La nostalgia dell’Unione Sovietica in una Russia stremata

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Nell’ultimo decennio, la popolazione russa è diventata sempre più nostalgica nei confronti dell’Unione Sovietica. L’immaginario sovietico è ritornato in auge nella cultura popolare, ma ha anche contagiato l’opinione politica dei cittadini. Sondaggi condotti fra il 2017 e il 2019 hanno mostrato che più del 60% dei russi oltre i 35 anni di età rimpiange l’URSS.

Inoltre, solo una ristretta minoranza della popolazione ritiene che Stalin abbia avuto un ruolo negativo per la Russia (non più del 20%), mentre la maggioranza pensa che sia stata una figura “principalmente positiva” per il Paese (oltre il 50%).

A ventotto anni dal crollo dell’URSS, perché la popolazione russa dovrebbe rimpiangere un regime totalitario tra i più repressivi mai esistiti? Tramite un breve viaggio negli ultimi vent’anni della Russia, questo articolo esplora la nascita di un sentimento che ha poco a che vedere con il passato sovietico della Federazione Russa, e molto invece con il suo presente.

Si stava meglio prima? La situazione economica fra oscillazioni e decrescita

Stando ai dati raccolti negli anni dal Levada Center – un importante centro di ricerca  russo indipendente – il rimpianto e la nostalgia dell’Unione Sovietica sono dei sentimenti in costante crescita dal 2010, eccetto per un leggero calo fra il 2014 e il 2015. Secondo i russi, quindi, si stava meglio prima? Per capirlo, osserviamo alcuni dati.

L’andamento del PIL pro capite della Russia è in calo costante dal 2000 in poi, a eccezione di un brusco sbalzo fra il 2008 e il 2009, dovuto alle violente oscillazioni del prezzo del petrolio. Questa ripresa improvvisa non è stata sufficiente a invertire la rotta dell’economia russa, ma anzi ha contribuito a ricordare quanto sia fragile un’economia basata esclusivamente sullo sfruttamento delle risorse naturali.

Anche nel 2015 – in seguito alla controversa annessione della Crimea – c’è stato un leggero aumento del PIL pro capite. Tuttavia, neanche questo è bastato a invertire le sorti di quella che ormai è un’economia in calo.

Un altro tratto distintivo dell’economia russa è che le risorse naturali sono controllate da gruppi ristretti di imprenditori, per la maggior parte vicini al Cremlino. Pertanto, questo tipo di gestione delle risorse rende ancora più difficile una distribuzione del reddito equa.

Il coefficiente di Gini – che misura la disuguaglianza nella distribuzione del reddito fra la popolazione – non indica un progressivo inasprimento di questa disuguaglianza, ma mostra come la Russia non sia stata in grado, durante il quasi ventennio di governo di Putin, di trovare una stabilità e di sanare il divario fra la popolazione. Le varie legislature hanno infatti visto l’alternarsi di sbalzi nella distribuzione del reddito, generalmente stabile intorno ai 4 punti su 10, che sono già considerabili come una disuguaglianza piuttosto marcata.

Questi due fattori confermano un fenomeno che potremmo definire “stagnazione di Putin”, creando una certa similitudine fra il presente della Russia e l’epoca di Brezhnev (1964-1982). In quel periodo, infatti, l’Unione Sovietica si ritrovò impantanata in un limbo di stagnazione economica e sociale, senza crescita né sviluppo.

L’economia russa è ufficialmente in calo dal 2008, ostaggio dei prezzi del petrolio e dello sfruttamento di risorse non rinnovabili, mentre l’inflazione ha raggiunto picchi molto elevati (fino al 13%). Ciò ha naturalmente scoraggiato gli investitori stranieri e costretto decine di aziende a chiudere le proprie sedi in Russia. Inoltre, lo stanziamento di fondi generosi per le spese militari a opera di Putin durante l’ultimo decennio ha contribuito all’ulteriore drenaggio delle risorse economiche statali.

 

Il calo economico e la popolazione

Come ha reagito la popolazione innanzi a questo progressivo calo economico e all’incombere della minaccia di una nuova stagnazione? Nei primi due mandati presidenziali di Vladimir Putin (2000-2008) e nei quattro anni di carica di Dmitrij Medvedev (2008-2012), la Russia ha cavalcato l’onda della stabilizzazione economica, tramite l’instaurazione del cosiddetto “capitalismo statale” da parte del Cremlino.

E’ stato posto un freno alla selvaggia liberalizzazione economica dell’epoca di El’cin, che aveva causato un forte divario socio-economico e dato vita alla nuova classe sociale degli oligarchi, creando profondo turbamento e malcontento nella popolazione. Putin era, al contrario, un volto fresco e deciso, in grado di riportare ordine nello Stato: da subito ottenne grande consenso – sebbene l’effettiva crescita economica della Russia non abbia visto straordinarie impennate dai primi anni del Duemila in poi.

Il panorama è cambiato (relativamente) nel 2012, quando è diventato chiaro che agli oligarchi si era sostituita la stessa amministrazione statale. Infatti, quest’ultima aveva concentrato su di sé la grande maggioranza di risorse e capitali ed era ormai profondamente corrotta.

Inoltre, Putin – ritornando in carica con il terzo mandato – ha mandato un messaggio inequivocabile riguardo alla sua egemonia. Turbato dalle insurrezioni contro il governo in Ucraina e in Kyrgyzstan degli anni precedenti e temendo moti simili in Russia, ha inasprito la repressione del dissenso tramite nuove leggi ad hoc, persecuzioni e incarcerazioni. In quel periodo, la consapevolezza del progressivo calo economico della nazione era già ben diffusa fra la popolazione. La popolarità del presidente, pur rimanendo molto alta, calò sensibilmente rispetto al decennio precedente.

In questo scenario, l’annessione della Crimea nel 2014 è stata una mossa strategica di grande pregio. Portando a termine questa dispendiosa operazione, Vladimir Putin è riuscito a riunire tutta la Russia intorno a un rinnovato orgoglio nazionalista, a creare un senso (infondato) di benessere e di relativa soddisfazione nella popolazione, e a rinnovare la sua immagine di leader indiscusso e indispensabile al futuro della nazione. Il coronamento di un’ideologia nazionalista e fortemente personalistica promulgata da Putin nei quindici anni precedenti.

Passata l’ondata di entusiasmo nazionalista che ha salvato il terzo e penultimo mandato di Putin, la popolazione ha ripreso coscienza delle difficili condizioni in cui da tempo versava il Paese. Un’economia sempre più stagnante, un budget sempre più ristretto, l’isolamento dalla scena internazionale e le sanzioni dell’Occidente, l’incombere delle superpotenze di Cina e India a rimarcare l’inferiorità economica e produttiva della Russia sulla scena mondiale.

In politica interna, il colpo di grazia inferto dal presidente alla popolazione sono stati i drastici tagli al sistema di previdenza sociale effettuati dal 2017, in particolare l’aumento dell’età pensionabile. Ciò ha causato una profonda insoddisfazione nella popolazione che ha poi contagiato altre sfere del dibattito politico interno (si vedano le recenti proteste ambientaliste ad Arkhangelsk e Ekaterinburg).

Come ha reagito la popolazione a questa ventennale radicalizzazione del sistema? Curiosamente, i dati dimostrano che anziché incanalare questa profonda insoddisfazione in spinte progressiste, liberali e in opposizione al regime, la popolazione russa si è nostalgicamente voltata indietro verso un passato idealizzato di gloria, coesione sociale e, soprattutto, stabilità. Anziché cercare la sicurezza perduta in un nuovo futuro, i russi, scoraggiati, guardano al passato.

 

Uno sguardo al passato nella difficoltà: come è stato possibile?

Perché, anziché guardare al futuro e invocare un cambiamento, la popolazione ritorna al passato dell’URSS? Innanzitutto, la natura autoritaria del regime di Putin è già un efficace deterrente per molti moti di protesta. La particolarità di questo caso, tuttavia, è che è stato Putin stesso a preparare il terreno per questa precisa reazione, consapevole delle condizioni in cui si sarebbe presto trovato il Paese.

Sin dal suo primo mandato, Putin ha proposto una visione positiva, acritica e idealizzata dell’Unione Sovietica, a partire dalla sua dichiarazione per cui “il crollo dell’URSS è stata la peggiore catastrofe politica che la Russia abbia mai sofferto”.

In linea con l’approccio del “perdonare e dimenticare” i crimini dell’URSS già implementato da El’cin, ben lontano dai tempi del rapporto Khrushchev, Putin non ha promosso alcuna rielaborazione critica del passato comune sovietico, lasciando ampio terreno all’idealizzazione e alla romanticizzazione di tempi ben più difficili di quanto la gente sembri ricordare.

Inoltre, Putin si è impegnato notevolmente a far rinascere e a coltivare sentimenti patriottici e nazionalisti nel Paese tramite l’enfasi nostalgica dei grandi trionfi della patria. Ad esempio, ha reintrodotto la festa nazionale per la ricorrenza del 9 maggio, il Giorno della Vittoria, in cui si celebra la vittoria sovietica sull’esercito tedesco e si onorano i veterani in un lungo corteo. In questa ricorrenza, la Russia mostra tutta la sua forza militare in un’impressionante parata per il centro di Mosca in cui sfila tutto l’arsenale bellico nazionale, compresi gli aerei dell’aeronatica. Nello stesso giorno, a San Pietroburgo, le flotte della marina militare sfilano nel Golfo di Finlandia.

Oltre alla linea ideologica dettata del Cremlino, l’epoca sovietica è tornata protagonista anche della cultura popolare. Secondo molti, si tratta di un modo per ricostruire un’identità popolare nazionale unita e coesa, appellandosi a un passato comune unico al mondo, in un periodo di profonda instabilità e incertezza.

Molti programmi televisivi ripropongono il ricordo nostalgico della vita quotidiana nell’URSS e l’estetica di molti artisti e designer contemporanei si rifà al periodo sovietico, rendendolo il perno di una ricerca della propria identità nazionale e popolare che dura da vent’anni e non accenna a terminare.

 

Conclusioni

In un periodo di profonda instabilità economica e precarietà sociale, di crescente ostilità e insoddisfazione nei confronti del governo, le autorità si mostrano sempre più repressive e sorde alle richieste della popolazione. Gran parte dei russi, in tutta risposta, abbraccia gli stimoli proposti dal Cremlino a voltarsi nostalgicamente verso un passato accuratamente rivisto e idealizzato.

Sebbene vi siano già diverse istanze in opposizione al regime di Putin molto variegate fra loro in termini ideologici, in questo clima politico decisamente autoritario gran parte della popolazione non trova spazio adeguato per impegnarsi in un’opposizione politica in senso liberale e progressista – posizioni in cui, peraltro, l’ampia maggioranza della popolazione russa non si ritrova.

Per questo motivo, una fetta sempre maggiore della popolazione cerca conforto nel rimpianto di tempi che, oggi, vengono ricordati come stabili e rassicuranti, e in cui viene incanalata l’insoddisfazione nei confronti del presente. Insomma: anziché guardare avanti, la Russia accoglie l’invito del governo, e si volta indietro.  Questo funge da catalizzatore, ben architettato, di possibili istanze progressiste, al fine di scongiurare qualsiasi minaccia a un’autorità che rimane quindi salda al suo posto.

 

Fonti e approfondimenti

Kalinina, Ekaterina, “Mediated Post-Soviet Nostalgia”, Sodertons Hogschola, 2014

Kalinina, Ekaterina e Menke, Manuel, “Negotiating the past in hyperconnected memory cultures: Post-Soviet nostalgia and national dentity in Russian online communities”, International Journal of Media & Cultural Politics, Volume 12, Number 1, 2016

Levada Center, ТОСКА ПО СССР, 22/02/2019

Levada Center, НОСТАЛЬГИЯ ПО СССР, 19/12/2018

Levada Center, ПОЧЕМУ ВСЕ БОЛЬШЕ РОССИЯН СКУЧАЮТ ПО СССР?, 21/12/2018

Levada Center, Dynamics of Stalin Perception, 19/04/2019

Levada Center, Putin’s Approval Rating

Reuters, Russian nostalgia for Soviet Union reaches 13-year high, 19/12/2018,

The Moscow Times, Nostalgia for the Soviet Union Hits 14-Year High in Russia, Poll Says, 19/12/2018

The National Interest, The Real Reason Russians Still Have Soviet Nostalgia, 25/12/2016,

The Guardian, Unhappy Russians nostalgic for Soviet-style rule – study, 14/12/2016

The Washington Post, Why do so many people miss the Soviet Union? , 21/12/2016

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