military Returns to Brazilian Politics

‘Trump of the Tropics’ faces presidential runoff in Brazil

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