Europa27: i Paesi baltici

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Con una popolazione che si aggira in media intorno ai 2 milioni di abitanti – in Estonia si parla di poco più di 1.300.000 anime – le tre Repubbliche baltiche non finiscono molto spesso sotto i riflettori della politica internazionale.

Tuttavia, grossi cambiamenti politici stanno avvenendo al loro interno, proprio sotto il nostro naso, e le prossime elezioni europee saranno un banco di prova importante per Estonia, Lettonia e Lituania. Andiamo a scoprire quindi i partiti, i candidati e le tematiche chiave dei tre Paesi baltici (entrati nell’UE con l’allargamento del 2004) e in che modo le elezioni per il Parlamento Europeo (PE) si intersecano con la loro politica nazionale.

Estonia

Il più nordico dei tre Paesi baltici, con la sua e-Estonia, ha dimostrato ormai da tempo al mondo intero che spostare la maggior parte dei servizi statali su una piattaforma online è possibile, e decisamente molto comodo – oltre che pericoloso, quando come vicino di casa si ha la Russia pronta a muovere delle vere e proprie guerre cibernetiche. Alle elezioni generali dello scorso 3 marzo, infatti, più di un quarto degli 881.000 elettori estoni ha votato online per rinnovare i 101 seggi del Rigikogu, il loro parlamento unicamerale. Sarà quindi possibile votare online anche per le elezioni europee, che si terranno il 26 maggio.

Queste recentissime elezioni generali hanno implicato una certa sovrapposizione con le europee, in termini di candidati. Al Paese, oltretutto, sarebbe spettato 1 dei 27 seggi del Regno Unito uscente, qualora la Brexit fosse avvenuta nei tempi previsti, o quantomeno entro luglio 2019; dato che la questione Brexit è tuttora a dir poco imprevedibile, è molto probabile che l’Estonia rimarrà con i suoi attuali 6 seggi nel PE. Secondo Politico, il Partito Riformatore Estone, il Partito di Centro Estone e il Partito Popolare Conservatore Estone (EKRE) sono quelli che più probabilmente se li spartiranno fra le loro singole liste nazionali.

Il Partito Riformatore (ALDE) è al 30% nei sondaggi per il PE. Di centro destra, è uscito vincitore dalle elezioni generali, ma la sua leader Kaja Kallas non è riuscita a ottenere la fiducia del parlamento per formare il nuovo governo. Europeista e a favore del matrimonio egualitario, si tratta di uno dei due partiti storici di governo. Il suo candidato di punta per le europee è Andrus Ansip (ex primo ministro e vice presidente della Commissione Europea dal 2014), che con il 10% di gradimento risulta fra i più quotati in assoluto nel panorama politico estone. A seguire, Taavi Rõivas, un altro ex primo ministro, e Urmas Paet, europarlamentare.

Il Partito di Centro (ALDE) è al 21% per il PE. Il suo leader e primo ministro uscente Jüri Ratas è stato nuovamente incaricato di formare il governo lo scorso 16 aprile. Fondato subito dopo la caduta dell’URSS, è il partito di riferimento della minoranza russa in Estonia (circa il 25% della popolazione).

In questo senso, tuttavia, sta attraversando un’evoluzione molto interessante: nel 2004, aveva sancito ufficialmente la propria ben nota alleanza con Russia Unita (il partito di Vladimir Putin), firmando un memorandum di intenti che è stato prontamente “congelato” da Ratas nel 2016 – nel timore di perdere gli elettori a cui non era piaciuta la mossa dell’annessione russa della Crimea nel 2014. L’europarlamentare Yana Toom è la candidata in cima alla lista, con il 9% di gradimento. A seguire, Enn Eesmaa, presidente del Rigikogu e vice del partito, e Aadu Must, ex parlamentare.

EKRE è al 16% per il PE. Anti-immigrati e fortemente euroscettico, questo partito da tempo invoca un referendum per un’eventuale “Estxit” dall’Unione Europea. Al contrario di altri populisti, non è affatto filorusso, ma anzi appoggia il battaglione NATO presente in Estonia dal 2017. Nonostante la posizione molto ambigua in tema di democrazia liberale, diritti umani e separazione dei poteri, in pochissimi anni ha più che duplicato i propri consensi: da 7 seggi che aveva nel Rigikogu nel 2015, ne ha ottenuti 19 alle ultime elezioni, ed è entrato nella coalizione di governo.

Date le alte probabilità di fare il proprio ingresso nel PE, ha già assicurato il proprio sostegno alla nuovissima European Alliance of Peoples and Nations – la coalizione paneuropea di estrema destra annunciata da Matteo Salvini lo scorso 8 aprile. I candidati principali sono Mart Helme, leader del partito, e suo figlio Martin, leader del gruppo parlamentare.

Lettonia

Il 6 ottobre 2018 si sono tenute le elezioni per rinnovare i 100 seggi del Saeima, il parlamento unicamerale lettone. La campagna elettorale, dai toni particolarmente aggressivi, era iniziata quasi un anno prima. Tuttavia, a causa del risultato estremamente frammentato, dell’inesperienza di alcuni nuovi partiti e di mancanza di leadership in generale, il Paese è rimasto senza governo fino a fine gennaio 2019.

La coalizione raggiunta da Arturs Krišjānis Kariņš (leader di Nuova Unità) comprende 5 dei 7 partiti attualmente in parlamento. Paradossalmente, i due partiti esclusi dal governo sono anche fra quelli meglio quotati da Politico per le elezioni europee – che in Lettonia si terranno il 25 maggio. Gli 8 seggi verranno assegnati tramite un sistema di singole liste nazionali, con una soglia di sbarramento al 5%.

Il Partito Socialdemocratico “Armonia” (S&D) per le elezioni europee mantiene l’indice di gradimento più alto nei sondaggi, al 21%. E’ il più grande partito della Lettonia, da diversi anni al ruolo di opposizione. Ha alle spalle una lunga storia di cooperazione con Russia Unita, interrottasi solo nel 2017. Pur essendo il vincitore delle scorse elezioni generali (con quasi il 20% dei voti), infatti, gli altri partiti hanno deciso di escluderlo dalle consultazioni di governo, a causa della sua “mentalità pro-Cremlino” e di alcune accuse di corruzione. Nils Ušakovs, leader del partito, ex sindaco di Riga ed ex giornalista, è il primo candidato della sua lista.

Il Nuovo Partito Conservatore è una delle new entry del Saeima, nazionalista e anti-establishment. Fra le sue istanze principali, c’è la necessità di ridurre la pubblica amministrazione e il numero dei ministri. Nuovo anche per il PE, e quindi attualmente senza alcuna affiliazione, nei sondaggi è al 12%. Il suo candidato principale è Andis Kudors, direttore esecutivo del Centro per gli Studi di Politica dell’Est Europa.

Andis Kudors, membro della Facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Riga.

Alleanza Nazionale (ECR) è una coalizione nata dall’unione di “Tutto per la Lettonia!” e “Per la patria e la libertà/LNNK”. Nazionalista e conservatrice, è al governo dal 2006. Anti-Cremlino, è a favore di politiche più severe in materia di migrazioni e rifugiati. L’europarlamentare Roberts Zīle è il suo primo candidato.

L’Unione dei Verdi e dei Contadini (ALDE) è un partito di centro-destra che coniuga politiche ambientaliste alla difesa della proprietà privata degli agricoltori. E’ stato al governo in diverse occasioni, ma dopo le ultime elezioni generali è stato escluso dalle consultazioni a causa di presunti legami con un oligarca criminale. La sua candidata di punta è Dana Reizniece-Ozola, Grande Maestra Femminile di scacchi ed ex ministra delle Finanze.

Sviluppo/Per! è un altro partito che ha fatto il suo ingresso nel Saeima solo con le ultime elezioni. È nato dall’alleanza fra il liberale Sviluppo della Lettonia e l’europeista Movimento per!. Oltre a essere pro-UE, sostiene anche le istanze LGBT+. Attualmente, non ha ancora alcuna affiliazione precisa all’interno del PE. Il nome in cima alla sua lista è quello di Ivars Ijabs, accademico e autore.

Nuova Unità (EPP) è il secondo partito della Lettonia, che ha dominato la politica del Paese fino a pochi anni fa. Ha subìto un grosso calo nei sondaggi a causa di errori strategici, disaccordi interni e grossi scandali. Alle elezioni generali ha ottenuto meno seggi di tutti, ma dopo varie vicissitudini il suo leader Kariņš è stato nominato primo ministro. Il noto ex primo ministro (e attuale commissario europeo) Valdis Dombrovskis è il suo fiore all’occhiello.

Lituania

Il più popoloso dei tre Paesi baltici è una repubblica semipresidenziale, dove il presidente viene eletto direttamente dai cittadini ogni 5 anni. La sua prima presidentessa donna, Dalia Grybauskaitė – soprannominata “la Lady di Ferro della Lituania” – è attualmente alla fine del suo secondo (e ultimo) mandato consecutivo. Le prossime elezioni presidenziali stanno mettendo decisamente in ombra quelle per il PE: le presidenziali si terranno infatti il 12 maggio, e il loro (molto probabile) secondo turno è fissato proprio lo stesso giorno delle europee, il 26 maggio.

La Lituania si è dimostrata, fin da subito, uno dei terreni più fertili per la politica verde in Europa. Il populismo qui non è ancora riuscito ad attecchire, e i partiti più forti fra i 141 seggi del Seimas, il parlamento unicamerale, sono per lo più centristi. Ben 18 partiti sono in competizione per gli 11 seggi che spettano al Paese all’interno del PE – da spartire sempre secondo un sistema di singole liste nazionali, soglia di sbarramento al 5%. Fra questi, Politico individua 7 probabili vincitori.

L’Unione degli Contadini e dei Verdi di Lituania (TG/EFA), il primo partito della maggioranza al governo, dal 7% scarso di consensi per il PE del 2014 è passato oggi al 23%. Il suo candidato per le presidenziali, Saulius Skvernelis, è primo ministro dal 2016 – a capo di quello che attualmente è diventato l’unico governo tutto al maschile dell’Unione Europea. Per le elezioni europee, vedrà schierati Bronis Ropė, europarlamentare, e Sarunas Marciulionis, celebre giocatore di basket NBA.

L’Unione della Patria – Democratici Cristiani di Lituania (EPP) è al 25% nei sondaggi per il PE, ed è il principale partito di opposizione parlamentare, nazionalista e liberale. Il primo candidato della sua lista è Liudas Mažylis, professore dell’Università di Kaunas.

Il Partito Socialdemocratico Lituano (S&D) è al 13% per il PE, ed è il secondo partito di opposizione. Vilija Blinkevičiūtė, già attivissima europarlamentare, sarà la candidata di punta del partito per il PE, seguita da Rasa Bumbergyte, avvocatessa ed ex viceministra della Giustizia.

Il Partito del Lavoro (ALDE) è un partito populista di centro-sinistra, attualmente al 7% per il PE. Insieme ad altri dissidenti socialdemocratici, molti dei suoi membri nel 2018 sono confluiti nel Partito Democratico del Lavoro Lituano, diventato il secondo partito della coalizione di governo; appena sopra la soglia di sbarramento del 5%, il suo ingresso sarebbe nuovo anche per il PE – quindi non possiede ancora un’affiliazione precisa.

Il Movimento dei Liberali della Lituania (ALDE) è un altro partito dell’opposizione, di stampo conservatore. Dal 2014, i suoi consensi per il PE sono scesi dal 17% al 7%. Il primo candidato della sua lista è Petras Auštrevičius, europarlamentare e diplomatico da poco ritiratosi dalla corsa presidenziale, seguito da Viktorija Čmilytė-Nielsen, Grande Maestra di scacchi. Anche il terzo partito di governo, l’euroscettico e anti-establishment Ordine e Giustizia, dal 2014 ha visto dimezzarsi i propri consensi per il PE, passati dal 14% all’attuale 7%.

Cooperazione internazionale o mentalità protezionista?

In fondo, è proprio questa la sfida che molti Stati dell’Unione Europea si stanno trovando ad affrontare ultimamente. Le tre Repubbliche baltiche non sono da meno, anche se sono ben consapevoli dei benefici apportati dall’Unione in termini economici e di sicurezza. Data la loro storia e la loro posizione geografica, infatti, Estonia, Lettonia e Lituania condividono tutte la stessa paura di finire di nuovo nell’orbita di Mosca – diventata sempre più aggressiva negli ultimi anni, con le sue guerre di disinformazione e il suo soft power.

Tuttavia, anche se lenta, la svolta euroscettica rischia di avvicinare sempre più i tre baltici alla visione del gruppo di Visegrád. La crisi migratoria, inoltre, continua a essere una questione chiave: sia a causa delle migrazioni forzate subite durante l’URSS, sia della mancanza storica di flussi migratori provenienti da Africa e Medio Oriente, per l’estrema destra baltica è facile giocare sulla paura dell’ignoto dei propri elettori rispetto all’accoglienza delle quote di rifugiati stabilite dall’UE nel 2015.

Fonti e approfondimenti

POLITICO

Europe Elects

ERR.ee, “Pollsters: Centre, Reform, EKRE only parties to get MEP seats in May”, (18/02/2019)

European Council on Foreign Relations (ECFR), “Latvia’s controlled discontents”, (19/12/2018)

Acumen Public Affairs, “Lithuania: presidential election fever but European election apathy”, (15/04/2019)

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