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Spiegami le Europee: intervista a Marco Affronte dei Verdi

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Intervista di Sara Bianchi e Francesco Chiappini

Introduzione di Kevin Carboni

Continuiamo il nostro ciclo di interviste con il partito dei Verdi: una formazione ecologista ed europeista che, in Italia, non ha mai ricoperto una posizione politica di rilievo, in un Paese con il 6% del territorio nazionale composto di aree naturali protette e più di 7.000 chilometri di coste.

Per capirne gli obiettivi e la visione rispetto alle prossime elezioni europee abbiamo intervistato Marco Affronte, candidato con Europa Verde nella circoscrizione Nord-Est. Già europarlamentare eletto con il M5S nel 2014, ma fuoriuscito dalla formazione grillina nel 2017, è laureato in Scienze Naturali presso l’Università di Bologna e da sempre impegnato nel settore ambientale, sia nel proprio lavoro, sia socialmente.

Qual è la vostra strategia per affrontare queste elezioni?

Siamo partiti quasi due anni fa con l’idea di una forza ecologista, europeista e femminista per imporre certi temi all’agenda della politica italiana: l’urgenza di intervenire per contrastare il cambiamento climatico, la necessità di dare a tutti uguali diritti civili e servizi sociali adeguati e la certezza che l’Europa unita vada cambiata ma difesa. Non può essere accantonata per i problemi che ha, ma deve essere cambiata.

È, o meno, una vostra priorità puntare su un aumento della partecipazione al voto? Come pensate di mobilitare nuovi elettori che attualmente sono fuori dal turnout? Una delle novità delle ultime elezioni europee è lo Spitzenkandidat, quali sono i motivi dietro la scelta del vostro candidato?

Stiamo cercando di convincere le persone a votare con l’importanza dei temi di cui parliamo e mediante la chiarezza dei nostri valori. In Europa poi c’è una campagna pubblicitaria e di coinvolgimento capillare per mobilitare al voto, ma crediamo che sia imprescindibile partire dalle idee e da cosa vogliamo fare. Ne sono un esempio chiarissimo le proteste in strada contro il cambiamento climatico, che in Europa – dal Belgio alla Francia, dalla Germania a, finalmente, l’Italia – stanno muovendo spontaneamente decine di migliaia di persone. Ma anche il tema del rispetto della vita di tutti, bianchi o neri, sul quale non transigiamo e non deroghiamo come invece fa chi negli ultimi anni è stato al governo. La scelta dei nostri “Spitzie” è stata fatta attraverso una votazione pubblica e partecipata, scegliendo persone preparate che da anni lavorano con serietà in Europa. Bas e Ska saranno bravissimi, ma ricordiamoci che non c’è un’elezione diretta: si votano i singoli candidati nelle proprie circoscrizioni.

Cosa pensate della crisi migratoria che l’Unione e diversi Paesi da tempo fronteggiano? Cosa proponete come Verdi per risolvere il problema?

Il tema è estremamente complesso e non riassumibile in poche parole. Sicuramente partiamo dal fatto che la sospensione del sistema dei visti regolari – rilasciati nei Paesi di provenienza – debba essere ripristinato. Fino a qualche anno fa ancora venivano rilasciati. Il medico, l’ingegnere o lo studente che avessero voluto venire in Europa si sarebbero recati in un apposito ufficio, dove avrebbero verificato le carte, controllato la persona e rilasciato un visto per farlo venire comodamente qui in aereo, con tutti i documenti in regola per essere parte integrante ed integrata della nostra società. Poi il sistema si è interrotto, ed è stato l’inizio di un flusso incontrollato con tutto quello che sappiamo.

Sicuramente la soluzione non è MAI, ripeto MAI, lasciare morire le persone. Mai. Non in mare, ma neanche nei campi libici o nel deserto del Sahara. Dopo si può discutere di tutto, di riforma dell’accordo di Dublino o di accoglienza, ma le varie soluzioni “Minniti” o “Salvini” sono due varianti della stessa idea, e cioè che “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Noi crediamo che si debba partire dall’evitare la colonizzazione economica dell’Africa, dalla vendita di armi ai Paesi in conflitto, dall’aiuto a progetti di sviluppo, e anche dalla riqualificazione ambientale di alcune zone. Sapete che con poche centinaia di euro si può ridare vigore ad una porzione di territorio sovra-sfruttato o desertificato, riportandolo alla fertilità? Questo è il genere di investimento che dovremmo fare, e non solo per rallentare i flussi migratori, ma anche per salvaguardare il pianeta.

Come vi ponete riguardo il funzionamento dellUnione Economica e Monetaria? Quali riforme proponete in settori quali la governance delleurozona e le regole di bilancio? Che tipo di strategia adottare e su quali priorità dovrà basarsi il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale e i prossimi bilanci dellUe?

È chiarissimo che l’Europa dell’austerity non abbia funzionato. L’estrema rigidità dei conti, unita ad una congiuntura economica sfavorevole, ha condotto a politiche economiche che hanno solo ampliato la differenza fra ricchi e poveri. Purtroppo, siamo ancora li, al fatto che non siamo stati in grado di aumentare la qualità della vita dei cittadini. E i cittadini cosa fanno? Si astengono, o votano per i partiti che ritengono essere di rottura. Il fatto poi che non siano affatto di rottura, ma semplicemente partiti che hanno un atteggiamento schizofrenico fra le dichiarazioni rilasciate in Italia e atti concreti a Bruxelles e Strasburgo è un’altra questione.

È necessaria una discontinuità totale con quelle scelte. Le riforme da fare sono molte, a partire da un maggiore potere decisionale da dare al Parlamento europeo, l’unico organo eletto direttamente dai cittadini. E poi rendere il lavoro del Consiglio (dove siedono i ministri dei vari governi europei) più trasparente: spesso non si sa in base a cosa i nostri ministri votino in una maniera o nell’altra, a volte minando il lavoro di Commissione e Parlamento con una leggerezza sconvolgente.

Come vedono i Verdi il futuro dell’Unione? L’integrazione andrebbe accelerata all’unisono attraverso nuovi trattati o attraverso accordi intergovernativi? Credete che il futuro dell’Unione sia a più velocità o a 27?

Non siamo d’accordo con l’idea di un’Europa a due velocità, perché crediamo che si possa ancora andare avanti insieme, se con le giuste formule. I Trattati vanno rivisti, è indubbio, e il processo di riforma va fatto col massimo coinvolgimento democratico degli europei. Gli scatti dei leader a volte possono servire, ma qui parliamo della vita di 435 milioni di persone nell’Europa a 27… Dobbiamo farlo tutti insieme.

Negli ultimi mesi in Europa si sono moltiplicati i gruppi di mobilitazione ispirati alla protesta di Greta Thunberg per chiedere azioni concrete contro i cambiamenti climatici. Quali sono le vostre principali proposte che possano rispondere a questa richiesta? Quale tipo di politica pensate possa spingere lindustria in una direzione più sostenibile?

Come dicevo prima queste marce per il clima sono la novità più rilevante di movimentismo spontaneo degli ultimi anni. E le loro istanze sono, completamente, identificabili con le nostre. Io sono nel Gruppo dei Verdi al Parlamento europeo, e qui lavoriamo quotidianamente sul tentativo di contrastare il cambiamento climatico, su un’agricoltura che si allontani dall’agroindustria attuale per andare verso un sistema di coltivazione senza pesticidi, non intensivo, che rispetti il terreno. Lavoriamo da anni all’economia circolare, dove non esista nemmeno il concetto di rifiuto ma solo quello di “materia prima seconda”. Ci battiamo contro l’inquinamento, che uccide mezzo milione di persone all’anno solo in Europa: l’inquinamento delle industrie, delle auto, della plastica. E lo facciamo con la forza di un gruppo di donne e uomini veramente capaci ed esperti su questi temi.

Il fatto è che bisogna cambiare sistema economico: quello del capitalismo attuale prevede una crescita infinita in un mondo che è – invece – finito PER DEFINIZIONE. Le due cose non sono compatibili. Non possiamo consumare quello che non c’è e vivere a credito nei confronti del Pianeta Terra. Non sto parlando del credito bancario, sto dicendo che consumiamo più di quanto la Terra ci possa dare: a metà anno, ma ogni anno in anticipo, c’è l’overshoot day, il giorno in cui abbiamo già sprecato tutte le risorse che la Terra mette a disposizione per l’intero anno: viviamo 5 mesi a credito. Insostenibile, un sistema da cambiare.

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