Spazio & Difesa: una Cina stellare

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Destinata a divenire la più grande potenza economica del mondo e diretta concorrente degli Stati Uniti per l’egemonia globale,  la Cina si lancia oramai anche alla conquista dello spazio. Proprio quando Washington sembra rivolgersi al proprio interno al suono della cantilena trumpiana dell’America first, Pechino si propone invece come possibile guida dell’ordine mondiale. Tale consapevolezza in uno dei momenti più grandi della storia cinese, ha portato il Drago Asiatico a guardare allo spazio come un nuovo dominio in cui sfoggiare le proprie capacità tecniche e scientifiche, ma anche come un punto di frizione con gli Stati Uniti in cui la supremazia americana, sebbene ancora molto forte, sembra essere vulnerabile.

Di fatto, l’efficacia delle forze armate USA dipende in maniera critica dalla capacità di coordinamento, comunicazione e raccolta d’informazioni resa possibile dai satelliti in orbita. Tale concetto, chiamato dagli americani C4ISR (Command, Control, Communications, Computers, Intelligence, Surveillance and Reconnaissance), ha costituito per decenni un fattore di superiorità e un pilastro fondamentale per tutte le operazioni militari a stelle e strisce. Washington dispone senza dubbio di una vasta superiorità in termini di forze dispiegabili e armamenti, ma il suo sistema C4ISR è altamente dipendente dall’hardware USA nello spazio. Nel caso in cui un eventuale nemico riuscisse a danneggiare criticamente le infrastrutture satellitari americane, l’efficacia della macchina bellica USA (Marina, Aeronautica ed Esercito) verrebbe ridotta drasticamente; un vero e proprio tallone d’Achille della superpotenza.

Già da tempo analisti ed esperti nel settore avevano messo in guardia contro la minaccia cinese in orbita, arrivando a temere una Pearl Harbor spaziale. Ma per la prima volta, tali preoccupazioni sono state messe per iscritto in un report del Pentagono sugli sviluppi militari e in materia di sicurezza concernenti la Repubblica Popolare Cinese. Tale documento, viene elaborato dal Dipartimento della Difesa ogni anno sin dal 2000 e consegnato al Congresso degli Stati Uniti.

In base a quanto riportato dalla versione del 2018, l’anno scorso Pechino ha effettuato 18 lanci (di cui 16 con successo) e messo in orbita ben 31 infrastrutture satellitari. Tra i nuovi vettori sperimentati vi è il Long March 5, il quale, grazie alla sua capacità di tonnellaggio (25,000 kg) consentirà alla Cina di posizionare una stazione spaziale nella bassa orbita terrestre. Altri vettori a disposizione della Repubblica Popolare sono costituiti dal Long March 7 e il Long March 6, rispettivamente di media e piccola portata.

La Repubblica Popolare ha dichiarato che tali operazioni di lancio hanno esclusivamente uno scopo scientifico e pacifico, ma come enunciato dal report USA, non vi è dubbio sul fatto che Pechino consideri ormai lo spazio come un terreno di scontro. Di fatto, diversi accademici cinesi reputano fondamentale, in un eventuale contesto bellico, la capacità di Pechino di “distruggere, danneggiare e intaccare i satelliti di comunicazione e ricognizione del nemico”. Molti dei test cinesi sono per l’appunto finalizzati allo sviluppo di armi a energia diretta o alla simulazione di cyberattacchi.

Il report inoltre sottolinea il grande passo avanti effettuato dalla Repubblica Popolare nel 2015 con la creazione della Strategic Support Force, un equivalente dello Space Corp Command americano, alla quale vengono affidate tutte le operazioni in materia di guerra elettronica, cibernetica e spazio.

I cinesi stanno anche lavorando al miglioramento delle caratteristiche del proprio sistema di comunicazione satellitare denominato BeiDou (l’equivalente del GPS americano) che Pechino mira a trasformare da sistema d’informazione a copertura regionale, a sistema di copertura globale.

Tuttavia, ciò che più ha messo in luce l’interesse cinese nell’acquisizione di capacità offensive, è lo sviluppo di missili antisatellite (ASAT). Nel 2007, Pechino ha effettuato il suo primo test di questo genere distruggendo un suo obsoleto satellite meteorologico. La Repubblica Popolare in quell’occasione aveva dichiarato che l’esperimento aveva esclusivamente carattere scientifico, ma le implicazioni belliche di una tale tecnologia sono ben evidenti. Un secondo test simile è stato effettuato nel 2013, destando maggiormente le preoccupazioni di esperti e analisti.

In particolare, l’esperimento del 2007 ha provocato diverse proteste tra i vari attori del sistema internazionale. L’aver distrutto un satellite in orbita, ha di fatto prodotto un’enorme quantità di relitti spaziali, i quali possono facilmente danneggiare le infrastrutture satellitari degli altri Stati. Gli effetti collaterali di esperimenti bellici od operazioni militari di questo genere sono ben evidenti.

Tale condotta irresponsabile da parte di Pechino si è tradotta nella generale diffidenza della comunità scientifica, in quanto un ammontare eccessivo di detriti spaziali comporterebbe enormi difficoltà per qualunque tipo di operazione, anche civile, in orbita. Nel tentativo di recuperare la fiducia e il prestigio persi, Pechino ha quindi avviato un’opera di monitoraggio dei detriti.

La postura spaziale cinese si configura quindi principalmente come aggressiva e focalizzata sullo sviluppo di capacità offensive. Va sottolineato infatti che a differenza della NASA, la quale è un’istituzione principalmente a scopi civili e scientifici, l’Amministrazione Spaziale Cinese si delinea invece come un organismo prettamente militare. Non a caso, gran parte degli esperimenti e dei programmi messi in atto dalla Repubblica Popolare sono condotti in totale segretezza. La NASA e la russa Roscosmos operano entrambe indipendentemente dai comandi militari rispettivamente di Stati Uniti e Russia. Questo non accade nel caso della Cina.

Bisogna infine cercare di capire quale possa essere il ruolo delle neo acquisite capacità offensive in orbita della Cina nel più ampio contesto della propria dottrina militare. Al momento, non vi è sufficiente trasparenza per poter delineare con chiarezza quale possa essere l’impatto del programma spaziale cinese sui più vasti piani strategico-militari di Pechino, ma da quanto elaborato dagli accademici cinesi e anche in base a quanto riportato dal report del Pentagono del 2018, si possono evidenziare i seguenti punti:

  1. La Cina considera fondamentale in un contesto bellico la capacità di mantenere e utilizzare le proprie infrastrutture spaziali; mentre altrettanto importante sarebbe la capacità di deprivare tramite cyber attacchi, armi ad energia e vettori cinetici (come gli ASAT) il nemico del proprio hardware in orbita, rendendolo in questo modo cieco e sordo e riducendo l’efficacia delle proprie forze armate;
  2. Pechino potrebbe considerare la possibilità di condurre cyber attacchi nello spazio come un deterrente a basso costo, oppure come un modo per dimostrare la propria risolutezza nel conseguire i propri obiettivi strategici a livello globale;
  3. Lo spazio viene considerato come il punto debole degli Stati Uniti: eliminare le infrastrutture spaziali di Washington in orbita ridurrebbe drasticamente il vantaggio di quest’ultima.

Un conflitto nello spazio tramite l’uso di ASAT potrebbe rivelarsi devastante per le infrastrutture spaziali presenti in orbita. I detriti creati in tale contesto andrebbero a danneggiare indiscriminatamente l’hardware dei vari Stati. Tale fatto, tuttavia, nel caso di uno scontro diretto con gli USA, metterebbe la Cina in una posizione di superiorità. Washington è molto più interessata a evitare uno scontro in orbita rispetto a Pechino; ciò proprio a causa della dipendenza delle proprie forze armate dal sistema C4ISR di cui i satelliti sono il perno. Questo fattore porta gli americani ad essere molto più cauti quando si tratta della possibilità di uno scontro in orbita. Il contrario potrebbe essere valido per i cinesi, i quali, posti di fronte all’eventualità  di uno scontro militare con gli USA, potrebbero optare per un attacco ASAT su vasta scala. Ovviamente, anche la Cina necessita delle proprie infrastrutture spaziali, ma nel contesto di uno scontro regionale, la Repubblica Popolare avrebbe la possibilità di portare gli Stati Uniti, almeno in parte, al proprio livello, riducendo l’efficienza USA in termini di comunicazione, ricognizione e coordinamento.

 

 

Fonti e approfondimenti

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