Plastica monouso: messa al bando dall’UE

plastica
@TwentyFourStudents - Flickr - CC BY-SA 2.0

È facile rendersi conto di quanto la plastica sia presente intorno a noi, nelle forme più disparate: è la penna che teniamo in mano, è nei nostri smartphone e computer, nei vestiti, negli imballaggi dei nostri cibi e via dicendo.

La presenza pervasiva di questo materiale è dovuta alla sua grande versatilità e al basso costo, che l’hanno portata rapidamente al successo nel corso del XX secolo. La strada per la sperimentazione è stata aperta nel 1870 dai fratelli americani Hyatt, che cercavano un sostituto dell’avorio per rendere più economiche le palle da biliardo, e sono arrivati alla celluloide. Si sono poi susseguite scoperte di processi produttivi sempre nuovi, che hanno ampliato la famiglia delle plastiche e di conseguenza i campi di applicazione.

La comparsa della plastica nel settore dell’alimentazione ha contribuito ad aumentare l’igiene dei cibi, contenendo gli sprechi e le automobili con componenti in plastica sono più leggere e consumano meno carburante. Resistente, leggera e conveniente, la plastica ha conquistato un ruolo di rilievo nel nostro modo di produrre e consumare.

Non è il materiale, è l’uso

Dunque, un materiale così vantaggioso in termini di produzione e utilizzo, come ha fatto a diventare dannoso al punto da dover essere messo al bando? Il problema non è nel materiale, ma, come spesso accade, nell’uso che ne facciamo.

Ad essere messi al bando sono infatti i famigerati articoli monouso, tanto adatti alla pigrizia del consumatore, quanto dannosi per l’ambiente.

Pratico ed economico, l’usa e getta si è diffuso in esercizi commerciali e in case private, senza che nessuno osasse mettere in discussione la comodità di non dover per forza lavare i piatti quando non se ne ha voglia. Sarebbe invece dovuto balenare nelle menti uno scenario inquietante: usa e getta, tradotto, significa produrre e buttare in continuazione, ovvero tenere accesi degli impianti che sfornano senza sosta pile di piatti bianchissimi, che, dopo essersi impregnati di sugo nei cinque minuti in cui ognuno di noi divora la pasta, vanno ad accumularsi non si sa dove. La città di Leonia rifà se stessa tutti i giorni” e mentre nessuno si chiede dove vengano portati, i rifiuti si accumulano in cataste sempre più grandi.

Gli impatti sull’ambiente

Il rovescio della medaglia è diventato chiaro negli ultimi anni, da quando tonnellate di plastica hanno iniziato a invadere i mari e le coste, a uccidere la fauna acquatica e a finire sulle nostre tavole.

Le cause della dispersione nell’ambiente marino vanno ricercate da una parte nel mercato della plastica e dall’altro nelle tendenze sociali. L’uso sempre più diffuso in applicazioni di breve durata, di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficiente, si traduce in modelli di produzione e consumo sempre più inefficienti e lineari; di conseguenza, viene sprecato del materiale prezioso che potrebbe invece essere reintrodotto nell’economia.

Allo stesso tempo, i consumatori contribuiscono alla dispersione della plastica nell’ambiente ogni volta che non partecipano correttamente alle operazioni di smaltimento. I cotton fioc gettati nel water o una bottiglietta lasciata per strada vengono trascinati col tempo, dall’acqua e dal vento, verso il mare, accumulandosi e mettendo in pericolo gli ecosistemi e la salute umana.

La risposta dell’Europa

A fine maggio 2018 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva, che rispondesse all’emergenza dei rifiuti marini. I conteggi, che vengono ormai effettuati da anni sulle spiagge europee, hanno rivelato che l’80-85% dei rifiuti è costituito da plastica e che il 50% è plastica monouso.

“Quando si arriva a una situazione in cui un anno si porta a casa il pesce in un sacchetto di plastica e l’anno successivo si riporta a casa quello stesso sacchetto in un pesce, bisogna lavorare sodo e in fretta”, dice Karmenu Vella, Commissario per l’Ambiente, gli affari marittimi e la pesca dell’Unione Europea.

La direttiva prevede diverse misure a seconda dell’articolo di plastica in questione ed in particolare è previsto il divieto dell’immissione sul mercato degli articoli per cui è già presente un’alternativa (in tabella sono contrassegnati con una X alla voce “Restrizione di mercato”).

Per tutti gli altri prodotti ci sono misure che riguardano tanto i produttori (che dovranno contribuire economicamente alla prevenzione e gestione dei rifiuti), quanto i consumatori, per i quali son previste sensibilizzazione e informazione (con apposita etichettatura) per favorire il corretto smaltimento dei rifiuti. Non da ultimo, dovranno essere applicate misure di riduzione generale e di progettazione, che rendano i prodotti più facili da recuperare.

La proposta della Commissione si inserisce nel quadro più generale del pacchetto sull’economia circolare del 2015 (L’anello mancante o Closing the loop) e della Strategia europea sulla plastica, presentata all’inizio del 2018, dove vengono identificati i seguenti obiettivi principali:

  • migliorare gli aspetti economici e la qualità del riciclaggio della plastica (progettazione, consumo e smaltimento)
  • arginare i rifiuti di plastica e il loro abbandono nell’ambiente (riduzione del monouso e di rifiuti da fonti marittime)
  • indirizzare gli investimenti e l’innovazione verso soluzioni circolari

L’iter legislativo della direttiva non è ancora concluso. A dicembre 2018 è stato raggiunto un accordo provvisorio tra Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea sulla proposta fatta dalla Commissione a maggio dello stesso anno. L’accordo dovrà essere formalmente approvato e solo in seguito gli Stati membri saranno tenuti a recepirla, ovvero avranno due anni per attuare le misure indicate dalla direttiva all’interno del Paese.

L’Italia si trova già un passo avanti nella battaglia del monouso, con l’emendamento alla legge di Bilancio del governo Gentiloni nel 2017, che ha vietato i cotton-fioc non biodegradabili dal primo gennaio 2019 e le microplastiche nei cosmetici dal primo gennaio 2020.

La macchina che si sta faticosamente mettendo in moto ha obiettivi molto ambiziosi, che guardano a un futuro più circolare, ma che si trovano a dover fare i conti con la realtà economica, che è schiava di meccanismi tutt’altro che sostenibili.

Una cosa è però evidente: è necessaria un’azione congiunta, che affronti il problema su grande scala, ma che sia costruita anche sull’impegno dell’individuo, che deve sentirsi partecipe di un cambiamento che non si può più procrastinare.

Fonti ed approfondimenti

Commissione europea – Comunicato stampa, Rifiuti di plastica: una strategia europea per proteggere il pianeta e i cittadini e responsabilizzare le imprese, Strasburgo, 16 gennaio 2018
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-5_it.htm

Commissione europea – Comunicato stampa, Plastica monouso: nuove norme UE per ridurre i rifiuti marini, Bruxelles, 28 maggio 2018
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3927_it.htm

Commissione europea – Comunicato stampa, Plastica monouso: nuove norme UE per ridurre i rifiuti marini, Bruxelles, 28 maggio 2018
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-3927_it.htm

Commissione europea – Comunicato stampa, Plastica monouso: la Commissione esprime soddisfazione per l’ambizioso accordo raggiunto su nuove norme per ridurre i rifiuti marini, Bruxelles, 28 maggio 2018
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-18-6867_it.htm

Commissione Europea, A European Strategy for Plastics in a Circular Economy, Brussels, 16.1.2018
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/AUTO/?uri=CELEX:52018SC0016&qid=1550277468183&rid=4

Commissione Europea, DIRECTIVE OF THE EUROPEAN PARLIAMENT AND OF THE COUNCIL on the reduction of the impact of certain plastic products on the environment, Brussels, 28.5.2018
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/AUTO/?uri=CELEX:52018PC0340&qid=1550277468183&rid=7

Be the first to comment on "Plastica monouso: messa al bando dall’UE"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*