Il Corno spezzato d’Africa: gerarchia e finanziamenti di Al-Shabāb

Al-Shabāb e aiuti umanitari
Credits: AMISOM Public Information Services / RAMADAN MOHAMED License: CC0 1.0 Universal (CC0 1.0) Public Domain Dedication

Un triplice attacco in Somalia e in Kenia è stato rivendicato sabato 15 giugno da Al-Shabāb, organizzazione terroristica di matrice islamista sviluppatasi rapidamente durante i decenni di anarchia in Somalia dopo la caduta del regime militare di Mohammed Barre nel 1991 e che imperversa nel Corno d’Africa ormai da quindici anni.

Le milizie islamiste tornano così a infiammare le pagine della stampa mondiale, dimostrando di poter arrivare senza troppe difficoltà in punti strategici della capitale somala e di intimorire il vicino Kenia.

Nell’articolo precedente abbiamo parlato delle origini e della dottrina del gruppo e del rapporto con la comunità locale. In questo secondo articolo de “Il Corno spezzato d’Africa”, ci concentreremo invece sulla gerarchia e il sistema di finanziamento di Al-Shabāb.

Chi comanda Al-Shabāb?

La struttura gerarchica del gruppo prevede un emiro (“principe” o “comandante”) al vertice, ruolo attualmente ricoperto da Ahmed Omar Abu Ubaidah (vero nome Ahmed Diriye). Immediatamente al di sotto dell’emiro, troviamo una serie di comandanti che gestiscono le operazioni a livello regionale. Abu Ubaidah ha ideato e istituito un Consiglio della Shura composto da dieci membri per stabilire la policy da seguire e indirizzare le attività dei comandanti regionali.

Il Consiglio della Shura riceve ulteriore supporto da parte di alcuni ufficiali responsabili della sezione mediatica denominata Al-Kataib (“La Brigata”). I responsabili di questa divisione creano video di reclutamento e di propaganda da diffondere sui social media e sui blog per raggiungere simpatizzanti internazionali.

Manovrati sempre dal Consiglio della Shura, troviamo i comandanti che dirigono le operazioni militari attraverso due branche: La Jaysh Al-‘Usra (“Armata della Sofferenza”), l’apparato militare esterno più grande, e la Jaysh Al-Hisbah (“Armata della Morale”), la polizia religiosa che costringe al rispetto della Shari’a nelle aree controllate.

Abu Ubaidah è diventato il capo di Al-Shabāb nel settembre del 2014, dopo che l’emiro precedente, Ahmed Godane, ha perso la vita in un attacco condotto via droni dagli americani. Godane è stato l’esponente che ha permesso al gruppo di emergere nel Corno. Si deve a lui l’alleanza con Al-Qaeda, dopo aver giurato fedeltà al gruppo terroristico nel 2012.

Ciò ha comportato uno spostamento di combattenti di Al-Qaeda dall’Afghanistan alla Somalia, per addestrare localmente le milizie di Al-Shabāb. Godane ha così aperto il gruppo a nuove tecniche di guerriglia, tristemente dimostrate negli attacchi bomba suicida in Somalia e nella strage avvenuta nel centro commerciale Westgate di Nairobi, in Kenia, nel settembre 2013.

Una testa da 6 milioni di dollari

Abu Ubaidah si è unito all’organizzazione intorno al 2006, arrivando a ricoprire il ruolo di vice di Ahmed Godane nel 2013. Il raggiungimento di tale posizione è dovuto al servizio prestato come membro dell’Amniyat (“Sicurezza”), l’organo di polizia interna e di intelligence del gruppo, lo stesso che ha messo in atto una purga all’interno dell’organizzazione uccidendo più di 200 dissidenti perché contrari all’affiliazione con Al-Qaeda.

Scelto come nuovo successore, Abu Ubaidah rappresenterebbe la continuità della linea conservatrice e oppressiva del precedente emiro. Oggi sulla sua testa pende ancora una taglia di 6 milioni di dollari emessa dal Reward for Justice Program (RJP) degli Stati Uniti.

Fonti di finanziamento: i posti di blocco e le tasse

Nel 2018, un reportage della CNN ha rivelato che Al-Shabāb guadagna decine di milioni di dollari ogni anno soltanto sfruttando il denaro che i Paesi occidentali inviano alla Somalia per debellare l’organizzazione terroristica stessa.

A confermarlo è un ex-membro di Al-Shabāb responsabile della riscossione delle tasse catturato dai Servizi d’Intelligence somali, il quale, durante un’intervista condotta da un’emittente statunitense, spiega che ogni giorno il gruppo riesce a sottrarre migliaia di dollari dagli aiuti internazionali.

Ciò avviene grazie alle estorsioni ai posti di blocco lungo le strade del Sud della Somalia e alle tasse imposte ai mercanti che provano a trasportare e vendere cibo e altri beni alle persone internamente dislocate. La strada più redditizia per i terroristi è costituita dall’arteria che collega la capitale Mogadiscio alla città di Baidoa, nella regione rurale del Basso Scebeli – un percorso di vitale importanza finito nelle mani del gruppo terroristico.

Sul modello d’estorsione dei signori della guerra

L’estorsione non è una tecnica di guadagno facile sconosciuta nel Paese: agli inizi degli anni ’90 i signori della guerra, emersi dopo la caduta del regime, hanno lasciato morire di fame centinaia di migliaia di somali. In questo modo, hanno attirato l’attenzione delle organizzazioni internazionali umanitarie di tutto il mondo verso il Corno d’Africa.

Lungo la strada per Baidoa si contavano intorno alle cento morti al giorno per fame. Davanti a un disastro umanitario di tale portata, le organizzazioni umanitarie pagarono direttamente i signori della guerra per permettere l’accesso agli aiuti e ai beni di prima necessità all’interno dei campi dei rifugiati.

L’ostruzionismo nei confronti delle ONG ha bloccato il libero accesso a viveri e medicine, ma ha permesso ai signori della guerra di accrescere il proprio potere di negoziazione. Le ONG hanno dovuto pagare per poter erogare i propri servizi e per assicurarsi un’adeguata protezione. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, ad esempio, era solito spendere 100.000 dollari a settimana per poter operare sotto la protezione di guardie armate a Mogadiscio.

I soldi dell’ONU finiscono anche nelle tasche del gruppo

Oggi cambiano i soggetti, ma le modalità rimangono identiche. L’ONU dichiara che ci sono società e organizzazioni umanitarie che pagherebbero il gruppo affiliato ad Al-Qaeda una media di 50.000 dollari al mese, in cambio dell’incolumità dei propri dipendenti, operatori e infrastrutture.

Il campo profughi attorno la città di Baidoa, che conta 270.000 persone di cui due terzi bambini – rappresenta una rendita sicura per Al-Shabāb. Le Nazioni Unite hanno fornito delle carte prepagate a ogni individuo nel campo, su cui vengono caricati 80-90 dollari al mese per comprare beni di prima necessità dai mercanti locali. È un modo per monitorare e assicurarsi che tutti ricevano la somma mensile prestabilita.

Così facendo, si dovrebbe evitare di esporre i convogli carichi di viveri ad attacchi e furti lungo il tragitto e di affidare a intermediari locali la gestione del flusso di aiuti finanziari. Ciononostante, Al-Shabāb riesce comunque a generare un profitto di circa 5.000 dollari al giorno tassando le attività che commerciano nella zona.

Sacchi di carbone per sacchi di zucchero

Spingendosi ancora più a sud, nella regione Basso Giuba, confinante con il Kenia, Al-Shabāb ha preso parte nell’esportazione illegale di carbone. Per la precisione, l’organizzazione controlla la strada che collega le zone d’estrazione in Basso Giuba al porto della città di Kismayo attraverso una serie di checkpoint.

Malgrado la città costiera sia stata liberata dalle forze dell’AMISOM nell’ottobre 2012, il traffico illecito di carbone risulta incontenibile. Tra il 2011 e il 2017, 8 milioni di alberi di acacia sono stati abbattuti per produrre 16 milioni di sacchi di carbone. Al-Shabāb vi applica una sovrattassa di 2,5 dollari a sacco che su 4 milioni di sacchi all’anno fanno 10 milioni di dollari.

Il giro d’affari non termina con l’esportazione illegale di carbone. Al-Shabāb è a conoscenza dell’esistenza di una rete di trafficanti al soldo di 70 imprenditori intermediari del business del carbone e dello zucchero, tra la città portuale somala di Kismayu e Garissa e Nairobi (Kenia).

I trafficanti hanno a disposizione una flotta di camion che compie un viaggio di andata carico di cibo dalle città keniote a Kismayu e un viaggio di ritorno carico di zucchero di contrabbando importato dal Brasile. I sacchi di zucchero passano i checkpoint delle Forze di Difesa del Kenia (KDF) senza controlli grazie a taciti accordi con la rete di imprenditori, sono certificati come zucchero locale e rivenduti sul mercato keniota.

Al-Shabāb si è quindi inserito anche in una fitta rete tessuta da imprenditori, forze armate e presunti politici kenioti. L’attività lucrativa delle tasse imposte lungo questa filiera illegale frutta loro tra i 38 e i 56 milioni di dollari all’anno.

La lotta ad Al-Shabāb: puntare ai ricavi lungo le strade

Se consideriamo l’altra faccia della medaglia, Mogadiscio non sta vincendo sul gruppo islamista sul piano militare. Perciò, un’azione mirata all’indebolimento di Al-Shabāb consisterebbe nel tagliare quanto più possibile le sue forme di finanziamento. Un maggiore presidio – sebbene delicato – sarebbe richiesto da parte delle forze armate somale lungo la strada di Baidoa, affinché il numero di estorsioni diminuisca.

Riguardo la tratta verso il Kenia, è imperativo attaccare direttamente il business dei baroni del carbone e dello zucchero per chiudere qualche rubinetto all’organizzazione terroristica. Una soluzione potrebbe essere inserire tali businessmen all’interno della lista delle imprese e degli individui i cui conti andrebbero congelati, con le accuse di contrabbando internazionale, truffa e supporto al terrorismo. 

 

Fonti e approfondimenti:

Islamists claim double attack in Somali capital Mogadishu“, France24, 16/06/0219;

Feisal O. & Abdi S., “Somalia’s al Shabaab name new leader after U.S. strike, warn of revenge“, Reuters, 7/09/2014;

US Department of State – Rewards for Justice. Last update 29/06/2019. Abu Ubaidah (Direye) Up to $6 Million Reward;

UNHR Office of the High Commissioner – UNSOM. 2017. Protection of Civilians: Building the Foundation for Peace, Security and Human Rights in Somalia;

Felter, Claire. Masters, Jonathan & Sergie, Mohammed Aly, Al-Shabab“, Council on Foreign Relations, 31/01/2019;

Counter Extremism Project, 2019. Ahmed Umar Abu Ubaidah;

Al-Shabaab-linked sugar smugglers still in business after attack“, Daily Nation, 24/04/2015;

Kiley S., “Funding al-Shabaab: How aid money ends up in terror group’s hands“, CNN, 12/02/2018;

UN Press. Security Council, 8537th Meeting. 31/05/2019;

UN Security Council. 2018. Report of the Monitoring Group on Somalia and Eritrea.

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