Il sogno iniquo: la geografia delle disuguaglianze USA

geografia delle disuguaglianze USA
@Snowdog - Wikipedia - CC BY-SA 3.0

Le disuguaglianze economiche sono sempre più al centro del dibattito politico, in particolare nella dimensione in cui influenzano il processo democratico. Uno dei grafici che meglio descrive l’andamento delle disuguaglianze nel mondo è il cosiddetto grafico dell’elefante costruito dal professor Milanovic, riportato qui sotto. Come si può vedere, la ricchezza posseduta dalla classe media a livello mondiale ha subito un incremento; tuttavia, la fascia più ricca di questa sezione, cioè la classe media occidentale, ha registrato un crollo. In occidente, infatti, si è riscontrato un fenomeno di ulteriore arricchimento delle classe sociali più ricche, mentre, appunto, la classe media si impoveriva.

 

Gli Stati Uniti sono un esempio lampante di questo. A partire dal 2000, le disuguaglianze nel Paese sono aumentate a vista d’occhio. Il sistema ha permesso a una piccola parte della classe media di traslare nella cosiddetta “fetta dei super ricchi“, mentre una larghissima parte ha visto la sua ricchezza diminuire e il suo status andare verso la soglia di povertà. La crisi del 2008 è stata solo un evento all’interno di un processo più lungo. Per capire a fondo questa situazione è necessario guardare anche alla geografia economica degli Stati Uniti e a come le disuguaglianze siano cambiate non solo su base federale, ma anche su base statale.

La geografia delle disuguaglianze americane è cambiata

Gli anni ’90 sono stati anni di crescita economica per tutte le fasce delle popolazione, ma a partire dagli anni 2000 la realtà è cambiata. I ricchi hanno visto aumentare il proprio benessere, mentre i più umili e la classe media hanno visto invece crollare questo andamento. Non in tutti gli Stati americani però questo è così vero: a questo proposito possiamo definire tre situazioni tipo.

La prima situazione è quella di stati storicamente deboli dal punto di vista economico, come Louisiana, Mississippi e Montana. In questi territori l’economia ha sofferto molto negli anni ’80 e ’90 per motivi contingenti, come la fine dell’estrazione dell’oro in Montana o il crollo dei trasporti su fiume in Louisiana e Mississippi. In queste regioni non toccate dal boom economico degli anni ’90, negli ultimi 15 anni la distribuzione della ricchezza è andata verso un equilibrio. Ciò è dipeso da svariati motivi. Milanovic, ad esempio, ci dice che questo si deve anche a un semplice fatto statistico: non essendoci miliardi, il grafico non pende da una parte; ma è anche vero che le politiche di redistribuzione del reddito e particolari spinte economiche dal basso, che hanno difatti caratterizzato alcuni di questi stati, hanno avuto successo.

La seconda situazione è quella di stati in cui la classe media ha visto perdere potere di acquisto, ma non in modo così tracotante come in altri casi: tra questi vi sono l’Indiana, il Michigan e il New Mexico. È sorprendente notare come questi stati, nonostante non siano quelli che più hanno sofferto, sono però quelli che più si percepiscono come gli sconfitti. In questi territori infatti il tasso di malcontento è il più alto di tutti del paese. Gli esperti spiegano questa particolare situazione con le caratteristiche della classe media in questi territori: gli appartenenti a questa classe sono tendenzialmente bianchi e provenienti dal mondo operaio, e vedono di essere stati deprivati di una ricchezza che avevano e che gli spetta.

La terza situazione è invece quella di stati in cui le classi più umili e la classe media hanno visto crollare la propria percentuale di ricchezza, a volte in modo molto veloce. Molti di questi soffrono il fatto di avere situazioni molto particolari dal punto di vista statistico. Stati come New Jersey e New York, ad esempio, hanno un’ altissima percentuale di super ricchi, che influenzano le statistiche, mentre stati come il Nevada hanno una percentuale di ricchezza nazionale bassa ma allo stesso tempo hanno picchi di benessere – vedi con il classico esempio di Las Vegas.

 

Come vediamo sopra, la geografia delle disuguaglianze negli Stati Uniti è molto varia ed è cambiata profondamente dal passato. Negli anni ’60 gli stati con più alti tassi di disuguaglianze erano Mississippi, South Carolina, Arkansas, Alabama e North Carolina, mentre nel 2010 erano California, New York, Texas, Arizona e Georgia.

La tradizione statunitense che vedeva nel Sud la zona più disuguale è ormai passata. Oggi sono le regioni che crescono di più economicamente a vedere impennare lo squilibrio tra classi benestanti e classi umili.

Il sogno americano è cambiato?

Se una volta il sogno americano era sinonimo di benessere per tutti i membri della società, adesso la situazione è drasticamente cambiata. Gli stati americani che più corrono dal punto di vista economico soffrono sul piano della bilancia sociale. Il vantaggio comparato degli USA è sempre più incentrato su servizi e lavoratori altamente specializzati, mentre i lavoratori non specializzati soffrono sempre di più la competizione del resto del mondo.

I lavoratori più specializzati si concentrano intorno ai grandi centri urbani, e di conseguenza negli stati in cui sono localizzati si registrano disuguaglianze molto più marcate. Lo stato di New York è un esempio perfetto, dato il divario tra gli stipendi di lavoratori altamente specializzati del mondo dei servizi finanziari e quelli dei lavoratori non specializzati occupati nei servizi terziari al cittadino.

Mentre gli stati del Midwest con la scomparsa delle grandi industrie continuano a perdere ricchezza, il vecchio sogno americano si vede solo più in alcuni stati come il Nord Dakota o il Montana. Qui l’industria dello shale oil permette una maggiore distribuzione di ricchezza sul modello del ‘900 americano: tra il 2000 e il 2014, infatti, questi stati sono riusciti a frenare il crollo dei redditi che invece li caratterizzava.

In questo quadro rientrano poi altri due elementi importantissimi, che saranno centrali nelle presidenziali dell’anno prossimo: l’immigrazione e i programmi federali di redistribuzione della ricchezza.

L’immigrazione fa impennare la ratio delle disuguaglianze di alcuni stati americani, come la California, principalmente perché entrano lavoratori non specializzati che hanno un basso reddito. Allo stesso tempo, numerosi studi dimostrano come i flussi migratori aiutino molto la stabilizzazione delle disuguaglianze per vari moti legati alla società.

 

Le politiche di redistribuzione della ricchezza, invece, hanno dimostrato come in alcuni stati si è riusciti a invertire questo sbilanciamento. Stati come la Louisiana e il Mississippi stanno continuando su questa strada, e lo stato di New York, attualmente il più ineguale negli Stati Uniti, sta iniziando ad andare verso questa direzione con il nuovo mandato del governatore Cuomo.

La domanda che molti si pongono è legata all’eventualità e ai possibili risultati di una misura simile implementata a livello federale, un cavallo di battaglia dei Democratic Socialists di Bernie Sanders e Alexandria Ocasio Cortes.

Fonti e approfondimenti:

1) New York Times, The Geography of U.S. Inequality, 6 Settembrehttps://www.nytimes.com/interactive/2016/09/06/upshot/up-geo-inequality.html

2) Economic Policy Institute, Inequality is slowing US economic growth, 12 Dicembre 2017, https://www.epi.org/publication/secular-stagnation/

3) City Lab, America’s Worsening Geographic Inequality, 16 Ottobre 2018, https://www.citylab.com/equity/2018/10/americas-worsening-geographic-inequality/573061/

4) Economic Innovation Group,  From Great Recession to Great Reshuffling, https://eig.org/dci

5) The Hamilton Project Brooking, Place-Based Policies for Shared Economic Growth, 28 Settembtre  2018, http://www.hamiltonproject.org/papers/place_based_policies_for_shared_economic_growth

 

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