Site icon Lo Spiegone

Export del Cacao: l’accordo di Ghana e Costa d’Avorio

Immagine generata con supporto AI © Lo Spiegone CC BY-NC

Lo scorso 12 giugno Ghana e Costa d’Avorio hanno raggiunto un accordo commerciale con importanti attori dell’industria globale del cioccolato, per i quali sono fondamentali fornitori di cacao. L’idea di base è che i due Paesi blocchino tutte le esportazioni verso gli acquirenti che si rifiuteranno di pagare un prezzo minimo stabilito per la materia prima.

Importanti ufficiali dei due governi hanno incontrato più di 300 stakeholders dell’industria del cacao, compresi colossi come Mars e Mondelez, per discutere il prezzo da pagare per i raccolti del 2020 e 2021. L’accordo raggiunto prevede che gli acquirenti paghino un prezzo non inferiore ai 2.600$ per tonnellata di materia prima ai produttori di Ghana e Costa d’Avorio, contro un attuale prezzo medio globale di circa 2.430$.

La firma di questo accordo ha ricevuto il plauso di molti osservatori, che vedono nella mossa di Ghana e Costa d’Avorio il tentativo di spostare almeno in parte gli equilibri di potere che al momento sfavoriscono molto i produttori rispetto al resto della filiera di questa materia prima.

Oltre ad essere utile per cercare di prevedere effetti attesi e criticità di questo accordo, guardare al suo significato è l’occasione per osservare da più vicino un’industria globale con cui abbiamo a che fare molto spesso, ma che in generale non è conosciuta a fondo.

 

La filiera del cacao

L’industria globale del cioccolato è di gran lunga il maggiore acquirente di cacao e, secondo le stime, vale almeno 100 miliardi di dollari. La maggior parte della materia prima proviene dall’Africa Occidentale e proprio Ghana e Costa d’Avorio rappresentano da soli il 65% della produzione globale. Per questi due Paesi, la coltivazione del cacao è la maggiore attività economica in termini di export, tanto che in Costa d’Avorio rappresenta il 10% del PIL.

Altri produttori importanti sono l’Indonesia, i Paesi latinoamericani come Brasile, Colombia e Perù e altre aree dell”Africa Occidentale come Nigeria e Camerun. Le loro quote di mercato, però, non superano quelle di Ghana e Costa d’Avorio nemmeno sommate tra di loro, a rimarcare l’importanza dell’accordo appena firmato.

Questa enorme predominanza dei due Paesi nella produzione di cacao, però, non assicura ai loro produttori un reddito sufficiente, che qui come altrove vivono spesso nella povertà nonostante il valore della filiera di cui fanno parte. I ricavi degli agricoltori, infatti, raggiungono solo 6 miliardi di dollari, un dato che dimostra la posizione marginale in cui si collocano all’interno della filiera, nonostante ne permettano di fatto l’esistenza.

I governi dei due Paesi lamentano come, al momento, il funzionamento stesso dell’industria e il meccanismo che decide i prezzi della materia prima scarichino sui piccoli produttori il rischio che deriva dalle fluttuazioni del mercato. Assicurare un prezzo minimo per il cacao servirebbe quindi a tutelare questi attori più deboli, oltre che a garantire loro una fetta più equa dei ricavi di una industria titanica di cui rappresentano un pilastro insostituibile.

 

Perché proprio ora

Uno dei motivi per cui Ghana e Costa d’Avorio hanno spinto molto per questo accordo è il forte calo di prezzo che il cacao ha subito negli ultimi anni sul mercato globale, soprattutto per via di un aumento della produzione. Durante questo periodo incerto, i due Paesi hanno tentato singolarmente di implementare misure di supporto all’industria del cacao, creando però problemi inattesi.

Uno di questi è stato l’insorgere del contrabbando di cacao proprio tra Ghana e Costa d’Avorio. Le discrepanze nelle normative dei due Paesi hanno infatti spinto dei cartelli criminali a spostare illegalmente grandi quantità di materia prima, per sfruttare in maniera illecita i programmi di incentivo e i sussidi messi in campo a favore dei produttori.

Giungere insieme a una politica identica e condivisa e alla proposta di un prezzo minimo per tonnellata di cacao è servito, quindi, anche a ridurre questo fenomeno.

Alcuni osservatori vedono poi nelle azioni dei governi di Ghana e Costa d’Avorio un tentativo di creare consenso politico, prima ancora che una vera azione di protezione dei produttori di cacao. Sia Nana Akufo-Addo che Alessane Ouattara, i presidenti dei due Paesi, andranno alle urne nei prossimi 2 anni, e tamponare il malcontento dato dal crollo del prezzo del cacao serve loro a non perdere terreno rispetto agli oppositori.

Di questa opinione sono soprattutto le associazioni di agricoltori africani, che fanno notare come l’accordo stesso non impatti davvero nella vita dei contadini, ma favorisca solo gli enti governativi che controllano le esportazioni. In quasi tutto il mondo il cacao è infatti acquistato direttamente da agenzie pubbliche che poi lo vendono ai trasformatori in maniera centralizzata.

Senza una norma che aumenti anche il prezzo pagato da tali soggetti intermedi ai contadini, questi non ricaveranno vantaggi dal nuovo prezzo minimo, che rimarrà una misura a favore di pochi soggetti e una mossa propagandistica per le masse.

 

I dubbi della comunità internazionale

Alcuni detrattori di questo accordo non hanno tardato a far notare come, secondo loro, sarebbero altre le attività in grado di proteggere al meglio i produttori africani di cacao, ricordando alcune misure proposte da tempo dalle agenzie di cooperazione e sviluppo.

Molti fanno notare come, ad esempio, la dotazione dei produttori di migliori tecnologie per la conservazione delle riserve di cacao sarebbe cruciale e li aiuterebbe a far fronte agli sbalzi nel prezzo della materia prima. Conservare l’invenduto nel torrido clima dell’Africa Occidentale è difficile e senza riserve la sopravvivenza degli agricoltori è a rischio ad ogni raccolto andato male.

Altri sostengono che i Paesi africani dovrebbero supportare i loro produttori affinché possano lavorare almeno parzialmente i loro prodotti, ad esempio creando delle strutture per la polverizzazione del cacao, che oggi avviene prevalentemente in Olanda. Vendendo un prodotto industriale semilavorato, i produttori avrebbero una posizione meno precaria sul mercato internazionale rispetto a quella di semplici produttori di materia prima grezza.

Vi è poi una preoccupazione espressa da diversi economisti, secondo cui tentativi di regolamento dei prezzi di questo tipo solitamente hanno effetti a lungo termine sfavorevoli. In particolare, fanno notare che nella storia il risultato sia stato spesso un enorme aumento dell’offerta di materia prima rispetto alla domanda effettiva, risultata in grandi quantità di prodotto invenduto che quindi crea una forte pressione sulle stesse politiche di controllo dei prezzi.

Ad applicare una pressione ancora maggiore sui produttori coinvolti nell’accordo è anche il fatto che, secondo un rapporto dell’Economist Intelligence Unit (EIU), il prezzo globale del cacao potrebbe calare di un ulteriore 5% entro il prossimo anno, scendendo fino a 2.180$ per tonnellata.

L’accordo rischia quindi di favorire i competitori di Ghana e Costa d’Avorio nel mercato globale del cacao. Questi potrebbero offrire il loro prodotto a prezzi inferiori, rubando ai due top player importanti fette di mercato, aumentando la loro produzione e diventando quindi estremamente più competitivi.

 

Cosa aspettarsi

La verità è quindi che forse Ghana e Costa d’Avorio, proprio per la loro posizione subalterna nella filiera del cacao, non possiedono abbastanza potere negoziale per sostenere un accordo di questo tipo nella maniera in cui lo hanno presentato.

Per stabilire quali saranno i reali effetti dell’accordo, sono fondamentali le reazioni dei Paesi esportatori di cacao concorrenti, come Brasile e Indonesia, oltre che quelle dei compratori più rilevanti. Se altri Paesi implementeranno misure del genere, il prezzo della materia prima potrebbe invertire il trend calante del prezzo; se invece tenteranno politiche aggressive di incentivi alla produzione, potrebbero ridurlo ulteriormente e crescere di rilevanza come produttori.

Gli stessi Ghana e Costa d’Avorio dovranno continuare a lavorare per far sì che la misura non si traduca in un calo degli introiti generalizzato o in una crisi della produzione, risultati che vanificherebbero l’intera misura e li obbligherebbero a dover ricominciare a supportare gli agricoltori con sussidi e sgravi. Resta poi il dubbio sul ruolo delle agenzie intermedie, che se non saranno riformate si approprieranno di tutto il potenziale economico del nuovo prezzo di 2.600$ a tonnellata.

Nei prossimi due anni capiremo quindi se questo accordo sarà davvero in grado di migliorare le condizioni dei produttori diretti africani e, soprattutto, chi pagherà per questo miglioramento. La possibilità è che questa misura si traduca in un aumento del prezzo al dettaglio del cioccolato o in un calo dei profitti per i trasformatori e gli esportatori, ma se l’industria dolciaria si dimostrerà capace di adottare delle contromisure non cambierà nulla o quasi. In questo caso, ci troveremo di fronte all’ennesimo accordo che, nonostante le intenzioni, non ha avuto un impatto significativo sul tenore di vita dei piccoli produttori di cacao, che ancora oggi faticano ovunque a mantenersi oltre la soglia di povertà.

 

 

Fonti e Approfondimenti

AfricaNews – Cocoa industry stakeholders accept price dictated by Ghana, Ivory Coast. 13 giugno 2019

Oliver Nieburg – What do farmers and the ICCO think of Ghana and Côte d’Ivoire’s minimum cocoa price? Confectionary News, sustainable food and drink podcast 19 giugno 2019

David WhitehouseGhana, Côte d’Ivoire may struggle to make new cocoa price floor stick. The Africa Report, 19 giugno 2019

RFI Ghana, Côte d’Ivoire cocoa farmers hold out for higher price. 13 giugno 2019

African Leadershi MagazineCôte d’Ivoire, Ghana Cocoa Farmers Demand Higher Price For Comodity. 13 giugno 2019

Exit mobile version