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Spiegami le europee: intervista a David Lundy, responsabile della comunicazione di GUE/NGL

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Intervista di Sara Bianchi e Francesco Chiappini
Inviata a Bruxelles: Yauheniya Dzemianchuk
Traduzione di: Giada Deregibus

A due mesi dalle elezioni europee continuiamo la nostra analisi dell’Unione parlandovi di quello che è un elemento fondamentale delle stesse elezioni: i gruppi politici del Parlamento. Abbiamo però pensato che, al posto di spiegarvelo noi, fosse meglio farvi capire chi sono questi gruppi e quali sono le loro idee politiche facendovelo spiegare direttamente da loro. Per questo motivo, tra Roma e Bruxelles, abbiamo intervistato esponenti di spicco dei gruppi nazionali, che ci hanno parlato di alcuni concetti chiave in vista delle Europee di maggio.

Vi parliamo oggi della Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE/NGL in inglese). Gruppo nato alla fine degli anni ’90 dall’unione degli ecosocialisti nordici e dei socialisti e comunisti. Uno dei valori chiave di questo gruppo, che si pone all’estrema sinistra dell’arena europea, è quello del confederalismo, vale a dire il rispetto e la preservazione della diversità di identità e opinioni tra i propri membri.

Per capire di più le loro idee abbiamo parlato con David Lundy, capo della comunicazione. 

Qual è la strategia del GUE/NGL per queste elezioni?

Prima di tutto, è bene specificare alcune cose. GUE/NGL non partecipa alla campagna delle elezioni europee come gruppo politico. Molti dei nostri parlamentari fanno parte del partito di sinistra europeo o sono associati a esso e hanno uno Spitzenkandidat. GUE/NGL non farà lo stesso; si tratta soltanto di un gruppo presente nel Parlamento europeo.

Aumentare l’affluenza dovrebbe essere una priorità di ogni forza politica?

Sì. Se si tratta di uno scopo comune, allora non può che essere positivo. Ma penso anche sia necessario invogliare le persone a presentarsi ai seggi tramite inclusione, e non colpevolizzandoli quando rimangono a casa e si astengono. La sensazione generale di delusione nei confronti della politica nasce dal fatto che le persone non si sentano rappresentate dal sistema attuale, che la classe governante non lavori per loro. Peraltro, quest’affermazione è supportata anche da numerosi altri partiti politici nazionali.

Come pensate di convincere questa fascia di elettorato a scegliere la vostra proposta?

Credo che lo faremo e che, in parte, già lo abbiamo fatto. Ripeto, GUE/NGL non partecipa alle elezioni, ma immagino che i nostri partiti si concentreranno sul target che solitamente già li vota. Per esempio, nel 2014 includeva giovani, classe media, una maggioranza di donne. Ma ci stiamo già muovendo verso nuovi target; siamo riusciti a includere i partiti per i diritti per gli animali, il movimento spagnolo Podemos, che è derivato da una protesta direttamente dalla strada, tra la gente. Quindi sì, abbiamo il nostro target elettorale – così vale per ogni partito –, ma ci stiamo espandendo.

Cosa pensa il GUE/NGL della questione dei migranti?

Sicuramente abbiamo visioni diverse da tutti gli altri partiti politici più grandi in merito alla questione, specialmente da quelli di destra. Siamo a favore delle migrazioni, crediamo siano positive. Quello che ci preoccupa è che l’Europa stia eludendo i propri doveri internazionali. Il diritto internazionale non riguarda la politica; è stato creato alla fine della Seconda Guerra Mondiale con lo scopo di proteggere le persone in pericolo e in fuga per la sopravvivenza. Dunque, considerando il diritto internazionale, quello umanitario e quello dell’UE, siamo in dovere di proteggere chiunque sia in situazioni di serio pericolo, come la Siria e altri Paesi.

Qual è secondo i Verdi il modo migliore per risolvere la situazione?

Abbiamo, noi e la maggioranza del Parlamento europeo, proposto in Unione europea un programma di inserimento. Non si tratta di una posizione di sinistra, ma di un programma fortemente voluto dalla maggior parte dell’Unione.

Qual è la vostra posizione sul funzionamento dell’Unione Economica e Monetaria?

Siamo un gruppo confederale, non posso dare una risposta a questa domanda, principalmente perché non è un argomento su cui c’è unanimità di accordo, sfortunatamente.

Quali riforme proponete per quanto riguarda la governance dell’Eurozona e le regole di bilancio?

Come per la domanda precedente, anche in questo caso non posso dare una risposta che rifletta le opinioni di tutto il gruppo. In linea generale,  però, i nostri partiti sono concordi sul fatto che il sistema monetario, e il suo fallimento nella gestione del potere delle banche e del settore finanziario, abbia avuto un impatto negativo sulla classe media e i costi della vita in Europa. Stiamo cercando di trovare nuove politiche che promuovano una ridistribuzione della ricchezza dell’elite finanziaria, che sta rendendo insostenibile il costo della vita per i lavoratori.

Quali priorità e quali strategie dovrebbero ispirare il nuovo Quadro Finanziario Pluriennale?

Dovrebbe concentrarsi maggiormente sulla ridistribuzione della ricchezza. Basti pensare al denaro che arricchisce grandi proprietari terrieri e grandi agricoltori; con politiche regionali questo stesso denaro potrebbe entrare nelle tasche di realtà più piccole.

Qual è per GUE/NGL il futuro dell’Unione?

Crediamo che l’Unione europea sopravviverà soltanto se comincerà a servire la maggioranza della popolazione. Negli ultimi dieci anni la credibilità dell’UE ha risentito della crisi, perché la stessa Unione non è stata in grado di rispondere prontamente alla situazione, danneggiando le vite delle persone e i servizi pubblici. Abbiamo bisogno di tornare al progetto originario, quello di aiutare e sostenere le persone.

A tal proposito, pensate che questa integrazione debba essere ottenuta con nuovi Trattati o che debba essere rallentata ricorrendo agli accordi intergovernativi?

Dipende dal tipo di integrazione. Il Patto di bilancio europeo, per esempio, è una forma di integrazione su cui non eravamo d’accordo, perché considerava l’austerity come un bisogno costituzionale dell’Unione europea. Siamo a favore di un’integrazione che preveda una politica di equa ridistribuzione delle entrate tra le classi sociali. Un’integrazione che preveda più democrazia e meno distanza tra le istituzioni a Bruxelles e gli Stati Membri. Come ho detto, dipende dal tipo di integrazione: il nostro gruppo non è come gli altri. Non crediamo che tutti i tipi di integrazione siano possibili.

Il GUE/NGL crede che il futuro dell’Unione sia a più velocità o a +27?

Credo che dipenda dal concetto di “più velocità”. Sono convinto che la maggior parte dei nostri parlamentari sarebbero d’accordo se alcuni Paesi dovessero firmare per un’imposta sulle transazioni finanziarie. E come gruppo, penso che anche noi potremmo supportare il progetto. Dipende anche dal tipo di politiche che implica.

Quando si parla di GUE/NGL ci si riferisce alla locuzione “populismo di sinistra”, utilizzata spesso nel linguaggio politico e giornalistico con accezione negativa, viste la preoccupante crescita del populismo nello scenario europeo. Cosa ne pensa?

Non solo non mi piace, ma sono anche in completo disaccordo con il termine. Quando si parla di populisti, specialmente ora nel 2019, si fa riferimento a qualcosa che è estremamente negativo e, solitamente, di destra. Si pensa a personaggi come la Le Pen, Matteo Salvini e Viktor Orban, che non hanno assolutamente nulla a che vedere con noi. Noi siamo completamente contro il razzismo e la xenofobia. I movimenti socialisti e di sinistra sono stati i primi a essere internazionali, prima delle destre, dei liberali, dei verdi e di qualunque altro gruppo. I nostri sindacalisti hanno avuto visioni anti-razziste e anti-xenofobe già nel XVIII e XIX secolo. Questa caratteristica è sempre stata il cuore del nostro movimento. Quindi, essere associati a personaggi della destra credo sia del tutto ingiusto. Inoltre, se noi veniamo considerato populisti, allora cosa significa esserlo? È come cercare soluzioni semplici per tutto.

È sbagliato, quindi, considerare il GUE/NGL un gruppo populista? Perché?

Perché noi non siamo per le soluzioni semplici. Sfidare il capitalismo non è semplice. Le soluzioni semplici sono quelle che danno la colpa di tutto ai migranti o agli stranieri per i lavori poco gratificanti che hanno le persone. È sempre colpa di qualcuno che arriva da fuori, questo è quello che affermano le soluzioni semplici. Noi non la pensiamo così.

A dire la verità, è quasi divertente che ci considerino populisti, e quindi predisposti alle soluzioni semplici, ma poi ci definiscono complicati. Dicono che la sinistra non usa un linguaggio semplice o che non ha degli slogan di qualità. Siamo accusati di essere troppo astratti, troppo prolissi, troppo lenti a spiegare le cose; però ecco che poi siamo anche troppo semplici.

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