La Via tra Cina e UE: obiettivi economici

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Il quadro politico strategico descritto nel precedente articolo ha provato a identificare il contesto in cui si inserisce la Belt and Road Initiative (BRI, o Nuova via della seta), mostrando come l’iniziativa di Pechino voglia collegarsi con il continente eurasiatico attraverso obiettivi molto ampi e poco definiti, oltre che un’esecuzione poco trasparente, poco coordinata e priva di due diligence.

Tuttavia, dopo cinque anni, BRI diventa il prisma con cui osservare la geopolitica cinese proiettata verso l’estero e intimamente connessa alle questioni economiche e politiche interne. Promossa come un’iniziativa economica “win-win”, gli obiettivi ultimi sono infatti esportare la sovracapacità produttiva della Cina, ampliare il suo accesso alle materie prime e ai mercati di esportazione, espandere l’area di esportazione del renminbi, e aumentare il peso finanziario e istituzionale del Paese. Ben oltre i progetti di logistica e trasporti, la Nuova via della seta rappresenta la trama e l’ordito di tutta la diplomazia cinese.

 

Made in China 2025

Nel discorso al Forum di Boao, il presidente Xi Jinping ha lanciato la BRI nel contesto delle riforme economiche della Cina che mirano a riequilibrare la propria economia attraverso la “Nuova normalità” (新常态, xin changtai), una crescita economica più lenta ma più stabile. Consapevole che i tempi della crescita a doppia cifra mantenuti per trent’anni sono finiti, Pechino mira ora a innalzare il livello socio-economico del Paese in termini di sostenibilità e benessere, e a ridurre la dipendenza dalle esportazioni puntando sui consumi interni.

La sfida della “Nuova normalità” è dunque quella di modificare il modello di sviluppo del Paese, passando da una crescita estensiva a una intensiva: vale a dire, una crescita trainata dai consumi e non più dagli investimenti, e caratterizzata dall’aumento della produttività e dell’innovazione. Uno degli obiettivi economici domestici più importanti in Cina è pertanto quello di espandere la propria quota di mercato nei beni di alta gamma e di incoraggiare la loro domanda estera. In tal modo, il Paese passerebbe da essere “la fabbrica del mondo” a un’economia basata sull’innovazione.

Questo piano si riflette nella cosiddetta strategia Made in China 2025 (中国制造 2025, Zhongguozhizao 2025), ideata dal Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione (MIIT) nel 2015 per valorizzare la catena del valore cinese e diventare una potenza autosufficiente nell’alta tecnologia. Investimenti in internet, supercomputer, intelligenza artificiale, robotica, automazione industriale, nuovi materiali, ferrovie, aerospazio, infrastrutture marittime e scienze della vita sono i cardini della strategia.

 

 

Made in China 2025 è stata modellata sul piano tedesco Industria 4.0, ma potrebbe potenzialmente essere più di quello: mentre Industria 4.0 si occupa di innovazione tecnologica, in Made in China 2025 si tratta di ristrutturare l’intero settore e renderlo più competitivo, usando l’innovazione come uno degli strumenti della produzione di tecnologia.

La BRI è indispensabile per incoraggiare le esportazioni, ma in modo diverso dal precedente modello di crescita economica: se la Cina finora ha commesso l’errore di dipendere dalle esportazioni, oggi l’intenzione è di esportare i suoi prodotti di fascia alta.

 

Sovracapacità industriale

I risultati che il Governo di Pechino si propone di raggiungere attraverso la BRI sono molteplici. Se da una parte la presenza di infrastrutture è un incentivo e una conditio sine qua non per garantire lo spostamento del baricentro economico verso le regioni cinesi interne, dall’altra i progetti infrastrutturali permettono di impiegare l’eccesso di capacità delle industrie pesanti cinesi in investimenti che si sperano più performanti di quelli nelle congestionate aree costiere. In questo modo, Pechino ha cercato negli ultimi anni di guadagnare tempo e attutire gli effetti del processo di transizione economica verso un modello di sviluppo trainato dai consumi, e non più dalle esportazioni e dagli investimenti.

Nel 2014 He Yafei, Viceministro del Ministero del Affari Esteri, ha affermato pubblicamente di riconoscere i possibili effetti dannosi della sovracapacità, ma che se la si esporta in Asia e Africa per la costruzione di infrastrutture si otterrebbe un risultatowin-win”. Da un lato, quindi, la sovracapacità risolverebbe il problema della sovraccapacità della Cina, e dall’altro espanderebbe e migliorerebbe le infrastrutture dei Paesi in via di sviluppo.

 

Sviluppo regionale

L’urbanizzazione della Cina costiera e le politiche favorevoli e preferenziali, hanno creato un’ampia classe media che sta alimentando il consumo della produzione manifatturiera e la domanda di servizi (turismo, finanza, sanità privata e istruzione privata). Allo stesso tempo, larga parte della Cina interna è ancora povera e arretrata. A livello domestico, perciò, gli obiettivi principali della BRI sono quelli di incoraggiare lo sviluppo regionale attraverso una migliore integrazione, costruire opere pubbliche di grandi dimensioni, modernizzare le aree depresse e aumentare il benessere delle zone critiche.

Già nel 1999, Pechino provò a ridurre questo divario tra le province attraverso programmi strategici e nuovi incentivi per attirare investimenti nelle regioni centrali e occidentali (il cosiddetto Go West, lanciato dal presidente Jiang Zemin). Dal momento che la maggior parte dei corridoi BRI partono da province centrali o occidentali, l’iniziativa svolge un ruolo significativo nello sviluppo della regione dell’entroterra occidentale e nel rivitalizzare le province economicamente poco performanti nel nord-est e in altre regioni povere del sud-ovest.

In particolare, la BRI si sta concentrando su regioni come Xinjiang, Tibet, Qinghai e Gansu. Tra le più rilevanti vi è lo Xinjiang, regione attraversata da conflitti etnici e religiosi – aggravati dalle tensioni tra governo centrale e uiguri (minoranza musulmana turcofona) – e snodo rilevante della Nuova via della seta. Il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) che collega collega Kashgar nello Xinjiang con il porto di Gwadar rappresenta, forse, il più emblematico progetto della BRI. Primo progetto finanziato dal Chinese Silk Road Fund (SRF), CPEC risulta fondamentale per lo Xinjiang in quanto regione senza sbocco sul mare, e riduce significativamente i costi di trasporto per la provincia.

La regione dello Xinjiang ha una posizione molto importante nel sistema BRI perché, oltre alla rilevanza dell’integrazione economica, riflette la volontà di Pechino di contrastare il terrorismo, il separatismo e l’estremismo religioso.

 

Risorse naturali

La BRI rappresenta per la Cina anche la risposta al problema della dipendenza energetica. Dal 1993, il Paese è un importatore netto di petrolio, e Pechino mira ora ad accrescere la sua influenza per avere più energia importata da imprese cinesi e garantire l’accesso alle risorse energetiche dall’estero.

Secondo il rapporto dalla China National Petroleum Corporation (CNPC), nel 2018 la Cina ha importato circa il 62% delle sue forniture di petrolio (e il 52% proveniva dal Medio Oriente). Inoltre, circa un terzo del gas naturale consumato viene importato dall’estero, di cui il 34% proviene dal Qatar e il 5% è importato dallo Yemen. La Cina non solo dipende dalle forniture di petrolio e gas del Medio Oriente, ma la maggior parte di queste forniture passa attraverso diversi passaggi marittimi come lo Stretto di Malacca nel Mar Cinese Meridionale – ancora protetto dagli Stati Uniti.

La creazione di rotte commerciali alternative potrebbe quindi rappresentare la soluzione all’instabilità, e assicurare alla Cina una maggiore influenza sulle zone interessate.

 

Globalizzazione con caratteristiche cinesi

La BRI è un’iniziativa promossa come “win-win” e “reciprocamente vantaggiosa”. Secondo le dichiarazioni ufficiali cinesi, l’obiettivo principale del BRI sarebbe quello di portare prosperità ai Paesi asiatici in via di sviluppo. Tuttavia, i grandi progetti che ne fanno parte riflettono soprattutto la volontà prioritaria del Partito.

La legittimità del Partito comunista cinese è inestricabilmente legata alla crescita economica del Paese, per cui l’obiettivo principale – in politica estera ed interna – è far progredire i suoi interessi economici nazionali. Questo riflette l’approccio di sviluppo economico cinese di matrice confuciana che predilige la collettività – anche a discapito della pressione internazionale sul fronte umanitario.

Gli obiettivi economici sopracitati hanno pertanto mosso e motivato Pechino a dare forma a questo serpentone di accordi commerciali sulla vecchia Via della Seta, attraverso un nuovo tipo di egemonia politica nel nome della cooperazione: la globalizzazione con caratteristiche cinesi, più inclusiva ed equilibrata. La BRI propone una sorta di “confucianesimo logistico”, nel quale la “società armoniosa” e il principio del “weiwen” (ossia il mantenimento della stabilità) – annunciati da Hu Jintao – sono oggi traghettati verso il sogno di un mondo privo di divergenze.

 

 

Fonti e approfondimenti

CPC Central Committee, “Decision of the Central Committee of the Communist Party of China on Some Major Issues Concerning Comprehensively Deepening the Reform”, 16 January 2014. http://www.china.org.cn/china/third_plenary_sessi-%20on/2014-01/16/content_31212602.htm

THE STATE COUNCIL, THE PEOPLE’S REPUBLIC OF CHINA, “李克强谈“中国制造 2025”:从制造大国迈 向制造强国”( Lǐkèqiáng tán “zhōngguó zhìzào 2025”: Cóng zhìzào dàguó mài xiàng zhìzào qiángguó, “Li Keqiang talks about “Made in China 2025”: from a manufacturing country to manufacturing power”), August 10, 2017. http://www.gov.cn/xinwen/2017-08/10/content_5216727.htm

HE, Yafei, “China’s Overcapacity Crisis Can Spur Growth Through Overseas Expansion”, South China Morning Post, January 7, 2014 http://www.scmp.com/comment/insight- opinion/article/1399681/chinas-overcapacity-crisis-can-spur-growth-through-overseas

Finance Sina, “李克强:2015 年 GDP 增长目标 7%左右” (Lǐkèqiáng: 2015 Nián GDP zēng cháng mùbiāo 7%zuǒyòu, “Li Keqiang officially: 2015 growth target will be of approximately 7%”), March 5, 2015. http://finance.sina.com.cn/china/20150305/194121655156.shtml

ZHANG, Hangyan, “How to revive China’s manufacturing sector?”, The Telegraph, January 9, 2017. http://www.telegraph.co.uk/news/world/china-watch/business/chinese-manufacturing-sector-2017/

Xinhua, 当“中国制造 2025”遇上“德国工业 4.0” (dāng “zhōngguó zhìzào 2025” yù shàng “déguó gōngyè 4.0”, “When Made in China 2025 meets German’s Industy 4.0”), October 28, 2016. http://news.xinhuanet.com/tech/2016-10/28/c_1119803451.htm

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