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Spiegami le europee: intervista a Nicolas Bay, co-presidente dell’ENL

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Intervista di Sara Bianchi e Francesco Chiappini

A due mesi dalle elezioni europee continuiamo la nostra analisi dell’Unione parlandovi di quello che è un elemento fondamentale delle stesse elezioni: i gruppi politici del Parlamento. Abbiamo però pensato che, al posto di spiegarvelo noi, fosse meglio farvi capire chi sono questi gruppi e quali sono le loro idee politiche facendovelo spiegare direttamente da loro. Per questo motivo, tra Roma e Bruxelles, abbiamo intervistato esponenti di spicco dei gruppi nazionali, che ci hanno parlato di alcuni concetti chiave in vista delle europee di maggio.


Iniziamo con uno dei gruppi più euroscettici e che si pone nell’estrema destra della compagine europea: L’Europa della Nazioni e delle Libertà (The Europe of Nations and Freedom). Nato nel 2015, dalla fusione tra la Le Pen e Salvini, il gruppo è oggi co-guidato da Marcel de Graaf e Nicolas Bay.

Lo Spiegone ha avuto l’occasione di farsi spiegare proprio da quest’ultimo quali sono i punti essenziali dell’ENL per queste elezioni. Nicolas Bay, nato nel 1977, è un politico francese, conosciuto per essere il Segretario generale del Raggruppamento Nazionale, ex Front National, oltre che, appunto, co-presidente dell’ENL.

 

Quale strategia politica intende utilizzare l’ENL per avere successo in queste elezioni?

Il nostro gruppo politico è senza dubbio quello più coerente riguardo i temi fondamentali dell’Unione Europea. Tuttavia, dato che siamo coscienti del fatto che i vari Stati membri nutrano a volte degli interessi differenti e dal momento che rispettiamo le differenze esistenti tra i partiti nazionali che compongono il nostro gruppo, noi non stiamo portando avanti una “strategia politica” comune per queste elezioni. Allo stesso modo non abbiamo nemmeno delle istruzioni di voto comuni nel Parlamento europeo. Detto ciò, noi cooperiamo quotidianamente ormai da cinque anni, già da prima della creazione ufficiale del gruppo ENF.  Continueremo, ovviamente, a organizzare riunioni e conferenze collettive per presentare al meglio il nostro progetto relativo alla possibilità di un’altra Europa. A tal proposito, a metà marzo si terrà un incontro a Roma.

Crede che aumentare l’affluenza debba essere una delle priorità delle forze politiche europee? In quale modo mobiliterete nuovi elettori?

Assolutamente, noi speriamo di riuscire a mobilitare gli elettori e abbassare l’astensionismo. Contrariamente a un’idea piuttosto diffusa, noi pensiamo che gli astensionisti siano più inclini a votare per noi piuttosto che per i vecchi partiti che sono stati al potere negli ultimi decenni e che li hanno delusi o traditi. Ciò è vero in particolar modo in Francia, dove il nostro sistema elettorale, che è il meno democratico d’Europa, ha scoraggiato un numero sempre crescente di cittadini. Ma quello che state vivendo attualmente in Italia è la dimostrazione che non esiste fatalità e che i popoli europei possono riprendere il loro destino in mano.

Cosa ne pensa l’ENL del problema dei migranti, che l’Unione si trova ad affrontare negli ultimi anni? Quale pensa sia il miglior modo per gestirlo e risolverlo? 

La Francia è stato probabilmente il Paese europeo più toccato dai problemi dell’immigrazione non controllata. Dal 2015, tutto il nostro continente si è confrontato con una vera e propria invasione migratoria. Si tratta di una questione esistenziale. Per la sua ampiezza, l’immigrazione massiccia di questi ultimi anni rimette in causa i nostri stili di vita, al di là dei problemi socio-economici e di sicurezza che genera.
« Qui veut faire l’ange fait la bête » (Chi vuole fare l’angelo fa la bestia), come ha scritto il filosofo Pascal nel XVII secolo. Il “buonismo” che i nostri governanti hanno dimostrato nel confrontarsi con le sfide migratorie ha condotto agli attacchi terroristici che hanno insanguinato negli ultimi anni l’Europa. Il dogma della libera circolazione dei beni e delle persone ha portato alla libera circolazione di armi e terroristi. Il “buonismo” è il contrario dell’”umanità” (L’angélisme est le contraire de l’humanisme). Gli pseudo-umanisti, annunciando “urbi et orbi  di voler accogliere tutta la miseria del mondo, hanno incitato intere popolazioni ad abbandonare i propri Paesi e ad assumere rischi irragionevoli per arrivare in Europa.
In teoria, contemporaneamente alla soppressione delle frontiere interne, gli accordi di Schengen avrebbero dovuto avere come contropartita il rafforzamento delle frontiere esterne. Abbiamo visto cosa è successo.
Eppure, noi abbiamo i mezzi – finanziari, logistici e in termini di risorse umane – per mettere fine al problema dell’immigrazione massiva e incontrollata. Quello che manca, però, in generale è la volontà politica di farlo.
Matteo Salvini ha mostrato come una politica volontarista possa produrre degli effetti spettacolari. C’è bisogno, dunque, di provare una grande fermezza nei confronti dell’immigrazione illegale, e di lavorare in maniera più costruttiva con i Paesi da cui si emigra.

Quali sono le posizione dell’ENL sul funzionamento dell’UEM? Quali riforme intendete proporre nei settori della governance dell’Eurozona e delle regole di budget? 

Tutti i diversi partiti che fanno parte del nostro gruppo giungono alla stessa constatazione: l’euro, come moneta unica, non ha tenuto fede alle sue promesse. Al posto di essere una risorsa al servizio delle nostre economie, è divenuto una sorta di totem in nome del quale abbiamo sacrificato tutta la politica di crescita. Come ogni totem, la sua messa in questione è divenuta un tabù. Nonostante ciò, è necessario poterlo mettere in discussione.
C’è evidentemente un problema di governance. In pratica, la BCE si fissa come unico obiettivo di limitare al massimo l’inflazione, che rappresenta una vera e propria ossessione tedesca.
La politica del quantitative easing ha sicuramente prodotto l’effetto dell’abbassamento del valore dell’Euro, ma non è stato abbastanza per Paesi come la Francia e la maggior parte di quelli dell’europa meridionale e, al contempo, è risultato essere troppo per la Germania, le cui eccedenze commerciali sono dell’ordine di centinaia di miliardi di euro.
Oggi, la zona euro è la zona economica in cui la crescita è la più bassa al mondo. Inoltre, le procedure adottate per mantenerla, non solo non riescono a rilanciarla, ma sono anche alquanto contestabili (si pensi al meccanismo europeo di stabilità), dal momento che aprono la strada alla confisca totale dei depositi bancari dei risparmiatori, come è stato testato a Cipro.

Quale è per voi il futuro dell’Unione? Credete che l’integrazione debba essere accelerata attraverso un nuovo trattato o rallentata con accordi intergovernativi? Credete che il futuro dell’Ue sia quello di un’Europa a più velocità o di un’UE+27? 

E’ necessario salvare l’Europa dalle derive dell’Unione. A causa del suo funzionamento, o piuttosto per le sue disfunzioni, e anche le sue linee guida, l’Unione ha portato a l’impotenza collettiva delle nostre nazioni. Ai nostri occhi, l’Unione è divenuta essa stessa un’Anti-Europa. Non solamente non ci sta proteggendo dalla concorrenza extra-comunitaria, ma ha anche portato alla creazione di una concorrenza intra-comunitaria, con strumenti quali la direttiva sui trasferimenti dei lavoratori.

Noi dobbiamo rinegoziare i trattati. Non vogliamo più questa Commissione che, diretta da burocrati non eletti e politici in pre-pensionamento, accresce senza limiti le proprie prerogative, mentre toglie agli Stati membri i loro poteri sovrani. La Commissione dovrebbe essere ridotta a una sorta di segretariato del Consiglio.

In generale, dovremmo andare verso la cooperazione intergovernativa, in funzione degli interessi dei vari Stati membri. “Un’Europa a più velocità?”, se volete chiamarla così. In ogni caso, c’è bisogno di farla finita con la standardizzazione sistematica e mostrare flessibilità nell’organizzazione delle cooperazioni.

Per fare ciò bisogna rispettare gli interessi di ciascuno Stato membro e difendere realmente i nostri interessi comuni nei confronti dei concorrenti extra-EU. Si parla spesso di protezionismo europeo, ma non vi è alcuna reale volontà politica nella sua attualizzazione. Anzi, è vero il contrario.
Per non parlare poi degli accordi di libero scambio conclusi con tutto il mondo, potremmo limitarci a portare come esempio il trattato di Amsterdam che, nel 1997, ha abrogato l’articolo 44.2 del Trattato di Roma, il quale prevedeva “lo sviluppo di una preferenza naturale tra gli Stati membri”. Questa preferenza riguardava essenzialmente i prodotti agricoli. Al posto di abrogarla, sarebbe stato necessario rinforzarla ed estenderla ai prodotti industriali.

Parlando, infine, della Francia… come sta gestendo il Rassemblement National la mobilitazione per le elezioni? Come vi rapportate agli altri partiti nel PE che hanno idee simili alle vostre? 

In Francia, la dinamica generale è chiaramente dalla nostra parte, malgrado le abilità comunicative di Macron. Il nostro gruppo al Parlamento europeo è solido e sempre più attrattivo: senza fermarci a parlare delle discussioni che noi abbiamo con i partiti che sono attualmente in altri gruppi possiamo concentrarci sul fatto che recentemente abbiamo concluso diverse alleanze con delle formazioni dell’Europa centrale e orientale che sono state create dal 2014 e che, da allora, hanno fatto dei progressi veramente significativi all’interno dei propri parlamenti nazionali.
Le elezioni europee di maggio dovranno confermare la tendenza di questi ultimi anni e permettere alle forze nazionali di giocare un ruolo determinante nella riforma del progetto europeo.


Foto: Twitter

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