La Via tra Cina e UE: il quadro politico strategico cinese

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

La Belt and Road Initiative (一带 一路, yi dai yi lu, BRI) è una proposta del governo cinese per collegare Paesi ed economie del continente euroasiatico. Sin dal suo lancio nel 2013 è diventata la pietra miliare della diplomazia economica della Cina e inserita tra i pilastri dello sviluppo economico nazionale con il tredicesimo Piano quinquennale.

Con una copertura geografica di oltre 65 Paesi, 1/3 del PIL mondiale e 2/3 della popolazione mondiale, la BRI fa riferimento a una “Cintura economica” (丝绸之路经济带, sichou zhi lu jingji dai, “SREB”) e a una “Via marittima del XXI secolo” (21 世纪海上丝绸之路, 21 shiji haishang sichou zhi lu), due percorsi che mirano a collegare il continente eurasiatico attraverso lo sviluppo infrastrutturale e una maggiore integrazione economica dei paesi lungo il percorso della storica Via della Seta. Sin dal lancio dell’allora neo Presidente Xi Jinping, l’iniziativa ha avuto confini confusi e obiettivi imprecisi mettendo in una posizione scomoda una UE più normativa. Tuttavia sta prendendo forma e sembra essere uno dei programmi geo-economici più ambiziosi mai ideati.

 

La natura della BRI

Solo nel 2018 la Repubblica Popolare Cinese ha investito più di 12 miliardi di dollari nella BRI (+6,4% in più rispetto al 2017) e ha firmato progetti per un valore contrattuale di circa 80 miliardi di dollari (+48% rispetto al 2017). L’interscambio commerciale con i partner dell’iniziativa ha superato gli 860 miliardi di dollari e le aziende cinesi hanno investito 11 miliardi di dollari in progetti sotto il cappello della BRI e avviato più di 82 zone di cooperazione economica e commerciale all’estero. Funzionari, analisti politici, investitori guardano con scetticismo l’iniziativa di Pechino che sembra un mezzo per giustificare gli investimenti cinesi, servire una vasta gamma di interessi nazionali ed espandere l’influenza cinese, ma che allo stesso tempo porta benefici data la sua natura flessibile ed inclusiva.

Malgrado la BRI sia stata lanciata dalla Cina, la sua realizzazione non dipende solo da Pechino, la quale ha bisogno di condividere, dialogare e collaborare con tutti i Paesi che si trovano lungo le sue rotte. Per questa ragione, Pechino definisce la BRI un’“iniziativa” (倡议, changyi) piuttosto che una “strategia” (战略, zhanlue). Come ha detto il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi durante una conferenza stampa in occasione delle cosiddette «Due sessioni» del 2017, la Cina mira a far diventare la BRI un “bene pubblico internazionale”.

Il piano d’azione dell’iniziativa, il “Vision and Actions on Jointly Building the Silk Road Economic Belt and 21st Century Maritime Silk Road” – l’unico documento ufficiale pubblicato ad oggi sull’argomento – la definisce infatti come un quadro di cooperazione aperta e flessibile, un progetto armonioso e inclusivo che non cerca la conformità ma prevede modalità di cooperazione diversificate per garantire a tutti i Paesi coinvolti un reciproco vantaggio e raggiungere uno sviluppo comune e condividere lo stesso destino.

Alcuni studiosi ritengono che l’iniziativa rappresenti la risposta cinese al cambiamento degli scenari geopolitici, alla crisi economica globale: BRI incarna la nuova globalizzazione 2.0, proponendo un modello con caratteristiche cinesi, più inclusivo ed equilibrato.

 

Ambiguità, il suo più grande punto di forza

Dall’inaugurazione dell’iniziativa, le comunicazioni ufficiali della BRI tendono a essere vaghe e imprecise. Solo due anni dopo il suo lancio, il 28 marzo 2015, la Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (NDRC) con il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero del Commercio (MOFCOM) cinesi emisero il primo (e unico) documento che formalizzasse l’iniziativa, il sopracitato piano d’azione “Vision and Actions”. Questo fornisce una spiegazione sistematica della “visione” cinese sull’iniziativa descrivendo il progetto in termini teorici, delineando obiettivi, strumenti e principali aree di cooperazione – coordinamento politico, connettività infrastrutturale, promozione del commercio, integrazione finanziaria, legami interpersonali, ma senza definire un quadro preciso di quello che effettivamente è e sarà la BRI.

A cinque anni dalla sua proclamazione, non esiste un documento ufficiale che includa i progetti previsti e approvati, i Paesi coinvolti, l’ammontare dei finanziamenti effettivi, la vera fonte di questi finanziamenti o quali enti hanno l’autorità per approvare i progetti sotto il nome BRI. Questa è un’iniziativa per la quale non ci sono Key Performace Indicators dichiarati pubblicamente, nessuna istituzionalizzazione, nessun protocollo di adesione formale, nessuna carta costitutiva o tempistiche per il suo sviluppo.

La propaganda è modellata e fortemente controllata dalle autorità centrali che hanno mantenuto le informazioni vaghe, in linea con la natura flessibile dell’iniziativa. Sia in Cina che all’estero, i canali di diffusione tendono a ripetere le parole chiave dei discorsi di Xi Jinping, lasciando il lettore come l’analista politico senza obiettivi politici sostanziali. La versatilità dell’iniziativa si riflette anche nelle tecniche di comunicazione, creando spesso scetticismo e incertezze in analisti e funzionari governativi internazionali ma rappresentando allo stesso tempo la sua più grande forza. 

L’ambiguità di questo progetto fornisce ai funzionari locali una sufficiente tolleranza interpretativa in grado di giustificare l’eventuale modellamento di regolamenti. L’iniziativa è un piano “work-in-progress”, costantemente adeguata in base alle esigenze e alle risposte raccolte sul campo, sia in Cina che all’estero, si può permettere di essere qualunque cosa la Cina affermi in qualsiasi circostanza.

 

Soft power come alternativa ai trattati commerciali

La BRI, oltre a far parte del tredicesimo Piano quinquennale, nell’ottobre 2017 è stata inserita nella Costituzione del Partito comunista cinese (PCC) in sede al 19° Congresso Nazionale. Questo ha evidenziato l’importanza del progetto nel lungo periodo per il “sogno cinese” del “risorgimento della nazione” entro il 2050, ma non pone fine alle incertezze derivanti da una propaganda inconsistente e da un diverso approccio legale. Infatti, a differenza del tradizionale quadro normativo internazionale in cui le regole e le direttive sono stabilite nei trattati, data la flessibilità al centro del progetto in termini logistici e strategici, l’iniziativa non è istituzionalizzata.

Non esiste un accordo generale o una convenzione che le parti firmano per poter aderire all’iniziativa ma gli impegni presi con gli Stati partecipanti sono documenti politici, i Memorandum of Understanding (MoU), piuttosto vaghi e di contenuto scarno. La BRI viene sostenuta da organizzazioni già esistenti a livello regionale e internazionale e tende a creare meccanismi di cooperazione (AIIB, SRF). In questo modo la Cina implementa il suo “soft power” (软实力, ruan shili) attraverso un canale multilaterale anziché un approccio aggressivo. La Cina impone indirettamente il suo sistema, attenuando la sua crescente influenza con cooperazioni di “win-win” ed “armoniose”, con l’intento di ottenere vantaggi economici e diplomatici ma anche di ottenere una migliore collaborazione tra tutti i partner.

La natura flessibile e adattabile dell’iniziativa riflette perfettamente un sistema giuridico cinese meno tecnico e meno specifico, in contrasto con l’approccio europeo più normativo. Sebbene la BRI non cerchi una conformità e lasci che la Cina sia più adattabile alle nuove situazioni, questo carattere pragmatico porta a una crescente incertezza negli investitori che trovano difficile comprendere come tutto rientri nella visione più ampia della BRI. La mancanza di trasparenza, i progetti ambiziosi senza un piano definito e l’incertezza giuridica, vede alcuni Paesi sospettosi dell’iniziativa economica della Cina, considerando la BRI come un mezzo destinato a servire una vasta gamma di interessi nazionali e a espandere l’influenza cinese.

 

 

Fonti e approfondimenti

National Development and Reform Commission,  Ministry of Foreign Affairs, and Ministry of Commerce of the People’s Republic of China, “Vision and Actions on Jointly Building Silk Road Economic Belt and 21st-Century Maritime Silk Road”, 28 marzo 2015, http://en.ndrc.gov.cn/newsrelease/201503/t20150330_669367.html 

EKMAN Alice, NICOLAS Françoise, SEAMAN John, et al., “Three Years of China’s New Silk Roads: From Words to (Re)action?”, Études de l’Ifri, Ifri, febbraio 2017. http://www.iberchina.org/files/2017/ifri_china_new_silk_roads_2017.pdf

SHEPARD Wade, “Why China Just Added The Belt And Road Initiative To Its Constitution”, Forbes, 25 ottobre 2017, https://www.forbes.com/sites/wadeshepard/2017/10/25/why-china-just-added-the-belt-and-road-initiative-to-its-constitution/#4ad1e6ed42ab

XIE Tao, “Is China’s ‘Belt and Road’ a Strategy?”, The Diplomate, 16 dicembre 2015. https://thediplomat.com/2015/12/is-chinas-belt-and-road-a-strategy/

WANG Yamei, “Full text of Chinese President’s speech at Boao Forum for Asia: Towards a Community of Common Destiny and A New Future for Asia”, Xinhua, 29 marzo 2015. http://news.xinhuanet.com/english/2015-03/29/c_134106145.htm

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