“Quanti migranti accogliamo? Zero”. Nessun segnale di umanità raggiunge le acque del Mediterraneo

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

L’Italia è di nuovo toccata dal dibattito sulle navi delle ONG che cercano di salvare migranti. Attraccare o non attraccare, questo è di nuovo il dilemma. Un continuum di botta e risposta che va ormai avanti da due settimane ha generato una situazione di stallo le cui vittime sono le persone che non sanno che ne sarà del loro destino e che per ora sono bloccate nelle stive di due navi a largo del Mediterraneo. 

 

Da una parte ci sono coloro che sostengono la linea dura del ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini e sottolineano la forza mediatica delle sue azioni e la sua capacità di passare dalle parole ai fatti in tema di migrazioni; dall’altra, quelli che sostituirebbero Salvini con chiunque altro, perché con lui si è davvero toccato il fondo, e ne evidenziano la cattiveria e le posizioni disumane.

Nel frattempo il leader del Carroccio continua a vivere la sua vita con serenità, tra Nutella, lenticchie, salsicce e gattini, noncurante delle 49 persone che da settimane vivono in balia delle onde – nel vero senso del termine. Perché due navi, Sea Watch3 e Sea Eye, vengono sballottate dalle condizioni del mare rispettivamente dal 22 e dal 29 dicembre, quando gli equipaggi delle due ONG hanno recuperato i migranti in prossimità delle coste libiche. Inutile cercare di descrivere lo stress fisico e psicologico che gli “ospiti” delle due imbarcazioni stanno subendo a causa della nostra – e per nostra intendo italiana, così come europea – perdita di umanità. 

 

A bordo ci sono uomini, donne e bambini e se Salvini continua a sbattere la porta in faccia ai disperati – perché secondo lui chi scappa dalla guerra arriva in aereo – Di Maio se ne esce con la proposta ancora più folle di accogliere solo donne e bambini, gli uomini li possiamo lasciare in mare. E poi solo 10, perché gli altri se li deve prendere qualcun altro. Che poi chissenefrega di che cosa dice Di Maio: Salvini ha già chiarito che può parlare chiunque, ma sulla questione migranti è lui l’unico a decidere.

Nel frattempo il ping pong non prosegue solo in Italia: Malta ha dato la possibilità alle navi di ripararsi nelle proprie acque territoriali, viste le difficili condizioni del mare, ma non ha permesso loro di attraccare, anche la Grecia e la Spagna sembrano poco propense all’accoglienza di quelle 49 persone. Alla fine i governi di Germania, Olanda e Francia hanno ceduto e si sono resi disponibili all’accoglienza. Inizialmente i segnali positivi arrivano soltanto dalle amministrazioni locali, sia in Italia che in Germania e in Olanda, che si sono dette volenterose di ospitare alcune delle persone a bordo delle due navi.

Nonostante ciò, nella pratica anche coloro che in Italia hanno affermato di voler aprire i porti per permettere alle navi di attraccare non sono stati in grado di fornire soluzioni concrete, visto che per poterlo fare è necessario il supporto della Marina, che però dipende, a livello operativo, dal Ministero della Difesa.

Prima di addentrarci in analisi valutative, è utile analizzare ciò che è oggettivo. Il diritto internazionale del mare prevede l’obbligo di salvataggio della vita umana: il concetto è presente nella Convenzione per la Salvaguardia della Vita Umana (SOLAS- Safety of Life at Sea, Londra) del 1974, nella Convenzione sulla Ricerca e il Salvataggio Marittimo del 1979 (SAR- International Convention on Maritime Search and Rescue, Amburgo) e nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS – United Nations Convention on the Law of the Sea, Montego Bay) del 1982. Adeguandosi a queste, anche il Codice della Navigazione inserisce tale obbligo all’art. 490. Gli unici limiti previsti all’adempimento di operazioni di salvataggio in mare riguardano la pericolosità per l’imbarcazione titolare dell’obbligo o la certezza che esistano agenti che possano portare a termine le operazioni in modo più efficace e sicuro.

I porti sono stati chiusi per modo di dire, come chiarisce Annalisa Camilli in un articolo di Internazionale del 7 gennaio 2019. Dati alla mano, da quando è stato fatto il primo dei due salvataggi, quello di Sea Watch 3, 165 persone sono sbarcate in Italia. La Camilli, così come molti altri, si chiede quindi perché non si può fare lo stesso con quei 49 malcapitati.

Ma tutto questo alla schiera di followers – sia nel senso di seguaci politici che di discepoli della rete – del “Capitano”, come viene chiamato Salvini, non interessa. Se da una parte c’è una fetta di popolazione che disprezza l’operato del leader del Carroccio, ma riconosce la mancanza di cooperazione a livello europeo in tema migranti, dall’altra la sua schiera è non-vedente e non-udente. 

 

La drammatica disperazione economica e politica che attanaglia l’Italia ha causato delle ripercussioni sull’effettiva capacità del cittadino di comprendere la realtà sociale di cui fa parte. Il processo di deterioramento del sistema di rappresentanza e la decadenza culturale hanno silenziosamente creato una schiera di individui che comodamente seduti sul proprio divano davanti alla tv e con il telefonino in mano ha raggiunto livelli di disperazione tali da farsi abbindolare da ogni singola parola che esce dalla bocca dei loro benamati leader.

Simili sono quelli che credono ancora nei progetti dei pentastellati, i quali hanno promesso tanto e mantenuto poco, spogliandosi di quella forza innovativa e acchiappatutti che li distingueva dal resto della scena politica per inginocchiarsi ai piedi di chi, purtroppo, sa molto meglio di loro come trattare la folla. 

L’Italia che prova ancora compassione e vergogna deve anche fare i conti con il Decreto Sicurezza che mentre viene pubblicizzato come portatore di sicurezza, la sicurezza ce la toglie lasciando gente per strada e cancellando diritti.

Se è vero, come afferma Fabrizio Gatti all’inizio di un articolo pubblicato da L’Espresso il 9 dicembre 2018, che “Non ci rimane che resistere”, i sindaci di Napoli, Palermo e Firenze sono stati i primi a esporsi, chiamando alla disobbedienza civile, rifiutandosi di applicare le norme del Decreto e avanzando proposte alternative. 

 

Anche molti rappresentati della Chiesa hanno dichiarato di non avere intenzione di denunciare coloro che a causa delle novità della legislazione in materia di accoglienza e sicurezza risulteranno irregolari. Lo stesso Papa Francesco ha definito la posizione del governo nei confronti di Sea Watch 3 e Sea Eye un affronto ai diritti fondamentali e al diritto internazionale. Nonostante ciò molti dei sostenitori di Salvini – così come lui stesso – si dichiarano apertamente cattolici, appoggiando però posizioni che contrastano fortemente col principio di solidarietà espresso dalla Chiesa di Roma. 

Chi non cede e non si abbassa a credere che il pericolo sia all’esterno dei confini nazionali si ritrova a vivere in un clima di progressiva recessione della Repubblica Italiana che non garantisce i diritti inviolabili dell’uomo e in cui il valore delle persone è calcolato sulla base del sesso, della razza, della lingua, della religione, delle opinioni politiche e delle condizioni personali e sociali. 

Quelli che hanno paura fanno bene. Il governo, sulla scia del pensiero totalizzante di Matteo Salvini, sta creando un terreno di scontro in cui scatenare una guerra tra poveri sostenendo l’idea dei diritti a somma zero di cui si è tanto sentito parlare: detta in modo semplice, la retorica del “più diritti hanno loro, meno ne abbiamo noi”. Ed è così che si crea la spaccatura sociale che alimenta la propaganda verde – e che invece fa perdere consensi ai gialli – con il rischio altamente probabile che la crepa diventi così tanto profonda da incrinare l’armonia del tessuto sociale del nostro Paese per decenni.

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