Auf Wiedersehen, Mutti: L’ultimo discorso di Angela Merkel al Parlamento Europeo

Angela Merkel
@Arno Mikkor - Flickr - CC BY 2.0

Il 13 novembre la cancelliera tedesca Angela Merkel si è rivolta ad un Parlamento Europeo quasi pieno, probabilmente per l’ultima volta. La cancelliera, sebbene indebolita dai recenti risultati in patria e arrivata ormai al suo ultimo mandato, rimane una della personalità più influenti e rispettate in ambito comunitario. Il suo discorso, in larga parte in linea con l’idea di Unione Europea da lei sempre abbracciata, ha presentato comunque degli aspetti inediti.

Il valore della solidarietà

Nell’omaggiare uno dei concetti più citati e centrali nel gergo europeo, quello della solidarietà tra stati, la cancelliera non ha perso l’occasione di lanciare qualche frecciata più o meno velata. Queste hanno colpito su diversi fronti, come ad esempio quello relativo allo stato di diritto: la Merkel ha sottolineato come chiunque ne minacci i principi in patria, o indebolisca i diritti dell’opposizione, della stampa o della società civile, non danneggia solo sé stesso ma tutta la comunità europea. Il riferimento a Polonia e Ungheria appare evidente, sebbene tali problematiche si stiano estendendo ad altri, come la Repubblica Ceca o la Romania.

L’altra provocazione quasi obbligata ha riguardato l’Italia e la sua attuale battaglia per il budget. La soluzione per risolvere i problemi di un paese non sta nell’aumentare il debito pubblico o nell’ignorare obblighi stabiliti di comune accordo, secondo la cancelliera. Anzi, il risultato non sarebbe altro che quello di minare le fondamenta dell’eurozona, impedendole di poggiare su basi solide.

La politica estera e militare

Un’idea principale è emersa dal discorso della Merkel: non ci si può fidare di Trump. L’Europa non può più dipendere quasi interamente dagli Stati Uniti e dall’alleanza atlantica per la propria sicurezza. L’unico modo per diminuire tale dipendenza sta nel rendere l’Europa un attore molto più convincente e attivo in politica estera. Ciò vuol dire eliminare l’unanimità dove possibile – passaggio fondamentale in un settore di fatto bloccato da tale requisito – e procedere, passo dopo passo, alla creazione di un vero e proprio esercito europeo. Ovviamente un’eventualità simile (definita del Presidente Trump come “estremamente offensiva”) richiederebbe tempo e una notevole quantità di passaggi intermedi: la proposta della Germania per iniziare il processo sarebbe la creazione di un Consiglio di Sicurezza Europeo, composto da stati membri scelti a rotazione, per velocizzare il processo decisionale in caso di necessità. La cancelliera è chiaramente consapevole del fatto che un esercito europeo, se mai verrà creato, diventerà realtà tra anni, se non decenni; per questo ha puntualizzato come questo non diventerà mai un’alternativa alla NATO, ma al massimo la andrà a complementare.

Un’ulteriore proposta – accolta da una serie di fischi, che hanno lasciato la cancelliera indifferente, se non quasi divertita – toccherebbe la gestione comune dei sistemi d’arma, nonché una politica di esportazione d’armi comune: un progetto difficile, ma che faciliterebbe un approccio comune alla politica estera e che, forse, ridurrebbe le molte incongruenze al riguardo.

La dimensione economica

Da sempre il cavallo di battaglia dell’Unione, l’aspetto economico risulta ancora importante in un’eurozona che ancora fatica a superare una crisi finanziaria iniziata ormai dieci anni fa. Diversi gli strumenti a disposizione per aumentare gli investimenti, primo fra tutti il cosiddetto “Piano Juncker” (nato con il nome di Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici, ad oggi Piano d’investimenti per l’Europa): Merkel ha ben parlato del piano che, partendo da un budget relativamente ridotto, è riuscito a smuovere denaro pubblico e privato per oltre 340 miliardi.

Sembrerebbe un fondo di investimenti anche il cosiddetto budget dell’Eurozona: sebbene nominato solamente en passant durante il discorso, un accordo di massima tra la cancelliera e il Presidente francese Emmanuel Macron è stato raggiunto poco dopo. Le ambizioni dell’Eliseo sono state in larga parte infrante: nel presentare l’idea in un discorso alla Sorbona di Parigi nel settembre 2017, Macron aveva parlato di uno strumento indipendente, capace di aiutare i membri dell’eurozona in difficoltà a causa di shock strutturali e da un budget di diversi punti percentuali del PIL europeo. L’accordo raggiunto, invece, incanala lo strumento nel contesto del budget dell’Unione – che coinvolge anche chi dell’eurozona non fa parte e che deve essere approvato all’unanimità – lo trasforma in un mezzo per favorire gli investimenti e ne riduce drasticamente la portata in termini monetari.

La funzione stabilizzatrice in caso di shock economici verrebbe esercitata da un potenziato Meccanismo di Stabilità Europeo. Una volta stabilizzata l’eurozona, ha sottolineato il leader tedesco, sarà forse possibile procedere con i passi fondamentali per il completamento dell’Unione Monetaria Europea: l’unione bancaria e un sistema di garanzia dei depositi europeo. Un velato riferimento all’Italia è emerso anche in questo caso, con l’accenno alla “responsabilità individuale” dei singoli Stati Membri, che devono fare il possibile per assicurare la stabilità dell’intera zona euro.

La Merkel ha anche parlato della tassazione digitale. Sebbene tutti gli addetti ai lavori siano concordi sulla necessità in tal senso e il Ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire si mostri sempre ottimista riguardo la vicinanza di un accordo, gli interessi in gioco sono molti. Gli Stati come Francia e Italia richiedono un’azione rapida, dati i potenziali guadagni sfumati a causa dello spostamento dei giganti digitali americani verso paesi con la tassazione più bassa, come Irlanda e Lussemburgo, mentre questi ultimi invece propongono una riforma di più ampio respiro. Per ora si procede con la proposta della Commissione di introdurre una tassa al 3%; in ogni caso la Merkel ha auspicato ad un approccio europeo deciso di comune accordo.

L’ultimo argomento di natura economica toccato è stato quello della ricerca, solamente accennato. Presa coscienza del declino europeo nel proporre progetti innovativi nei confronti degli Stati Uniti e dei giganti asiatici, la soluzione sta nell’investire ancora di più nella ricerca e nell’innovazione, sfruttando la solida base industriale europea.

La questione migratoria

Che l’Unione Europea non abbia mai trovato una vera soluzione comune al grande problema migratorio è un dato di fatto. Il blocco si è spaccato in più parti, tra chi si è rifiutato di sottostare al programma di ripartizione, chi si è appellato al sovranismo per compensare all’incapacità comunitaria di risolvere il problema, chi ha congelato indefinitamente il libero accesso previsto da Schengen. La Merkel, lungi dal negare tutto ciò, ha accolto con favore la proposta della Commissione di aumentare i fondi e la capacità di azione di Frontex, sostenendo che se gli stati membri non cederanno responsabilità alla Guardia Costiera Europea, quest’ultima non sarà in grado di fare efficacemente il proprio lavoro. Eppure, anche qui vi sono voci discordi: l’Italia e la Spagna hanno già avuto modo di dichiarare che avrebbero preferito ricevere più fondi dall’Europa, piuttosto di dover delegare le proprie funzioni di controllo ad un ente europeo – che rischia di essere meno efficace e rapido, data la fisiologica centralizzazione del comando che ne conseguirebbe.

L’altra grande sfida riguarda la creazione di una procedura europea comune per la gestione dei rifugiati. Un accordo del genere sarebbe della massima priorità per uno stato come la Germania, dato che regolarizzerebbe i movimenti di migranti intra-UE, i cosiddetti movimenti secondari.

Un bilancio

Il discorso della cancelliera tedesca è stato per molti versi in linea con la sua visione dell’Europa: un’Europa che deve approfondire l’integrazione di certi aspetti, ma che rimane al servizio dei singoli Stati Membri. La Merkel ha sempre visto l’Unione come uno strumento per favorire il bene della Germania, e mai il contrario. Questo modo di pensare è presente in tutto il suo discorso, dato che l’Italia e gli enfants terribles nell’Est possono danneggiare, con il loro atteggiamento, la popolazione tedesca – che da sempre ha la percezione di pagare con le proprie tasse il costo dell’inefficienza di altri Stati.

Anche l’apertura all’esercito europeo e in generale a diverse idee del riformista Macron sono da intendersi in quest’ottica. Ora che la sicurezza dell’Europa (e della Germania) è minacciata dall’americanismo estremo di Trump, c’è il bisogno di intervenire. E la Merkel non ha mai esitato a schierarsi a favore dell’integrazione europea, laddove necessario al benessere del proprio paese.

Fonti ed approfondimenti

https://www.politico.eu/article/angela-merkels-big-eu-parliament-speech-what-she-said-what-she-meant/

https://www.channelnewsasia.com/news/world/macron-and-merkel-unite-in-struggle-for-europe-10939620

https://www.ft.com/content/05dcbab0-e8e9-11e8-a34c-663b3f553b35

https://www.bundeskanzlerin.de/bkin-en/news/speech-by-federal-chancellor-angela-merkel-to-the-european-parliament-strasbourg-13-november-2018-1550688

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